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Cronaca

Simone e Sergio, sete di verità per le due tragedie

Sui casi del bancario e del giornalista, morti in Messico e in Francia, il ministro D'Alema risponde al difensore civico Urso: "Da noi massimo impegno". E intanto la famiglia Renda chiama "Le Iene"

Simone Renda, 34 anni, bancario, aveva una passione sfrenata per il Lecce. "Renda", il nome impresso sul retro della maglietta giallo-rossa, quella personale, che usava per le sgambate fra scapoli e ammogliati sui sintetici della periferia leccese. Il nome gliel'avevano stampato gli amici per fargli un regalo. Simone, uno di quei tifosi stoici che fanno l'abbonamento, in una città in cui la società ormai c'ha fatto il callo da anni a contare i sottoscrittori sulle dita. E chissà quante volte avrà sbraitato davanti ad una sconfitta o esultato a mani levate, rivedendo le immagini commentate da Sergio Vantaggiato.

Un giorno, Simone, è partito per il Messico, per una vacanza.

Sergio Vantaggiato, 41 anni, telecronista sportivo di TeleRama, sapeva nascondere con una professionalità non comune nel suo ambito, dove quasi sempre la faziosità scende in campo con la squadra di casa, il suo amore per i lupi. Sergio era il Cronista, quello con la maiuscola. E con un'erre moscia amata persino dagli ultrà, che quasi mai con il giornalismo sportivo hanno rapporti idilliaci. La cronaca non era il suo settore, lui volava con la mente sui campi di calcio di tutto il Salento, ma chissà quante volte, nelle stanze accanto, avrà sentito dai colleghi quel nome: "Simone, Simone, Simone Renda".

Poi un giorno, Sergio è partito in Francia, in ferie.

A pensarci, vengono i brividi. E' come se esistesse un filo invisibile che si tende oltre gli orizzonti conosciuti, al di là del tempo e nello spazio, legando le esistenze terrene anche quando il Grande Buio le ha già avvolte per sempre. Simone e Sergio erano della stessa città, ma non si conoscevano. Li univa il calcio. Il cronista sotto le telecamere, lo spettatore davanti al monitor. Quando entrambi hanno spento la tivù ed hanno staccato un po' con tutto, con il lavoro, con i soliti impegni, con la solita vita, persino con il pallone, la gioia di un viaggio s'è trasformata in una tragedia che li ha inghiottiti in scenari lontani, amplificando il dolore e lo smarrimento di chi è rimasto proprio per un crudele parallelismo di eventi, che quasi si sfiorano oltre gli spazi che dividono gli Oceani e al di fuori da ogni ordine temporale.

Parlare, parlare e ancora parlare. Di questi casi bisogna parlarne, sempre, fino alla nausea, fino a starne male. Perché quando un dramma si consuma fuori dalla giurisdizione nazionale, lo sconforto aumenta alimentato dal dubbio, e non solo i parenti, ma la comunità intera deve fare pressioni per raggiungere la verità. Perché è una verità che dobbiamo a loro, a Simone e a Sergio, e che servirà anche a noi che siamo qui a sentirci un minimo, almeno un minino, più protetti, in un mondo che nasconde trappole mortali a due passi da una spiaggia baciata dal sole, o sotto l'immagine così confortante di Topolino, a Disneyworld. Siamo tutti coinvolti, nei due processi. E sono di tutti noi quegli interrogativi che fanno perdere il sonno: e se le leggi in quei paesi non fossero troppo severe? e se in Messico stessero tentando di nascondere la verità? e se in Francia le indagini della brigata criminale andassero a rilento? La lontananza uccide due volte.

I famigliari di Simone Renda vorrebbero tirare in ballo "Le Iene". Hanno contattato proprio oggi gli ideatori del format di Italia 1 per illustrare il caso e tentare di portarlo alla ribalta sotto una luce nuova. Si attende la risposta. Certo è che se una famiglia chiede l'intervento di quelle forme di giornalismo più d'assalto e politicamente scorrette dei nostri tempi (probabilmente fra i casi sempre più rari di vero giornalismo, ma questa è una considerazione di chi scrive), significa che qualcosa non sta funzionando, che un minimo di fondatezza, quelle paure, ce l'avranno. Anche per questo, il difensore civico della provincia, Giacinto Urso, ha scritto direttamente al ministro degli Esteri Massimo D'Alema, il 20 agosto scorso. Il quale ha fatto pervenire la sua risposta il 2 ottobre. C'è esigenza di sapere come si sta muovendo lo Stato.

"Desidero assicurarle che sia il caso del signor Renda che quello del signor Vantaggiato continuano ad essere seguiti con la massima attenzione rispettivamente dall'Ambasciata a Città del Messico e dal Consolato Generale a Parigi in stretto raccordo con questo Ministero", scrive D'Alema. "Quanto ai seguiti giudiziari relativi al decesso del signor Renda, ha avuto inizio nelle scorse settimane il processo di primo grado nei confronti dei presunti responsabili della morte del nostro connazionale, ai quali sono contestati i reati di omicidio colposo e abuso di potere. Detto processo è seguito da vicino dalla Rappresentanza a Città del Messico, che nei giorni scorsi in costante contatto con i familiari del signor Renda e con i loro legali di fiducia, non ha mancato di svolgere con fermezza passi presso le competenti autorità messicane affinché sull'accaduto sia fatta quanto prima piena luce e i colpevoli ricevano la giusta punizione".

"Per quel che riguarda, invece, la triste vicenda del signor Vantaggiato - spiega ancora D'Alema - il Consolato Generale a Parigi, oltre a fornire ogni possibile assistenza ai congiunti del predetto in occasione del rimpatrio della salma, ha provveduto a sollecitare le autorità francesi affinché si giunga quanto prima alla conclusione delle indagini istruite al fine di chiarire le circostanze della morte del connazionale. A quanto da ultimo appreso dal citato Consolato Generale, sono attualmente in corso le analisi sul portafogli del signor Vantaggiato nella speranza di individuare tracce che possano ricondurre all'autore della rapina di cui il predetto è rimasto vittima. Alcuni investigatori francesi, inoltre, si recheranno in Germania allo scopo di interrogare un presunto testimone dell'evento".

Si tratta di parole che non aggiungono nulla di nuovo, rispetto ai fatti già noti, ma che il ministro ha voluto evidentemente esprimere per confortare chi in questi mesi si è posto quegli interrogativi. "Per parte mia - aggiunge infatti il ministro, rivolgendosi direttamente ad Urso - non posso che ribadirle l'impegno di questo Ministero e delle summenzionate Rappresentanze a fare tutto il possibile, nei limiti delle rispettive competenza, affinché […] sia fatta giustizia in tempi ragionevoli". Ed è proprio quello che chiede una comunità della periferia alle sue autorità: supporto e pressioni, pressioni continue, perché il nome dei colpevoli e la verità emergano in tempi ragionevoli.

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Simone Renda, bancario, è morto il 3 marzo scorso in una cella della regione di Quintana Roo, in Messico, in circostanze a dir poco anomale. I motivi stessi che hanno condotto al suo arresto, proprio il giorno della partenza da Playa del Carmen, nota località turistica, non sono mai stati del tutto chiari. LeccePrima ha trattato il caso con numerosi articoli, che riproponiamo di leggere (è sufficiente scrivere Simone Renda nel form "Cerca nel sito" e cliccare su "Go" per ritrovarli tutti; in ogni caso, l'intera vicenda è stata riassunta in un corposo dossier che abbiamo pubblicato il 18 giugno scorso: https://www.lecceprima.it/articolo.asp?articolo=2221).

La scomparsa di Sergio Vantaggiato, avvenuta nei pressi della stazione della metropolitana di Parigi, è di gran lunga più recente. Risale infatti alla notte fra il 14 ed il 15 agosto scorsi. Il giornalista televisivo è morto inseguendo uno scippatore, che lo ha spinto sulle scale, facendolo urtare violentemente con la base del cranio per terra. Gli articoli più significativi sulla cronaca del caso: https://www.lecceprima.it/articolo.asp?articolo=3168, https://www.lecceprima.it/articolo.asp?articolo=3192 e https://www.lecceprima.it/articolo.asp?articolo=3581.

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