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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Omicidio Ingrosso: 20 anni in abbreviato alla moglie del fabbro ucciso a martellate

Vent'anni di reclusione. E' questa la condanna inflitta, al termine del giudizio con rito abbreviato, a Maria Grazia Greco, la donna accusata dell'omicidio del marito Antonio Ingrosso, il fabbro ucciso il 7 gennaio del 2011

 

LECCE – Vent'anni di reclusione. E’ questa la condanna inflitta, al termine del giudizio con rito abbreviato, a Maria Grazia Greco, la donna di 47 anni originaria di Surbo, accusata dell’omicidio del marito Antonio Ingrosso, il fabbro 45enne di Torchiarolo ucciso il 7 gennaio del 2011. La sentenza è stata emessa dal gup del Tribunale di Brindisi. Assolta, invece, la figlia della donna, Sabrina Ingrosso, 26 anni, accusata di occultamento di cadavere e per cui il pubblico ministero Milto De Nozza aveva chiesto una condanna a un anno di reclusione. Nel processo è imputato anche il padre della Greco, Ruggero, 82 anni, anch'egli accusato di occultamento di cadavere, che ha scelto di patteggiare la pena.

Alla base del delitto vi sarebbe stata una tragica quanto banale lite familiare. Maria Grazia Greco, rea confessa, avrebbe ucciso il marito dopo una lite scoppiata per futili motivi. L’omicidio è avvenuto il 7 gennaio nella loro abitazione, in via Jacopo Ruffini a Torchiarolo. La donna avrebbe impugnato un martello e colpito per ben quattro volte al capo il marito, sfondandogli letteralmente il cranio. Una volta consumatasi la tragedia, la donna avrebbe cercato di cancellare ogni traccia dell’omicidio chiedendo l’aiuto del padre, Ruggero Greco, di 82 anni. I due avrebbero caricato il corpo nell’auto e lo avrebbero trasportato nella casa al mare di Casalabate, poco distante dal luogo del ritrovamento. Lì avrebbero cercato di distruggere e occultare il cadavere, prima cercando di smembrarlo con una sega e poi dandogli fuoco. Un tentativo comunque vano, che non avrebbe sortito alcun effetto se non quello di provocare evidenti ustioni sul corpo, che sarebbe poi stato trasportato e scaricato, semicarbonizzato, in via Pesce Luna, una strada alla periferia della marina a nord di Lecce. Lì il cadavere fu rinvenuto due giorni dopo l’omicidio. Dopo due giorni di indagini serrate e approfondite, i carabinieri del comando provinciale di Lecce, guidati dal colonnello Maurizio Ferla, fermarono, con l’accusa di omicidio volontario e concorso in vilipendio e occultamento di cadavere, la moglie della vittima, che poco dopo confessò l’assassinio del marito.

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