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Cronaca

Presunti illeciti nel rinnovo dei vertici Bcc, la Procura ricusa il giudice

Colpo di scena nell'udienza preliminare, secondo l'accusa il giudice, che ha già rimesso gli atti, è incompatibile perchè un suo parente stretto è socio della banca

LECCE – C’è un nuovo colpo di scena nell’udienza preliminare relativa all’inchiesta sui presunti illeciti e il presunto condizionamento della frangia di Monteroni della Sacra corona unita nel rinnovo, nel 2014, del consiglio d'amministrazione della Banca di credito cooperativo Terra d'Otranto. La Procura di Lecce, infatti, ha presentato istanza di ricusazione nei confronti del gup Vincenzo Brancato. Una richiesta basata sul fatto che un parente del giudice è socio della banca e quindi potenzialmente parte offesa in un eventuale giudizio.

Il gup in mattinata ha comunicato la decisione di aver già inviato (il 20 novembre) gli atti al presidente del Tribunale. “Richiamati i principi di correttezza e trasparenza e premesso che nella giornata di ieri – ha spiegato nel corso dell’udienza il giudice Brancato – ho rimesso al presidente del Tribunale di valutare la sussistenza dell’ipotesi di cui all’articola 36 lettera e del codice di procedura penale, e quindi di autorizzare, eventualmente, l’astensione di questo giudice, espongo quanto già evidenziato al capo dell’ufficio”. Il giudice ha evidenziato di aver sempre agito nella massima trasparenza e correttezza, e di aver deciso di astenersi non perché fosse necessario ma per le pressioni ricevute. Secondo quanto si è appreso il parente del giudice si è già dimesso da ogni carica all’interno dell’istituto di credito.

L’udienza è stata rinviata al 12 febbraio, data in cui potrebbe e dovrebbe essere nominato un nuovo gup. Di certo i tempi sono destinati ad allungarsi.

Il pubblico ministero Carmen Ruggiero ha depositato agli atti la trascrizione integrale dei verbali in cui il neo “pentito” ha affermato di aver incontrato in un bar del Basso Salento, per tramite di un certo Totò Mazzotta, Giancarlo Mazzotta, 48 anni. Montedoro avrebbe promesso, a suo dire, un appoggio nella campagna per l’elezione dei vertici della banca, ricevendo in cambio la promessa di riuscire a ottenere un finanziamento regionale per l’apertura di un centro commerciale. Nella stessa occasione avrebbe ricevuto in regalo dal sindaco un paio di scarpe Hogan. Circostanze già smentite dallo stesso primo cittadino.

L’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore di Lecce, Carmen Ruggiero, è stata condotta dai carabinieri del Ros e della compagnia di Campi Salentina. Diversi i reati ipotizzati. Al centro dell’inchiesta la figura di Giancarlo Mazzotta, 48 anni, sindaco di Carmiano e considerato dagli inquirenti (all’epoca dei fatti) come amministratore di fatto della banca. A lui sono contestati numerosi capi di imputazione, che vanno dall’estorsione alla tentata estorsione aggravate dal metodo mafioso, violenza privata e tentata concussione.

Inoltre, avrebbe raccolto decine di deleghe in bianco di soci dell’istituto di credito senza autorizzazione, per ottenere l’elezione del fratello Dino (che ottenne quasi il 70 per cento dei voti) alla carica di presidente del consiglio di amministrazione a danno dell’altro candidato Giulio Ferreri Caputi. Il tutto con la complicità di Tommaso Congedo, 42 anni, direttore della filiale di Monteroni; Italo Potì, 82 anni, di Melendugno, vice presidente uscente; e lo stesso Dino Mazzotta, 42 anni, di Carmiano.

Giancarlo e Giovanni Mazzotta, 53enne Monteroni, alias "Gianni Conad", condannato per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti, con un patrimonio di supermercati confiscato, nell'ottobre del 2013 avrebbero fatto pressioni su un consigliere della maggioranza per dissuaderlo dal dimettersi e dal mettere ulteriormente in crisi la tenuta della giunta comunale. Da qui l’accusa di violenza privata aggravata dal metodo mafiosa.

Lo stesso sindaco, con l’appoggio di Giovanni Mazzotta e Luciano Gallo, 50enne di Martano, avrebbe fatto pressioni su un socio della banca e su sua figlia per tentare di costringerli non sostenere Ferrieri Caputi, dicendogli: “C'è gente fiacca che ve lo consiglia”. In un secondo caso si sarebbe avvalso sempre di “Gianni Conad” e di Saulle Politi, 46 anni, di Monteroni, altro nome in odore di Scu, per costringere un altro socio e sua moglie a ritirare l’appoggio all’altro candidato. Da qui le accuse di tentata estorsione ed estorsione aggravata dal metodo mafioso.

In un altro caso la tentata estorsione è contestata a Giancarlo Mazzotta ed Ennio Capozza, 62enne leccese, visurista a contratto per la banca, per aver cercato di convincere un socio a votare il fratello, minacciando altrimenti di trasferire della moglie, dipendente della banca, in una sede lontana. Poi, la tentata concussione: ad un geometra socio della banca, che avrebbe dovuto sostenere il fratello Dino per evitare problemi per ogni pratica pendente al Comune di Carmiano.

Maria Grazia Taurino, 53enne di Carmiano, addetta ai mutui, è accusata di concorso in tentata estorsione con Giancarlo Mazzotta, per aver cercato di costringere un altro socio e cliente della banca, cui era stato concesso un mutuo, a sostenere Dino Mazzotta per evitare futuri problemi. Ci sarebbero poi numerose false autenticazioni delle firme dei soci a favore della lista capeggiata da Mazzotta, contestate a Giancarlo Mazzotta, Dino Mazzotta, Tommaso Congedo, Giuseppe Caiaffa ed Italo Potì.

Gli indagati sono assistiti dagli avvocati Massimo Bellini, Luigi e Roberto Rella, Ladislao Massari, Antonio Savoia, Laura Minosi, Pantaleo Cannoletta, Filippo Orlando, Salvatore Pino, Paolo Pepe, Roberto Ruggiero e Carlo Sariconi.

L'inchiesta della Procura si riferisce a fatti risalenti al 2014, che non riguardano l’attuale amministrazione della Banca che decorre dal febbraio 2016.

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