rotate-mobile
Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Operazione "Tam tam", l'accusa chiede la condanna per sedici imputati

L'accusa ha formulato le richieste di condanna per gli imputati che hanno scelto il giudizio con rito abbreviato nell'operazione condotta dalla Squadra mobile di Lecce, dagli agenti del commissariato di Taurisano e del reparto prevenzione crimine e denominata "Tam tam"

LECCE – L’accusa ha formulato le richieste di condanna per gli imputati che hanno scelto il giudizio con rito abbreviato nell’operazione condotta dalla Squadra mobile di Lecce (guidata dal vicequestore aggiunto Sabrina Manzone, dagli agenti del commissariato di Taurisano (diretto dal vicequestore aggiunto Salvatore Federico) e del reparto prevenzione crimine e denominata “Tam tam”. Come il passaparola con cui erano soliti scambiarsi informazioni i presunti componenti dell’organizzazione criminale. Smembrato quell’organigramma, gli inquirenti hanno concluso un’indagine durata oltre due anni e mezzo, fermando gli indagati con l’accusa, a vario titolo, di associazione di tipo  mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, estorsione aggravata dal metodo mafioso. L’udienza preliminare si è svolta dinanzi al gup Vincenzo Brancato nell’aula bunker di Borgo San Nicola.

In particolare, 18 anni per Tommaso Montedoro, 38enne di Casarano e Rosario Sabato detto “lu pisciatu”, di Taurisano, 36enne; 16 per Stefano Ancora, detto “Steo” di Taurisano, 39enne e Daniele Manco, di Taurisano, 38enne; 5 anni per Marco Antonio Giannelli, di Parabita, 31enne; 10 per Rocco Trecchi, di Taurisano, 37enne; 9 anni per Adamo Causo, di Ugento, 44enne; 12 anni per Antonio Parrotto, detto “Panta”, di Casarano, 36ene  e Carmelo Mauro, di Taurisano, 44enne; 12 anni e mezzo per Alessandro Esposito, di Tricase, 23enne ed Enzo Sabato, di Casarano, 39enne; 10 per Gregorio Leo, 50enne di Vernole; 8 anni per Cristiano Cera, di Ugento, 23enne; 12 anni per Michele Ferraro, 33enne di Tricase;  6 anni per Sabrina Morciano, 28enne di Ugento; 6 anni per Ilario Venneri, 38enne di Taviano.

A giudizio, invece, erano finiti Cengs De Paola, detto “fucilla”, di Acquarica del Capo, 39enne; Martinantonio Manco, detto “Martin”, di Taurisano, 43enne; Gabriele Bellucci, 27enne di Taurisano e Antonio Romano, 32enne di Presicce.

L’attività investigativa ha consentito di tracciare l’esistenza, fra Taurisano, Acquarica del Capo, Ugento, Matino e Casarano, dell’associazione, radicata da Gallipoli in giù. Una struttura dedita stabilmente al traffico di sostanze stupefacenti alla quale avrebbero preso parte anche altri individui “impegnati” nello spaccio di sostanze stupefacenti. Il gruppo non avrebbe concesso tregua ai gestori degli stabilimenti balneari del basso Ionio, ancora prima che l’attività fosse avviata. Un’attività di guardiania “offerta” ai clienti-vittime. Sotto coercizione e continue richieste di denaro. Oltre che l’imposizione dei alcuni nominativi di persone da assumere a tutti i costi. L'input investigativo non è stato avviato dalle denunce sporte (spicca a tal proposito, un clima omertoso), ma direttamente dagli elementi a disposizione degli inquirenti. Indagini classiche, attraverso intercettazioni, servizi di appostamento, raccolta di elementi sul campo e analisi dei dati.

Dalla marina di Ugento fino a Santa Maria di Leuca, i titolari dei lidi erano costretti a pagare il pizzo, in cambio di protezione. L’unico modo per poter lasciare sdraio e ombrelloni incustoditi, senza ritrovarseli incendiati il giorno dopo. O, peggio, prima ancora che il locale fosse inaugurato. Il business del pizzo veniva  gestito principalmente da Cengs De Paola, noto alle cronache locali per l’estorsione, , nel mese di novembre del 2012,  ai danni del primo cittadino di Acquarica del Capo, Francesco Ferraro, e altri due amministratori di quello che, peraltro, è il suo stesso comune di provenienza.

L’indagine nasce dopo la liberazione di Tommaso Montedoro, avvenuta nel luglio del 2012. Appena uscito dal carcere di Taranto, avrebbe incontrato sulla strada del ritorno Rosario Sabato, e fin dai primi giorni di libertà, la polizia avrebbe documentato gli stretti contatti tra i due finalizzati soprattutto all’approvvigionamento della droga, poi immessa sul mercato locale. L’associazione è infatti ricollegabile anche al clan “Vernel” dei fratelli Antonio e Andrea Leo, operanti nei comuni di Calimera, Vernole e Melendugno. In particolare, è emersa la vicinanza tra Montedoro e Gregorio Leo, terzo fratello di Andrea e Antonio, a capo dei “Vernel” da quando gli altri due sono reclusi. Il legame tra i due gruppi criminali era fondato soprattutto su un patto di mutuo soccorso, basato sul regolare versamento di denaro alla famiglia Leo, attraverso la compagna di Andrea, e sulla fornitura di sostanza stupefacente.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Operazione "Tam tam", l'accusa chiede la condanna per sedici imputati

LeccePrima è in caricamento