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Cronaca Gallipoli

Ordinata demolizione della piscina che ha dato avvio all’inchiesta pm-Asl

Nello stesso giorno del terremoto giudiziario che ha visto coinvolti il sostituto procuratore Arnesano e diversi dirigenti sanitari salentini, varato il provvedimento per i lavori svolti in casa del dottor Giorgio Trianni

GALLIPOLI – Il castello accusatorio sul quale verte il terremoto giudiziario che ha scosso in queste settimane le fondamenta del Tribunale di Lecce e dell'Azienda sanitaria locale e che vede implicato il sostituto procuratore Emilio Arnesano si è dipanato partendo dall’agro di Gallipoli. E da un primo episodio contestato: il provvedimento di dissequestro di una piscina in fase di realizzazione in una  proprietà riconducibile al dirigente dell’azienda sanitaria e primario di Neurologia del Fazzi, Giorgio  Trianni, con una successiva richiesta di archiviazione alla quale, secondo le tesi della Procura di Potenza, sarebbe seguito, in cambio, un soggiorno con battute di caccia offerto dal dirigente medico. Circostanze al vaglio dell’inchiesta e degli accertamenti giudiziari del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Lecce, mentre proprio nello stesso giorno in cui è scoppiato il caso-Arnesano su quella piscina è arrivata l’ordinanza di demolizione dei lavori da parte del Comune di Gallipoli.         

Con un provvedimento (l’ordinanza numero 320) del dirigente del settore Sviluppo del territorio, urbanistica, ambiente, edilizia ed innovazione, Paola Vitali, del 6 dicembre scorso è stato intimato al dottor Trianni e alla moglie, proprietari dell’immobile prospiciente la provinciale 459 per Alezio dove stava sorgendo la piscina, e al direttore dei lavori, di “demolire tutte le opere abusive indicate e di ripristinare lo stato dei luoghi a propria cura e spese, entro il termine di giorni 90 dalla data di notifica della presente ordinanza”. Nel provvedimento amministrativo si avverte anche che in caso di mancato adempimento il Comune acquisirà le opere edilizie e l’area di pertinenza al patrimonio comunale ed inoltre sarà comminata la sanzione massima pari a 20 mila euro trattandosi di aree soggette a vincolo paesaggistico e idrogeologico. Nel testo dell’ordinanza comunale vengono anche ripercorse tutte le tappe della vicenda e degli atti amministrativi consequenziali scaturiti dal verbale di sequestro redatto il 14 febbraio scorso da parte del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, Nucleo operativo ecologico di Lecce, unitamente ai tecnici del Comune di Gallipoli ed al funzionario di zona della soprintendenza di Lecce.              

Sui lavori parere di Regione e Soprintendenza

In relazione ai vincoli paesaggistico e idrogeologico il progetto per la realizzazione dei lavori della piscina erano stati autorizzati anche con parere favorevole dalla Regione e dalla Soprintendenza sulla base di precise prescrizioni da rispettare. Ma a seguito delle ispezioni e del relativo verbale di sequestro era stata rilevata “la difformità delle opere realizzate con il permesso di costruire numero 27/2017 del 29 giugno 2017, recante le prescrizioni dettate dalla Soprintendenza competente e dalla Regione Puglia”. Da qui era seguita l'ordinanza di sospensione del lavori emessa dall’ufficio comunale l’1 marzo scorso. I proprietari ritenendo di aver seguito tutte le procedure edilizie corrette, tramite i propri legali, avevano inoltrato al Comune un’istanza di revoca in autotutela dell'ordinanza di sospensione dei lavori. Mentre a livello giudiziario, come rilevano gli spaccati dell’inchiesta in auge, si muovevano i primi passi verso il provvedimento di dissequestro della piscina.

Opere da demolire in tre mesi

Una annotazione di revoca in autotutela  alla quale il dirigente dell’ufficio Sue del Comune rispondeva comunicando che “le argomentazioni svolte devono essere rappresentate presso la Soprintendenza ai fini della revisione o del rilascio di una nuova autorizzazione paesaggistica (in sanatoria) che costituisce atto presupposto per il rilascio di nuovo permesso di costruire in sanatoria”. E ora con la nuova ordinanza firmata il 6 dicembre scorso la dirigente comunale ha valutato che “non risulta essere stata presentata dall'interessato alcuna istanza ai fini del rilascio di autorizzazione paesaggistica in sanatoria. Che la nota prodotta dal legale incaricato non conteneva argomentazione meritevoli di accoglimento, atteso che il parere reso in sede istruttoria dalla Soprintendenza contiene delle prescrizioni vincolanti espressamente richiamate nel titolo edilizio, e che le considerazioni esplicitate nella stessa nota risultano inconferenti ai fini dell'adozione del presente provvedimento”. E visto che, a detta del Comune come riportato nell’ordinanza, ad oggi “non risultano acquisite comunicazioni di ripristino dello stato dei luoghi, né risulta pervenuta istanza di sanatoria che sospenda i termini del provvedimento” è stata disposta la nuova ordinanza di demolizione delle opere, eventualmente ancora esistenti, da eseguire entro tre mesi.

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