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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Se un contatore di disservizi genera attesa messianica

L'idea del contatore sul filobus, partorita da LeccePrima quasi come un gioco, è diventata strumento di denuncia sociale e, con lo scorrere del tempo, ha persino creato una curiosa aspettiva...

Quando quella sera di alcuni mesi or sono, alzai la testa al cielo e mi posi la domanda, mai avrei pensato che ne sarebbe nato un caso di tale portata. Non fosse altro che il filobus è già un caso a sé, con tutti i crismi del patologico ritardo nell'attuazione di stampo italico. Niente di veramente nuovo sotto il cielo. Miracolo sarebbe stato se, dopo l'inaugurazione, il servizio fosse partito, come succede altrove. Ma qui non è altrove. E' Sud, Sud dell'Italia, per giunta. Ahinoi. Se la questione non fosse seria, mi metterei quasi a ridere. Un riso amaro, certo. Qualcuno, nel Medioevo, mise in giro la voce che all'anno Mille sarebbe corrisposta la fine del mondo. Ci fu persino chi - raccontano i cronisti dell'epoca -, aspettando le trombe del giudizio, smise mesi prima di coltivare i campi per darsi alla contemplazione ascetica e redimersi dai peccati terreni. Credo che sia morto di fame e rabbia, quando allo scoccare del nuovo millennio, dal cielo, probabilmente, non arrivò giù neanche un po' di pioggia. Qui, invece, nell'anno del Signore 2010, a non arrivare è un filobus. Anche se nessuno, aspettandolo, ha comunque mollato l'auto.

Ricordo bene, quella sera. Stavo tornando a casa, mi trovavo all'altezza del cavalcavia di via del Mare. Quella sorta di vasca di cemento, che con due gocce si trasforma in una piscina, non è mai stato un esempio di estetica, e ora, con gli anni che avanzano, nemmeno di funzionalità. Ma, se possibile, con quella selva di pali che lo circondano e di cavi intrecciati che lo sovrastano contorcendosi in un dolore d'acciaio, è diventato un angolo osceno di città. Dio, che porcheria. Ebbene, sollevando gli occhi e vaneggiando filosoficamente sulle antitesi (bene-male, bello-brutto, ecc.), mi posi una questione più concreta: ma da quanti giorni Lecce è una città in gabbia?

Il giorno dopo riferii i miei pensieri al mio socio e amico, ci mettemmo a contare, usando come base di partenza l'ormai celeberrima inaugurazione a bordo di uno dei nuovi mezzi e partorimmo, tra il serio ed il faceto, l'idea di un contatore. Sissignore. E, apriti cielo. La burla s'è trasformata in una lavagna, dove decine e decine di cittadini hanno iniziato ad esprimere pensieri e disagi di elettori-contribuenti (indipendentemente dai pro e i contro, rispetto alla reale utilità della costosa infrastruttura di mobilità). Persino l'opposizione ha cavalcato l'onda (noi prendiamo formalmente le distanze dalle iniziative di stampo politico, sia chiaro) e anche altri colleghi di giornali e tv hanno iniziato ad interessarsi al curioso contatore. Ed il gioco iniziale, strada facendo, è diventato attesa quasi messianica di una fatidica scadenza: mille giorni.

Le mille e una notte, i mille giorni di me e di te, le mille bolle blu, i mille garibaldini, i mille papaveri rossi, le mille lire al mese, il cinque per mille delle imposte. Storia, musica, letteratura, matematica. Il numero mille si carica di significati quasi mistici e ritorna spesso anche nelle frasi d'uso comune: girare a mille, te l'ho detto mille volte. Ora, anche i mille giorni del filobus. Se è vero che i mezzi pubblici, in Italia, spesso sono in ritardo, a Lecce la questione è roba da Guinness dei primati.

Del caso se ne potrebbero scrivere capitoli interi, farne un libro, magari di mille pagine. Ma quando si è ormai prossimi al giorno 1001, un'altra domanda ci sovviene: quanto ritardo hanno accumulato altre iniziative presentate e mai avviate, o problemi mai risolti, nonostante annunci in pompa magna? Ce ne vengono alla mente diversi. Per esempio, le videocamere della zona a traffico limitato, per esempio il treno Lecce-Torino, con gennaio ormai passato ed i binari ancora vuoti. Gli esempi sono davvero tanti, restando giusto nel Salento. Immaginarsi, allora, se si cominciasse a valutare l'opportunità delle promesse mancate in tutte le Province, in tutte le Regioni, nel Parlamento e in ogni Comune italiano. Dal centrodestra al centrosinistra, diventeremmo la nazione dei contatori.

Quanti ne occorrerebbero, di contatori, per ricordare ai nostri amministratori che, di passerelle e riflettori siamo tutti stufi? Forse più di mille. La politica sempre più come palcoscenico, di fronte al dovere di portare a termine gli impegni, di far sì che alle parole corrispondano i fatti. Ma la colpa è spesso anche nostra. Proprio così, di noi giornalisti, che al chiacchiericcio di campagne elettorali sempre più gonfie di parole vuote, cariche d'insulti e povere di programmi, diamo uno spazio abnorme. Sarebbe il caso di darci tutti una mossa, e ricominciare a valutare con più senso critico i nostri cari amministratori e le loro costose e (noiose) campagne.

Ma torniamo a noi. Ovviamente, non possiamo riempire il giornale di contatori. Ma un altro, prossimamente, è probabile che lo inseriremo. E riguarderà le appena citate videocamere. E vedremo se… torneranno i conti.


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