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Cronaca

Processi e una condanna definitiva, la controversa figura di don Cesare. Ora è cittadino moldavo

Direttore, fino al marzo del 2005 (data del suo arresto), del Cpt (Centro di permanenza temporanea) «Regina Pacis» di San Foca, la storia di don Cesare Lodeserto, è nota alle cronache per una serie d'inchieste giudiziarie e processi in cui è stato imputato

LECCE – Figura controversa, travolta dagli scandali, quella di don Cesare Lodeserto rappresenta forse una delle pagine più oscure della storia della curia salentina e delle grandi ondate migratorie a cavallo tra il secondo e il terzo millennio. Direttore, fino al marzo del 2005 (data del suo arresto), del Cpt (Centro di permanenza temporanea) «Regina Pacis» di San Foca, la storia del sacerdote, fino al 2000 segretario particolare dell’arcivescovo Cosmo Francesco Ruppi (l’ex presidente della Conferenza Episcopale pugliese scomparso nel 2011), è nota alle cronache per una serie di inchieste giudiziarie e processi in cui don Cesare è stato imputato.

Nel dicembre del 2004 a Lecce si apre il primo processo a carico di Cesare Lodeserto. Il sacerdote è accusato con sei suoi collaboratori, undici carabinieri e due medici di servizio, di violenze nei confronti di diciasette ragazzi di origine maghrebina, avvenute in seguito a un tentativo di fuga. I fatti si riferiscono alla notte del 21 novembre 2002, in cui un gruppo di immigrati, trattenuti in attesa di espulsione nel Regina Pacis, tentarono la fuga saltando da una finestra sita al primo piano dell'edificio.

Nel marzo del 2005, Cesare Lodeserto viene arrestato a Mantova (dove esiste un altro centro gemello del Regina Pacis), su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica di Lecce, Carolina Elia, e condotto, con l’accusa di violenza privata e sequestro di persona, nella casa circondariale di Verona. Il sacerdote trascorre due settimane nel carcere veneto: prima ottiene i domiciliari, da scontare presso una comunità religiosa di Noci, alle porte di Bari, e poi la libertà nel giugno successivo. Il processo di primo grado, celebrato con rito abbreviato, davanti al giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Lecce, Nicola Lariccia, si conclude il 26 settembre 2007 con una nuova condanna a 5 anni e 4 mesi e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Pesanti le accuse nei confronti del religioso: calunnie (nei confronti di un ufficiale dell'Arma), violenza, minacce e sequestro di persona nei confronti di alcune donne rumene e moldave, già ospiti del Centro. Condanna confermata prima in appello e poi, nei giorni scorsi, in Cassazione.Don Cesare Lodeserto in tribunale-3

Nell’ottobre scorso viene assolto dai giudici della sesta sezione penale della Cassazione, che annullano senza rinvio il verdetto con cui la corte di Appello aveva ritenuto Lodeserto responsabile di peculato condannandolo a 4 anni di reclusione con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Nel luglio 2009, infine, l’ex direttore del «Regina Pacis» era stato condannato dalla Corte dei Conti a rimborsare allo Stato la somma di 133.651 euro per «maggiori prestazioni a favore degli immigrati rispetto a quelle effettivamente rese». Per i giudici avrebbe gonfiato il numero delle presenze dei clandestini.

Attualmente Cesare Lodeserto vive in Moldavia, dove gestisce altri centri della fondazione «Regina Pacis», tra cui quello di Chisinau, in cui ha festeggiato i 25 anni di sacerdozio. In Moldavia il sacerdote si trova dal dicembre del 2007, da quando l’ex arcivescovo di Lecce monsignor Ruppi lo inviò in missione «fidei donum». Da allora l’ex direttore del Cpt non è più tornato nel Salento. Una sorta di fuga dalle polemiche e dai guai giudiziari. Il suo saluto alla città, era il 7 dicembre, fu macchiato da un blitz in chiesa di un gruppo di anarco-insurrezionalisti, che già in passato avevano preso di mira don Cesare e la sua famiglia, non solo con le minacce ma anche scagliando una molotov contro la sua abitazione. Per questo difficilmente il sacerdote potrà scontare la pena: in Moldavia, infatti, ha ottenuto la cittadinanza onoraria dall’ex presidente Voronin “per meriti straordinari acquisiti nel settore sociale” ed è stato nominato vicario della diocesi di Chişinăuè. Motivo per cui non potrà essere estradato.

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