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Cronaca

Processo sulla gestione dello sportello Antiracket, si parte con un rinvio

E’ slittato al 16 marzo l’inizio del processo nei confronti dei 24 imputati coinvolti nell'inchiesta sui presunti illeciti legati alla gestione dell’associazione

LECCE – E’ slittato al 16 marzo l’inizio del processo nei confronti dei 24 imputati coinvolti nell'inchiesta sui presunti illeciti legati alla gestione dell’associazione Antiracket Salento. Un rinvio dettato dalla nullità del decreto che dispone il giudizio. L’atto notificato, infatti, è risultato incompleto (35 pagine anziché 44) e per alcuni imputati non sono stati riportati i reati contestati. Il processo sarà inoltre trasferito, su richiesta del collegio difensivo, nell’aula bunker di Borgo San Nicola. Hanno depositato la richiesta di costituzione di parte civile il Comune di Lecce (che ha conferito il mandato all'avvocato Stefano Maggio), il ministero dell’Interno, il Fai (federazione antiracket italiana) e un’associazione di commercianti di Calimera. Se ne discuterà nella prossima udienza.

I fondi, in linea di principio, sarebbero dovuto servire a rafforzare le iniziative in materia di contrasto al racket ed all’usura attraverso l’istituzione di tre sportelli nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto per prestare assistenza alle vittime di questi reati, avvalendosi di figure professionali quali avvocati, commercialisti, esperti del settore bancario. L’indagine ha però svelato qualcosa di diverso. Secondo le “fiamme gialle”, associazione e sportelli (oltre Lecce, anche Brindisi e Taranto) non sarebbero stati, di fatto, operativi, ma costituiti proprio con il fine di frodare i finanziamenti pubblici tramite rendicontazione fittizia di spese per il personale, l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti riguardanti l'acquisizione di beni e servizi, di spese per viaggi e trasferte in realtà mai avvenute, falsa attestazione del raggiungimento degli obiettivi richiesti dal progetto in termini di assistenza ai nuovi utenti e numero di denunce raccolte.

Figura chiave dell'inchiesta, secondo l’ipotesi accusatoria, quella della presidente dell'associazione Antiracket, Maria Antonietta Gualtieri, 62enne leccese, considerata dall'accusa capo, promotore e organizzatore dell'associazione per delinquere. Tra gli imputati anche Pasquale Gorgoni, funzionario dell'ufficio Patrimonio del Comune di Lecce, assistito dall'avvocato Amilcare Tana; Giuseppe Naccarelli, ritenuto capo, promotore e organizzatore dell'associazione per delinquere. Per l'ex assessore al Comune di Lecce, Attilio Monosi, assistito dagli avvocati Riccardo Giannuzzi e Luigi Covella, la Procura ipotizza le accuse di peculato e truffa.

Gli altri imputati sono: Michele Pasero, leccese 50enne; Francesco Lala, 38enne di Leverano; Marcella Lezzi, 73enne di Veglie; Maria Teresa Perrone, 63enne di Carmiano; Stefano Maria Laudisa, 24enne di Cavallino; Ubalda Levante; 44enne di Carmiano; Giorgio Bovi, 54enne di Roma; Giancarlo Saracino, 64enne di Otranto; Lucia Rainò, 52enne di Lecce; Costantina Sanghez De Luna, 51enne di Novoli; Maria Marzia Dimastrogiovanni, 40enne di Leverano; Maurizio Vetere, 58enne di Nardò; Paolo Rollo, leccese di 60anni; Pierantonio Cicirillo, leccese di 53 anni; Fabrizio Natale, 41enne leccese; Francesco Cavallo, 36enne di San Cesario di Lecce; Giovanni De Matteis, 48enne di Gallipoli; Pierfilippo Centonze, 49enne di Novoli; Marco Centonze, 42enne di Carmiano; Maria Carmela Picciolo, 49enne di Gallipoli; Salvatore Fiorentino; leccese di 61 anni; Marco Bolognini, 65 anni, di Cellino San Marco; Biagio Solazzo, 54 anni di Lecce; Vincenzo Specchia, 64 anni di Galatina.

Nel collegio difensivo gli avvocati Francesco Spagnolo, Francesco Calabro, Luigi Rella. Viola Messa, Stefano De Francesco, Anna Grazia Maraschio, Francesco Vergine, Andrea Conte, Francesco De Iaco, Cesare Del Cuore, Andrea Sambati, Giuseppe Romano, Carlo Sariconi, Paolo Spalluto, Francesco Galluccio Mezio, Francesca Conte.

L'associazione, secondo l'ipotesi accusatoria, avrebbe stipulato contratti di collaborazione con dipendenti fittizi e professionisti compiacenti, emettendo false buste paga e ricevendo fatturazioni per prestazioni professionali inesistenti. Le somme percepite grazie alle false rendicontazioni presentate all’Ufficio del commissario antiracket, sarebbero state poi restituite in contanti alla stessa presidente dell’associazione. Un particolare non è sfuggito agli inquirenti: venivano fatte salve le ritenute previdenziali e assistenziali.

Per perseguire gli illeciti sarebbe stata documentata anche l'esistenza di spese per l’acquisizione di beni e servizi inesistenti, come promozione di campagne pubblicitarie e interventi di manutenzione presso le tre sedi, predisponendo una serie di documenti, anche di natura fiscale, per dimostrare il regolare svolgimento delle procedure di selezione delle aziende fornitrici e il pagamento delle prestazioni.

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