rotate-mobile
Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Taurisano

Giallo di Taurisano: "Non è certo che l'eroina uccise Attanasio"

Depositate le motivazioni sull'annullamento dell'ergastolo. Per la Cassazione non è possibile stabilire se la somministrazione di droga da parte di Lucia Bartolomeo, seppur accertata, abbia realmente causato la morte del marito

 

ROMA – Non è possibile stabilire se la somministrazione di eroina da parte di Lucia Bartolomeo, seppur già accertata, abbia realmente causato la morte del marito Ettore Attanasio, 36enne, avvenuta a Taurisano la notte tra il 29 e 30 maggio del 2006. Sono queste le motivazioni con cui la Corte di Cassazione ha annullato, lo scorso 15 novembre, la condanna alla pena dell'ergastolo emessa, il 12 maggio del 2010, dai giudici della Corte d'assise d'appello di Lecce nei confronti della donna.

La Suprema corte ha inoltre stabilito che sia celebrato un nuovo processo d'appello, presso la sezione distaccata di Taranto, “previa rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale mediante confronto tra i periti e i consulenti, anche mediante nuova perizia”. Secondo i giudici, dunque, è accertata “l’assunzione da parte della vittima di eroina pura non inferiore a 70 milligrammi”. Quello che non è possibile stabilire, in base alle risultanze processuali, è che la droga abbia realmente causato la morte di Attanasio. Nel nuovo processo bisognerà dunque escludere, oltre ogni ragionevole dubbio, la cosiddetta “ipotesi antagonista” e cioè che il decesso possa in qualche modo essere legato a cause naturali viste le precarie condizioni di salute (comunque da accertare) della vittima.

Si tratta, comunque, di una vera e propria svolta a livello processuale che premia, seppur in parte, la linea difensiva dei legali dei Lucia Bartolomeo, gli avvocati Pasquale Corleto e Silvio Caroli. La stessa imputata, del resto, aveva più volte auspicato (anche dopo la lettura della sentenza d'appello) che un nuovo processo fosse celebrato in un'altra sede. I giudici della Cassazione hanno confermato la sentenza di appello in merito alla mancata concessione delle attenuanti generiche, vista “l’intensità del dolo”, le “modalità subdole” e “l’irrisoria causale”.

L'accusa nei confronti della donna è di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dall'aver agito col mezzo di sostanze venefiche e nei confronti del coniuge. Secondo l'ipotesi accusatoria sarebbe stata l'ex infermiera a iniettare volontariamente una dose letale di eroina al marito. Una tesi che sarebbe supportata dalle perizie depositate dai consulenti nominati dai giudici e da alcuni sms che la donna avrebbe inviato al cellulare dell'amante (al quale più volte aveva raccontato, mentendo, che il consorte era malato di cancro).

In quei messaggi la 34enne avrebbe dato per imminente la morte del marito, affermando che si trattava di "una questione di ore" poiché era in stato di coma e veniva alimentato con delle flebo. Secondo l'accusa il movente dell'omicidio è legato proprio alla relazione extraconiugale che la donna aveva intrapreso, e la conseguente paura che una separazione la privasse dell'affidamento della figlia.

La difesa della Bartolomeo aveva presentato ricorso dopo la decisione della Corte d'assise d'appello di Lecce, che aveva confermato la pena dell'ergastolo, già emessa in prima grado. I giudici avevano negato all'imputata le attenuanti, in contrasto sia con le aggravanti sia con l'atteggiamento della Bartolomeo, ritenuto assai poco collaborativo. I legali avevano definito il processo a carico della loro assistita come indiziario e privo di un valido movente. La sola relazione extraconiugale intrapresa dalla 34enne, o il timore di un'eventuale separazione, non appaiono come argomentazioni valide a sostenere il movente di un omicidio.

L'avvocato Corleto-2"Laida ma non assassina", aveva definito la sua assistita l'avvocato Pasquale Corleto, decano dei penalisti salentini, sottolineando come fosse assolutamente necessario scindere la morale dalle accuse nell'ambito del processo. La difesa ha sempre sostenuto come la tesi accusatoria, inoltre, non sarebbe stata supportata da riscontri e prove scientifiche inconfutabili. Nessuna perizia, infatti, sarebbe stata eseguita sulla flebo (mai trovata) che l'imputata avrebbe utilizzato per somministrare la dose letale di eroina. Sostanza che, scrivono i legali nelle motivazioni d'appello, Attanasio potrebbe aver assunto da solo. I riscontri tossicologici eseguiti sul cadavere a distanza di settimane, inoltre, non avrebbero chiarito la quantità di eroina presente nel corpo dell'uomo. A carico della Bartolomeo, dunque, vi sarebbero prove non sufficienti, per i due legali, a provare la colpevolezza della loro assistita al di là di ogni ragionevole dubbio. La parola passa ora ai giudici della Corte d’assise d’appello di Taranto.

 

 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Giallo di Taurisano: "Non è certo che l'eroina uccise Attanasio"

LeccePrima è in caricamento