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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Operazione "Canasta", quindici condanne e tre assoluzioni in primo grado

Assoluzione piena, perché il fatto non sussiste, per Fabio Corvino e i politici Enzo Benvenga e Sandro Quintana, di Gallipoli

LECCE – Si è concluso con quindici condanne e tre assoluzioni il processo di primo grado scaturito dalla cosiddetta “Operazione Canasta”, che ha coinvolto imprenditori, politici e professionisti accusati a vario titolo di estorsione, turbativa d'asta, abuso d'ufficio, peculato, corruzione, falsità materiale e ideologica.

Nove anni e sei mesi la condanna inflitta dai giudici a Giancarlo Carrino 64 anni di Nardò; 3 anni per Carmelo Tornese, 69 anni; e Rossana Tornese, 42 anni di Lecce; 6 anni e due mesi per Ferruccio Piscopiello 62 anni di Melissano; 9 anni per Luigi Dell'Anna, 69 anni di Nardò; 6 anni e due mesi per Francesco Russo, 63 anni; 6 anni per Gregorio Mellone 63 anni di Nardò; 3 anni e sei mesi per Pantaleo Colazzo, 39 anni di Galatina; 2 anni per Elio Dell'Anna 62 anni di Monteroni; un anno e sei mesi per Luigi Sparapane, 57enne di Galatina; Francesco De Girolamo di Sava 47anni; e Rosario Bizzarro 62enne di Nardò; un anno per Marco Palmieri, 46enne di Lecce; un anno e due mesi per Biagio Terragno, 55enne di Galatone; 2 anni per Maria Luciana Schito 59 anni di Muro Leccese.

Assoluzione piena, perché il fatto non sussiste, per Fabio Corvino, 48 anni di Lizzanello; Enzo Benvenga, 73 anni di Gallipoli; Sandro Quintana, 42 anni di Gallipoli, per cui si chiude un lungo calvario giudiziario durato sette anni, che ha visto l’assoluta estraneità dei tre imputati ai fatti contestati.

Non doversi procedere per intervenuta prescrizione, invece, per: Antonio Tornese 49enne di Lecce; Alba Errico, 52 anni di Squinzano; Maria Giovanna Pitardi 38 anni di Bagnolo del Salento; Lucio Frassanito 75 anni di Lecce; Raffaele Gambuzza 30 anni di San Cesario; Cosimo Magnolo, 53 anni di Taviano; e Giuseppe Erriquez, 59 anni di Nociglia; Fabiola Orlando, 59 anni di Neviano; otto mesi per Ubaldo Walter Ronzini, 49enne di Bari; Antonio De Benedetto, 40 anni di Taviano; Evaristo De Vitis 32anni di Squinzano.

Nel collegio difensivo gli avvocati Massimo Zecca, Giuseppe Bonsegna, Luigi e Roberto Rella, Ladislao Massari, Silvio Verri, Cristiano Solinas, Antonio Savoia, Giuseppe Corleto, Luigi Corvaglia, Paolo Spalluto, Luigi Covella, Maurizio Memmo, Luigi Suez, Andrea Frassanito, Vincenzo Venneri, Massimo Fasano e Biagio Palamà.

Quella condotta per due anni dai militari del Comando provinciale della guardia di finanza di Lecce, sotto la guida del colonnello Patrizio Vezzoli e del comandante del Nucleo di polizia tributaria, Vito Pulieri, e coordinata dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, Elsa Valeria Mignone, è un'inchiesta che ha evidenziato gli interessi del malaffare e della criminalità organizzata nel mondo delle aste giudiziarie per i beni mobiliari e immobiliari del Salento. Un sistema fatto non solo di aste pilotate e truccate con la copertura di professionisti al di sopra di ogni sospetto, ma anche di connivenze e relazioni tra uomini d'affari e pubblici ufficiali.

Sullo sfondo due dei clan storici della Sacra corona unita salentina, quello dei Padovano di Gallipoli e dei Coluccia di Galatina, che avevano incentrato i loro interessi economici proprio sulle aste giudiziarie. Due le figure principali al centro dell'inchiesta, quella di Carmelo Tornese, 64 anni, direttore dell'Istituto vendite giudiziarie (gestito da una società facente capo ai figli), e quella di Giancarlo Carrino, 49 anni, “faccendiere” originario di Nardò. Il primo avrebbe avuto un ruolo di factotum nel settore dell'esecuzione mobiliare, mentre Carrino avrebbe gestito il redditizio mondo dell'esecuzioni immobiliari.

Sarebbe stato sempre il faccendiere neretino, come evidenziato dalle numerose intercettazioni telefoniche, a gestire in prima persona i rapporti con i fratelli Padovano, Salvatore (alias “Nino bomba”) e Rosario. Tra gli indagati anche Ferruccio Piscopiello, amministratore delegato (all’epoca ei fatti) della Seta Eu spa, società mista a capitale prevalentemente pubblico, incaricata del servizio di raccolta e trasporto rifiuti urbani e assimilati in numerosi comuni del basso Salento, tra cui quello di Gallipoli. Secondo l'ipotesi accusatoria Piscopiello si sarebbe appropriato di somme rilevanti (non inferiori a 70mila euro) della società da lui amministrata. Per coprire i presunti ammanchi avrebbe poi creato false fatture di pagamento (intestate ad una società di Carrino) e cartelle esattoriali inesistenti emesse da Equitalia nei confronti della società Seta Eu. 

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