rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Omicidio Renda, tra un mese la sentenza. La mamma: "Chiediamo giustizia"

Alle battuti finali il processo per l'omicidio di Simone Renda, il 34enne deceduto mentre si trovava in vacanza in Messico

LECCE – Volge alle battuti finali un processo destinato entrare nella storia, quello per l’omicidio di Simone Renda, il bancario leccese di 34 anni deceduto il 3 marzo del 2007, mentre si trovava in vacanza in Messico. E’ prevista per il 15 dicembre, infatti, la sentenza di primo grado dei giudici della Corte d’Assise di Lecce. Oggi, hanno concluso le loro arringhe gli avvocati del collegio difensivo e i colleghi di parte civile Giuseppe Corleto e Fabio Valenti. Nella prossima udienza la parola spetterà all’avvocato Pasquale Corleto, legale della famiglia, poi, dopo le eventuali repliche, i giudici si chiuderanno in camera di consiglio per emettere il loro verdetto. “Questa sentenza – ha commentato Cecilia Greco, la mamma di Simone – non potrà comunque cancellare il dolore ma potrebbe darci giustizia”.

Nella scorsa udienza il pubblico ministero Angelo Rotondano ha chiesto la condanna, con pene tra i 24 e i 21 anni di reclusione, per gli otto cittadini messicani accusati di concorso in omicidio volontario. Si tratta del giudice qualificatore Hermilla Valero Gonzalez; Cruz Gomez (responsabile dell’ufficio ricezione del carcere); Enrique Sánchez Nájera (guardia carceraria); Pedro May Balam, vicedirettore del carcere; Francisco Javier Frias e Jose Alfredo Gomez, agenti della polizia turistica del municipio di Playa del Carmen; Arceno Parra Cano, vicedirettore del carcere; e Luis Alberto Landeros, guardia carceraria. Le ipotesi di reato nei loro confronti sono di omicidio e violazione dell’articolo 1 della Convenzione Onu contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

E’ un processo complesso sotto il profilo giuridico e dei trattati. Nel 2010 la Corte messicana ha condannato a 3 anni di reclusione, per i reati di omicidio colposo e abuso di potere, Hermila Valero Gonzalez (una pena commutata in una multa di 9mila pesos). Cruz Gomez (responsabile dell’ufficio ricezione del carcere) e Enrique Sánchez Nájera (guardia carceraria), sono stati condannati a 2 anni e 10 mesi (commutabili in 8mila pesos di multa). Prosciolto, invece, Pedro May Balam, vicedirettore del carcere.

Per questo avevano sollevato il principio del “ne bis in idem”, che ha trovato la precisa e puntuale opposizione dei legali di parte civile, gli avvocati Pasquale e Giuseppe Corleto, e Fabio Valenti, che hanno confutato in una dettagliata e articolata memoria depositata qualche giorno addietro presso la cancelleria della Corte d’Assise di Lecce. L’avvocato Corleto, decano dei penalisti salentini, aveva evidenziato che per quattro degli imputati il principio non può essere sollevato, poiché non son mai stati giudicati, mentre per gli altri quattro “non ha motivo di esistere in mancanza di una specifica convenzione bilaterale o multilaterale che regoli la materia tra i due Stati”. Tesi accolte dai giudici che, con l’acquisizione delle fonti di prova hanno poi dato inizio la processo.

Simone Renda fu arrestato due giorni prima del decesso dalla polizia turistica con l’accusa di ubriachezza molesta e disturbo della quiete pubblica, e rinchiuso in una cella di sicurezza. Al momento dell’arresto il medico in servizio presso il carcere municipale gli aveva diagnosticato un grave stato clinico dovuto a ipertensione e un sospetto principio d’infarto, prescrivendo immediati accertamenti clinici in una struttura ospedaliera. Inspiegabilmente, però, le richieste del medico non furono ascoltate e il turista salentino fu trattenuto in stato di fermo senza ricevere assistenza sanitaria, abbandonato a se stesso.

Senz'acqua e senza cibo per 42 ore, morì completamente disidratato. Sono ormai trascorsi oltre nove anni da quella tragica morte, ma il tempo non ha lenito un dolore troppo da grande da raccontare per chi, come la mamma di Simone, Cecilia Greco (presente anche oggi in aula), in questi lunghissimi giorni non ha mai smesso di lottare e di chiedere giustizia. La donna, assistita dagli avvocati Pasquale e Giuseppe Corleto, si è costituita parte civile.

Per l’accusa fu un omicidio volontario, commesso “sottoponendo Renda a trattamenti crudeli, inumani e degradanti al fine di punirlo per una presunta infrazione amministrativa durante la sua detenzione nel carcere municipale di Playa del Carmen”.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Omicidio Renda, tra un mese la sentenza. La mamma: "Chiediamo giustizia"

LeccePrima è in caricamento