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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca Calimera / Via Salvo D'Acquisto, 20

Rapina in gioielleria, fuggirono con soldi e monili: cinque arresti

I carabinieri della compagnia di Lecce hanno chiuso il cerchio sui presunti responsabili di un assalto armato. I malviventi agirono la sera del 1° giugno ai danni de "La Piramide" di via Salvo d'Acquisto, nel piccolo comune griko

CALIMERA - Il fotogramma è eloquente: un ragazzo, a volto scoperto, ha estratto la pistola, nascosta in un sacchetto della spesa perché sfuggisse al metal detector, e l'ha puntata alla tempia della giovane cliente. Incinta. Poi la rapina - minacciando anche le due commesse - messa a segno quella sera del primo giugno, ai danni della gioielleria "La Piramide", al civico 20 di via Salvo D'Acquisto, a Calimera.

Comincia così l'incubo che ha visto l'epilogo solo questa mattina, con cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere, eseguite dai carabinieri nei confronti di altrettanti ragazzi di Brindisi. Si tratta dei due esecutori materiali del colpo, Alfredo Zecca, classe 1986, colui che ha minacciato  con l'arma la ragazza e Jonathan Muolo, 19enne; già sorpreso nel mese di agosto, dai carabinieri di Leverano, a bordo di un'auto rubata, forse per effettuare il sopralluogo prima di un colpo. Anche ulteriori tre ragazzi sono finiti nei guai, perché ritenuti i complici: Antonio Fontò, 35enne, Pietro Giovinazzo, di 24 anni e Antonio Olimpio, di 29.

Le catture sono state effettuate nel capoluogo brindisino, su mandato del pm della procura della Repubblica di Lecce, Carmen Ruggiero, con provvedimento del gip, Antonia Martalò. Le indagini sono state avviate a partire dalla sera della rapina, dai militari della stazione di Calimera, diretti dal maresciallo Antonino Patti e coordinati dal maggiore Giuseppe Colizzi, a capo della compagnia leccese.

L'attività investigativa, condotta anche con la collaborazione dei militari di alcune caserme del brindisino, ha portato al fermo dei rapinatori che, in occasione dell'episodio, avvenuto intorno alle 21, hanno recuperato un ingente bottino, per oltre 250mila euro di euro. Approfittando dell'esercizio semi deserto, infatti si sono impossessati di 5 chilogrammi di oro, un panno pieno di preziosi orecchini con diamanti, 5 couvet pieni di gioielli.  E non è tutto. A finire nelle mani di Zecca e Muolo, anche circa 30 diamanti sigillati e certificati, 50 orologi e i contanti contenuti nel registratore di cassa.

Ma a poche centinaia di metri dal luogo dell'accaduto, i militari stavano ispezionando un'Alfa Romeo 147, di colore rosso, con a bordo i tre giovani. Già intercettati perché sospetti, sono stati colti senza la copertura assicurativa del veicolo. Condotti in caserma, sono stati identificati e rilasciati un paio di ore dopo, e proposti per il foglio di via obbligatorio, dopo aver sequestrato il telefono cellulare ad uno di loro. Contemporaneamente, i militari dell'Arma stavano anche acquisendo i nastri del sistema di videosorveglianza rinvenendo, all'esterno della gioielleria, la maniglia di un'autovettura. Risultata appartenere ad una Fiat Bravo, rubata, e poi data alle fiamme la notte successiva alla rapina, proprio a Brindisi. Un dettaglio determinante, che ha accelerato le indagini.

I tabulati telefonici del cellulare sequestrato, inoltre, hanno portato alla luce un contatto risalente all'ora della rapina: a chiamare, infatti, sarebbe stato proprio Muolo, utilizzando l'utenza, smarrita e denunciata alcuni giorni prima. La visione dei filmati, anche quelli delle telecamere installate su attività commerciali adiacenti, ha permesso di confermare la presenza sia della Fiat Bravo, sia dell'Alfa 147, nei pressi della rivendita di preziosi, fornendo elementi di svolta agli inquirenti.

La soddisfazione è stata espressa, oltre che dai proprietari della gioielleria, anche dal comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Maurizio Ferla, per le modalità con cui sono stati smascherati gli autori del gesto. "Più difficile individuare i rapinatori, che gli autori di un omicidio: quest ultimi, quanto meno, un movente ce l'hanno. Auspichiamo che i sistemi di difesa passivi, come l'impianto di videocamere di sorveglianza, vengano sempre più accolti dai commercianti. Sono strumenti che, il più delle volte, hanno un costo minore del colpo che si potrebbe subire, e si rivelano determinanti per l'identificazione dei malviventi".

 

 

 

 

 

 

Sequestrarono una cliente incinta

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