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Cronaca Rudiae / Viale O. Quarta

Blitz a raffica, ma le autorità hanno le mani legate. E le prostitute si spartiscono la città

Nel corso del week-end appena concluso, gli agenti di polizia locale hanno eseguito controlli nel quadrilatero attorno alla stazione ferroviaria per contenere il fenomeno. Nella serata di ieri, verifiche e denunce anche da parte della sezione volanti della questura: ma gli inquirenti sono paralizzati da una legge vecchia di oltre 50 anni

LECCE – Due gli aspetti confermati durante i servizi antiprostituzione eseguiti in città nel corso delle ultime ore. Punto primo: dal punto di vista amministrativo, si può fare ben poco per contrastare o quanto meno contenere il fenomeno. Ciò che emerge, inoltre, è una sorta di vera e propria spartizione delle zone di Lecce, sulla base della nazionalità di donne e uomini che vendono i propri corpi. Già a partire dalla serata di sabato, gli agenti di polizia locale del capoluogo salentino, hanno eseguito alcuni controlli nella zona considerata sensibile: l’isolato nei pressi della stazione ferroviaria. Nelle ultime ore, inoltre, si sono anche aggiunti i servizi antiprostituzione da parte degli agenti di polizia della sezione volanti, coordinati dal vicequestore aggiunto Eliana Martella.

Anche in vista della polemica sollevata nei giorni scorsi dal consigliere comunale in quota Pd, Antonio Rotundo, dopo la pioggia di segnalazioni e lamentele da parte dei residenti del quartiere Ferrovia, le forze dell’ordine hanno passato al setaccio il quadrilatero incluso tra  piazzale Rudiae e Viale Oronzo Quarta, con controlli anche nella zona di via Vecchia Carmiano.

Durante i controlli della polizia di Stato nei punti nevralgici in cui è concentrata l’attività di meretricio, sono state identificate decine di donne, alcune delle quali molto giovani, provenienti dalla Romania. Le cittadine provenienti dall’est Europa sono solite sostare nella zona delle immediate vicinanze allo scalo ferroviario. Quelle provenienti dall’Africa, per lo più di nazionalità nigeriana, sono invece concentrare nell’isolato che comincia da Piazzale Rudiae.

Le ragazze identificate dal personale della questura sono risultate quasi tutte con precedenti penali alle spalle: una di loro è stata denunciata per inosservanza ad un provvedimento di allontanamento dal capoluogo salentino città e potrebbe ora incappare nel provvedimento  di espulsione. In Piazzale Rudiae sono state controllate alcune donne di nazionalità nigeriana con residenza in altri comuni, mentre in via Vecchia Carmiano alcuni cittadini italiani, anche loro dediti all’attività di prostituzione. La posizione amministrativa relativa al permesso di soggiorno di altre cittadine straniere sarà sottoposta all’attenzione del personale della Divisione immigrazione per l’emissione di  provvedimenti di espulsione e quella di alcune prostitute residenti in altri comuni sarà valutata per una proposta di allontanamento con foglio di via obbligatorio.

Queste le misure in possesso alle forze dell’ordine per cercare di neutralizzare un fenomeno non perseguibile per legge. L’impianto normativo in materia, infatti, è ancora piuttosto inadeguato e vetusto: ci si rifà ancora alla Legge Merlin, che risale ormai al 1958, la numero 75, e che non rende punibile l’attività svolta in un luogo pubblico. Gli unici strumenti a disposizione degli inquirenti sono dunque i lampeggianti e le identificazioni: praticamente soltanto la “dissuasione”.

E’ possibile intervenire soltanto nel momento in cui l’attività diviene molesta o dalla quale scaturiscano atti osceni in luogo pubblico. Anni addietro, Palazzo Carafa si era effettivamente dotato di un altro deterrente: un’ordinanza comunale, la numero 457 del 2007, su proposta del consigliere Roberto Martella, convertì in zona a traffico limitato il quadrilatero attorno alla stazione dei treni: un provvedimento tuttora valido a partire dalle 21 e fino alle 4 del mattino successivo. Questura e comando di polizia locale, dunque, possono soltanto contestare eventuali infrazioni al codice della strada. La prostituzione in sé non è un reato, questo è noto. Ma vi è una serie di distorsioni e conseguenze provocate da quell’attività: la gestione della vita di quelle donne finisce per essere monopolizzata da pericolosi gruppi criminali.  

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