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Cronaca

Presunta truffa ai danni di una cliente, i due avvocati respingono le accuse

Uno ha spiegato di aver speso il denaro che gli spettava secondo gli accordi, l'altro arrestato ha negato di aver prelevato soldi

LECCE – E’ il giorno più lungo per F.D'A., l’avvocato 38enne arrestato mercoledì scorso nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta truffa ordita nei confronti di una donna senegalese sua cliente. Provato fisicamente ed emotivamente da una vicenda che lo ha travolto, D’A. è comparso dinanzi al gip Cinzia Vergine e al pubblico ministero Massimiliano Carducci (titolare del procedimento), in una sala del carcere di Borgo San Nicola, per l’interrogatorio di garanzia dopo la misura cautelare emessa nei suoi confronti. Il professionista, assai noto anche per l’attività presso lo Sportello dei diritti (associazione in difesa dei consumatori), ha respinto le accuse in un lungo interrogatorio durato quasi tre ore.

La vicenda ruota attorno alla figura di una donna senegalese di 34 anni, vittima di un terribile incidente stradale nel 2010 (in cui ha subito lesioni permanenti) e assistita dall’avvocato F.D’A.. Nei suoi confronti il Tribunale di Trieste (competente per i casi riguardanti il Fondo vittime della strada) ha disposto un risarcimento di 636mila euro. Secondo l’ipotesi accusatoria il legale avrebbe raccontato alla sua cliente che la somma stabilita era di circa 236mila euro (versati in due tranche), presentando anche una falsa sentenza e trattenendo il denaro restante, transitato su un conto aperto a nome della donna straniera ma gestito di fatto dallo stesso avvocato. Da quel conto avrebbe pagato alcune spese legate alla sua professione (ad esempio per lo studio e i compensi dei collaboratori) e personali, come viaggi e i mobili della sua abitazione e un ombrellone in un lido a San Cataldo.

D’A., assistito dagli avvocati Luigi e Roberto Rella, ha spiegato di aver utilizzato solo ed esclusivamente il denaro derivante dal cosiddetto patto di quota lite (la convenzione fra il cliente e l’avvocato con la quale è fissata come compenso professionale, in caso di vittoria, una parte dei diritti che formano oggetto della lite o del procedimento, in questo caso il risarcimento). Quei soldi, dunque, spettavano al legale secondo un accordo con la vittima dell’incidente stradale. L’indagato ha poi negato in maniera assoluta di aver contraffatto la sentenza, senza saper indicare il possibile autore ma certo che dalle consulenze sui pc sequestrati possa emergere l’assoluta estraneità ai fatti contestati. In quanto all’apertura del conto e la gestione dello stesso, il 38enne ha spiegato che è avvenuto secondo un rapporto di assoluta fiducia con la sua cliente, di cui ha sempre curato solo ed esclusivamente gli interessi.

A far crollare il presunto sistema truffaldino e a dare avvio all’inchiesta è stata la segnalazione di un’altra cliente originaria di Torino, nota alle cronache per un caso di mobbing che ha fatto scalpore. La donna si era rivolta al legale per un ricorso in Cassazione, mai presentato (secondo l’accusa) da D’A., che avrebbe raccontato alla donna che il ricorso era stato respinto, facendosi versare su un conto corrente la somma di 4mila euro. A insospettire la signora, però, è stato l’intestatario di quel conto, la stessa donna senegalese vittima dell’incidente stradale. Sentita dagli inquirenti, la donna sarebbe risultata all’oscuro dei movimenti bancari e ha presentato una denuncia. Da lì gli investigatori hanno esaminato i pagamenti e i bonifici eseguiti dal pc e dal telefono cellulare di D’A.. L’inchiesta è stata condotta dagli uomini del Nucleo di polizia giudiziaria della guardia di finanza di Lecce, sotto la guida del colonnello Francesco Mazzotta. Le accuse sono di truffa aggravata, falso, autoriciclaggio (aggravato dall’esercizio dell’attività professionale) e patrocinio infedele.

“Non sono io l’uomo ripreso dalle videocamere di videosorveglianza”. L’avvocato G.G., 37 anni, ha respinto ogni accusa, rispondendo in maniera precisa e puntuale alle domande del gip e del pubblico ministero, nel corso dell’interrogatorio di garanzia che si è tenuto al quinto piano degli uffici giudiziari di viale De Pietro. G., assistito dagli avvocati Alberto Russi e Giancarlo Dei Lazzaretti, è accusato di indebito utilizzo di carta e ricettazione nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta truffa.

L’indagato, attualmente agli arresti domiciliari, ha spiegato che la carta in questione era stata consegnata dalla stessa donna all’avvocato D’A.. Circostanza che, se confermata, farebbe cadere il reato di ricettazione. Per quanto riguarda i presunti prelievi, eseguiti secondo l’ipotesi accusatoria cercando di camuffarsi, il 37enne ha negato in maniera categorica di averli mai eseguiti, spiegando di non essere la persona immortalata dalle immagini. A supporto di tale tesi ha chiesto che le stesse siano sottoposte a esame antropometrico per stabilire oltre ogni dubbio una corrispondenza o meno. Nelle prossime ore i legali di G. presenteranno istanza di scarcerazione per il loro assistito, ritenendo ormai cessate le esigenze cautelari e i riscontri forniti in sede di interrogatorio di garanzia. 

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