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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca Porto Cesareo

Ritenuta troppo vicina al mare. Nuovi sigilli alla piattaforma di Punta Prosciutto

La vicinanza dalla costa era di tre metri in più rispetto a quella consentita e la pedana è finita nuovamente sotto la lente degli inquirenti. I carabinieri hanno eseguito un decreto, nella mattinata, all’interno della struttura già destinataria di un provvedimento a giugno, poi dissequestrata in un secondo momento

PUNTA PROSCIUTTO (Porto Cesareo) – Una piattaforma in legno e metallo, lungo circa 70 metri quadrati, a pochi pasi dal mare, è stata posta sotto sequestro preventivo, nel corso della mattinata. I carabinieri dell’Aliquota operativa della compagnia di Campi Salentina hanno eseguito un decreto emesso lo scorso 19  agosto dal gip del Tribunale di Lecce, Vincenzo Brancato, su richiesta del pm Paola Guglielmi. Collocata nei pressi del ristorante “L’Ancora” di Punta Prosciutto, al confine con la provincia di Taranto, alla struttura erano stati inizialmente apposti i sigilli, all’inizio della stagione estiva, per poi essere dissequestrata.Cartello-5-3

A seguito di una terza perizia – dopo quella che aveva determinato il primo provvedimento e dopo un seconda di parte, richiesta dal difensore – è stata constata una vicinanza al mare superiore di tre metri rispetto alla soglia consentita dalla normativa vigente. Un comportamento, quello adottato dal titolare del ristorante, Q.G., che configura il reato di occupazione abusiva di suolo demaniale. Il tecnico che ha eseguito il sopralluogo ha, inoltre, rinvenuto anche una recinzione sprovvista sia dell’autorizzazione paesaggistica, sia del conseguente permesso di costruire. 

La vicenda era cominciata un paio di mesi addietro, quando la piattaforma non era ancora stata ultimata, ma si trovava già in fase di installazione su un'area demaniale, in difformità rispetto a quanto autorizzato nel permesso rilasciato dall'ufficio tecnico del borgo ionico. Fu constatao che la struttura, concepita per ospitare ombrelloni e sdraio, era stata spostata di oltre quattro metri rispetto a quelli concessi, occupando due terzi della scogliera e deturpando il paesaggio con una ringhiera in ghisa.

Le prescrizioni, notarono i carabinieri, furono violate anche in altri due punti. Innanzitutto, si sarebbero dovute utilizzare vernici ecologiche, al posto di quelle comuni. E la vernice era persino sgocciolata sulle rocce, macchiandole. Infine, la struttura apparve anche inagibile poiché edificata su basi precarie e sconnesse. I reati ipotizzati furono quelli di abuso edilizio, occupazione di suolo demaniale e deturpamento di bellezze naturali, ai quali seguirono i sigilii e, una decina di giorni dopo, il dissequestro.

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