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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Ritrovate le spoglie di cinque vernolesi dispersi in guerra

Dopo 67 anni la mia famiglia ha conosciuto la reale sorte di un nostro zio, morto in Germania durante la Seconda Guerra Mondiale, il 30 luglio 1944

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di LeccePrima

-De Carlo Antonio Pantaleo
nato il 18 maggio 1914 a Vernole Deceduto il 30 luglio 1944 – Attualmente
sepolto ad Amburgo (Germania) – Cimitero Militare Italiano d’Onore - Posizione  tombale: Riquadro 1 – Fila A – Tomba 2. Dopo 67 anni senza avere notizie, grazie alla ricerca effettuata dalla  Gazzetta del Mezzogiorno, sono state ritrovate le spoglie di un mio pro-zio  (fratello di mia nonna) vernolese doc “disperso” nella seconda guerra mondiale.

De Carlo Antonio Pantaleo (questo il nome completo) nacque a Vernole il 18  maggio 1914, figlio di Gioacchino De Carlo e di Filomena Longo. Il padre  Gioacchino cadde nella prima guerra Mondiale e la madre, rimasta vedova, riuscì  a mantenere da sola i suoi 5 piccoli figli (mia nonna Pasqualina con i suoi  fratelli –miei prozii- Michelangelo e Antonio Pantaleo, e le sorelle Nina e Uccia).Michelangelo e Antonio Pantaleo partirono, nel 1940, per la Seconda Guerra Mondiale. Michelangelo partecipò alla Campagna Italiana d’Africa in Eritrea e Abissinia e, dopo varie peripezie, riuscì fortunatamente a rientrare vivo e vegeto nel suo paese natìo, Vernole. Del Caporale Antonio Pantaleo, chiamato da tutti i parenti e da tutti gli amici Uccio, si persero le tracce. Voci non
ufficiali lo davano di stanza con l’esercito italiano nel Nord Italia.

La famiglia continuò a sperare e a pregare senza avere mai una risposta definitiva e ufficiale sul destino di Uccio. La guerra terminò, il periodo di guerra civile in Italia era ormai un lontano ricordo e, del giovane vernolese, non si seppe più nulla. Sempre voci non ufficiali lo davano per morto: dopo tanti e tanti anni di attesa, era razionale pensare a questa tragica fine in una guerra che ha lasciato sul campo milioni di vittime. La madre (mia bisnonna), le sorelle (mia nonna e le mie prozie), il fratello (mio prozio) e tutti i nipoti (mio padre e i suoi cugini) continuarono a cercare, invano, notizie sulla sua sorte.  Purtroppo, con il passare degli anni, la mamma, le sorelle e il fratello morirono con il rimpianto di non esser mai venuti a conoscenza delle reali sorti del loro amato Uccio.

Oggi finalmente è trapelata la verità definitiva sulla vita, e sulla morte, del caro Zio Uccio, mai conosciuto personalmente nemmeno da mio padre, ma da sempre immortale nei ricordi di famiglia. Lo zio Uccio è morto, all’età di 30 anni, il 30 luglio 1944 nell’ospedale di Fallingbostel, a sud di Amburgo (Germania del nord) e, le sue spoglie, riposano da 67 anni nel Cimitero Militare Italiano d’Onore ad Amburgo.

Il certificato di morte testimonia la morte del soggetto sopravvenuta per tubercolosi polmonare, malattia tipica in quegli anni dei prigionieri italiani deportati dai tedeschi nei lager nazisti.

Lo zio Uccio, molto probabilmente, sarà stato uno di quei protagonisti dimenticati di una resistenza ignota, passiva, senza armi. La Resistenza dei militari italiani internati nei lager nazisti dopo l’Armistizio dell’ 8 settembre 1943. Una Resistenza nata dopo il rifiuto di migliaia di giovani soldati italiani, che scelsero di morire e soffrire, piuttosto che collaborare per un solo secondo in più con i nazisti e i repubblichini. Una Resistenza poco conosciuta e poco raccontata dalla storia ufficiale:  l’8 settembre vennero disarmati dai nazisti circa un milione di soldati italiani. La maggior parte se ne andò a casa o si riunì ai partigiani. Pochi di quelli disarmati, accettò di restare al servizio dei tedeschi o di servire nelle milizie fasciste. Gli altri, 716.000 uomini, di cui 26.000 ufficiali, vennero deportati nei lager dai tedeschi per vendetta dopo l’armistizio: 50.000 morirono nei lager, di stenti, di malattie, impiccati, fucilati. E, tra quei 50.000, vi erano “I mille di Fallingbostel” deportati dall’Italia del Nord in Germania e fatti morire, alcuni di malattia (spesso tubercolosi), altri impiccati o fucilati, dopo atroci vendette e sofferenze

Tra i “mille di Fallingbostel”, quasi sicuramente, c’era Antonio Pantaleo De Carlo, lo zio Uccio, eroe italiano dimenticato.

Dopo aver appreso la notizia che le sue spoglie sono sepolte nel cimitero di Amburgo, da domani stesso la mia famiglia si attiverà per riportare i resti dello zio Uccio nel suo paese natio, Vernole.

Riportare qui i suoi resti, dopo 67 anni in territorio "straniero" e, in periodo di guerra, "ostile", è un atto doveroso:
-per la memoria di un giovane vernolese, morto tragicamente a circa 2500 km di distanza da casa;
-per la memoria della mia bisnonna (madre dello zio Uccio), di mia nonna e dei miei prozii (sorelle e fratello dello zio Uccio), morti con il rimpianto di non aver mai conosciuto la verità sulle sorti del loro amato congiunto;
-per l’onore di tutti nipoti e pronipoti dello zio Uccio in vita, orgogliosi di aver avuto un eroe di guerra come zio;
-per Vernole, paese che ha dato i natali ad Uccio e a decine e decine di altri giovani caduti in guerra e di cui, tutti i vernolesi, credo siano orgogliosi
      SERGIO GIOVANNI POTENZA (pronipote di ANTONIO PANTALEO DE CARLO)

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