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Cronaca Gallipoli

Operazione "Baia Verde", primi verdetti: cinque a giudizio. Abbreviato per Padovano

Una richiesta di patteggiamento, cinque rinvii a giudizio e quattordici richieste di rito abbreviato. E' questo l'esito dell'udienza preliminare, celebrata dinanzi al gup Stefano Sernia, relativa alla cosiddetta operazione "Baia Verde", condotta dai carabinieri del Ros di Lecce

LECCE – Una richiesta di patteggiamento, cinque rinvii a giudizio e quattordici richieste di rito abbreviato. E’ questo l’esito dell’udienza preliminare, celebrata dinanzi al gup Stefano Sernia, relativa alla cosiddetta operazione “Baia Verde”, condotta a luglio scorso dai carabinieri del Ros di Lecce, al comando del colonnello Paolo Vincenzoni, con l'ausilio dei colleghi del comando provinciale e della compagnia di Gallipoli (guidata dal capitano Michele Maselli), che ha svelato e sgominato le presunte infiltrazioni del clan Padovano nelle attività del settore turistico, soprattutto attraverso il monopolio delle agenzie di security nelle discoteche e nei lidi balneari.

In particolare ha chiesto di patteggiare Eugenio Corchia, mentre a giudizio sono finiti Amerigo Liaci, 33 anni, di Gallipoli; Giovanni Rizzo, 46 anni, nato a Zurigo e residente a Taviano; Luca Tomasi, 41enne nato a Lucca e residente a Carpignano Salentino; Sergio Palazzo, 34 anni di Lecce; e Luigi Leo. Tra le richieste di rito abbreviato spiccano i nomi di Angelo Padovano (figlio di Salvatore, l'ex boss assassinato a Gallipoli su ordine del fratello Rosario già condannato all'ergastolo). Padovano, assistito dall’avvocato Francesco Cazzato, è ritenuto dagli inquirenti il promotore della presunta organizzazione. Abbreviato anche per Gabriele Cardellini, 30enne di Gallipoli, assistito dall’avvocato Giampiero Tramacere.

Gli abbreviati saranno discussi tra fine settembre e metà novembre, mentre il rito ordinario si aprirà il prossimo 5 ottobre. Nel collegio difensivo anche gli avvocati Antonio Savoia, Luigi e Alberto Corvaglia, Francesco Fasano, Biagio Palamà e Luigi Suez.

Furono quindici le ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip Giovanni Gallo su richiesta della Dda di Lecce (l'inchiesta è stata coordinata dal procuratore aggiunto Antonio De Donno) ad altrettanti presunti appartenenti al clan Padovano (nome storico della Scu) e ad altri gruppi mafiosi della frangia salentina. Le indagini partirono da una rapina dalle modalità tanto cruente quanto anomale, quella messa a segno alla discoteca Praja di Gallipoli. Una rapina organizzata e commissionata per screditare e indebolire un'agenzia investigativa napoletana con un referente gallipolino, cui era affidata l'attività di security.

Un avvertimento cui sarebbero seguiti altri ben più concreti, come i colpi di pistola esplosi verso l'abitazione dei genitori del responsabile dell'agenzia. Messaggi intimidatori recepiti in maniera chiara dagli operatori economici della zona, che non hanno più rinnovato l'incarico all'agenzia. In un primo momento i clan, attraverso la figura di Roberto Parlangeli, cognato di Padovano e considerato dagli inquirenti elemento di spicco del clan Tornese. In quest'ottica di assoggettamento in clima di omertà, le organizzazioni criminali avrebbero cercato di utilizzare due agenzie proprie, la prima legata (secondo gli inquirenti) a Fabio Pellegrino (uno degli arrestati), poi abbandonata per questioni burocratiche, e una seconda facente capo a Luca Tomasi.

Il procuratore Cataldo Motta evidenziò, a margine della conferenza stampa, come attraverso i canoni classici dell'intimidazione mafiosa (intimidire per il solo fatto di esistere) i clan abbiano cercato di imporre il controllo sulle attività economiche. Una scalata criminale che ha visto piegarsi gli imprenditori, che hanno scelto di non denunciare i loro estorsori. La complessa ed efficace operazione dei Ros ristabilisce, proprio in quest'ottica, la legalità in un settore importante come il mercato del turismo estivo, ridando fiducia agli operatori. Eclatante, sotto certi aspetti, il tentativo di subentrare nei servizi di gestione delle attività comunali, cercando di creare un clima intimidatorio anche nei confronti del sindaco. Un nuovo volto dunque, sempre più imprenditoriale ed economico, per i gruppi della Scu, che non risulta più dedita solo al traffico di sostanze stupefacenti. Non solo discoteche e lidi balneari (con i relativi parcheggi, fonti di enormi guadagni in contanti), ma interessi in tutte le attività commerciali anche nel capoluogo salentino).

L'operazione “Baia Verde” avrebbe inoltre dimostrato come alla guida dei clan vi sia ormai la seconda generazione delle famiglie della Scu, da sempre legate a vincoli di stretta parentela e di nepotismo. Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso e traffico di sostanze stupefacenti. Piuttosto singolare l'arresto di Gabriele Cardellini, pedinato e bloccato mentre girava per le vie del Salento con un’appariscente limousine bianca, trasformata all'interno in una sorta di discoteca mobile.

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