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Cronaca

Strage di Brindisi, al via il processo d'appello. I giudici ribadiscono: no alla perizia psichiatrica

Non sarà sottoposto ad alcuna perizia per stabilire la capacità di intendere e di volere Giovanni Vantaggiato, 70enne di Copertino, condannato all'ergastolo per l'attentato avvenuto a Brindisi il 19 maggio 2012, dinanzi alla scuola Morvillo Falcone, in cui perse la vita Melissa Bassi e rimasero ferite altre nove persone

LECCE – Non sarà sottoposto ad alcuna perizia psichiatrica Giovanni Vantaggiato, 70enne di Copertino, condannato all'ergastolo per l'attentato avvenuto a Brindisi il 19 maggio 2012, dinanzi alla scuola Morvillo Falcone. Un attentato in cui perse la vita la studentessa sedicenne Melissa Bassi e rimasero ferite altre nove persone. Si è aperto così, con il rigetto della richiesta della difesa da parte dei giudici della Corte d’Assise d’appello di Lecce (presidente Rodolfo Boselli), il processo per la strage di Brindisi. Un processo su cui pendeva il rischio di rinvio per l’astensione proclamata dagli avvocati salentini. E’ stato lo stesso Vantaggiato, presente oggi nell’aula bunker di Borgo San Nicola, a chiedere (nel pieno dei suoi diritti poiché detenuto) che fosse celebrato. In aula erano presenti anche i genitori di Melissa,  Rita e Massimo Bassi, che hanno accolto positivamente il rigetto della perizia.

La stessa accusa, rappresentata dal procuratore generale Antonio Maruccia, ha chiesto il rigetto della richiesta di perizia psichiatrica formulata nell'atto d'appello dal difensore Franco Orlando, per accertare la capacità di intendere e volere al momento della strage, e quindi l'imputabilità di Vantaggiato. Il pg ha parlato di un attentato “lucidamente pensato e realizzato”, definendolo “il fatto più grave della storia criminale salentina”.

vantaggiato-2-19Il 19 maggio del 2012 era un mattino dolce di primavera, di quelli in cui la vita ti sembra ricca di promesse e sogni facili da realizzare. Soprattutto a 16 anni, un’età in cui l’esistenza ti sembra una lunga storia tutta da raccontare. In pochi istanti, però, la storia di Melissa Bassi, 16enne di Mesagne, fu travolta da una tremenda esplosione mentre si apprestava a varcare l’ingresso dell’istituto professionale “Morvillo Falcone” di Brindisi. Erano le 7.42 di un giorno come tanti. In quell’attentato la vita di Melissa fu spezzata per sempre e quelle di altre nove persone furono segnate indelebilmente. Quell’esplosione, quei corpi dilaniati, gli zaini e i quaderni bruciati e strappati, le lacrime, il dolore, e quelle immagini di un uomo che con un semplice telecomando cancella il futuro e spezza la giovane vita di una sedicenne piena di sogni e speranze, hanno portato la paura nelle case e nelle menti della gente.

Chi pensava, secondo la più illuministica delle concezioni, che immaginare fosse peggio che vedere, si sbagliava. Quei fotogrammi scatenarono una ridda di emozioni e angosce nei cuori e nei pensieri di ognuno. Tra la voglia di giustizia e quella di vendetta, le due facce della medaglia di chi è stato ferito nel profondo e ha perso qualcosa per sempre, le indagini proseguirono serrate e incessanti. Nella città dove un tempo finiva la via Appia e si apriva la via per l’Oriente, giunsero i migliori investigatori per identificare il responsabile, ma anche i possibili complici della strage.

Per quella strage (aggravata dalle finalità terroristiche) il 18 giugno scorso fu condannato Giovanni Vantaggiato, ormai 70enne, imprenditore del ramo dei carburanti di Copertino. Ergastolo con isolamento diurno per diciotto mesi il verdetto della Corte d’assise di Brindisi. Oggi è iniziato un processo d’appello atteso che potrebbe forse svelare alcuni dei misteri che neanche il verdetto di primo grado ha sciolto. In primis quale ruolo svolse Giuseppina Marchello, la moglie di Vantaggiato, nell’attentato. La donna non è mai stata sottoposta a indagine penale. Il favoreggiamento non si può contestare a un congiunto stretto, e non sono mai state trovate prove per accertare il concorso, neanche per altre persone vicine alla famiglia. Nelle motivazioni della sentenza i giudici riconobbero alla donna “un ruolo quantomeno ambiguo nell'intera vicenda”.

foto (70)-2-8“Con riferimento all'eventuale assistenza o aiuto fornito da complici – si legge ancor anella sentenza – mentre in sede dibattimentale l'imputato ha ripetutamente affermato di avere agito da solo, nel primo interrogatorio del pubblico ministero, ha spesso utilizzato il plurale”. “Se è certo che Vantaggiato abbia agito da solo sia nella fase di collocazione dell'esplosivo che in quella di attivazione dell'innesco, non può escludersi in modo altrettanto certo che, alla luce delle iniziali affermazioni rese dello stesso agli inquirenti e di quanto detto con riferimento a Giuseppina Marchello, qualche complice sia intervenuto nelle fasi precedenti (reperimento contenitori, trasporto delle bombole)”.

Nella storia tragica di Melissa fatti, personaggi e circostanze si incrociano come nella più classica delle tragedie greche, ricordando che il male esiste e spesso ci siede accanto. Un male cui si è contrapposto il volto di due uomini, quello del procuratore Cataldo Motta, una vita spesa a combattere la mafia e la Scu, a incarnare il bene capace di sconfiggere l’illegalità, e di uno dei suoi più stretti e fidati collaboratori, Guglielmo Cataldi. A loro, al termine di una querelle tra le Procure di Brindisi e Lecce, era stata affidata una delle indagini forse più complesse della loro carriera da magistrati. Indagini condotte con efficacia e velocità, riservatezza e scrupolo. Un attentato che ha superato anche gli anni più bui della lotta Sacra corona. Questa volta sarà un altro magistrato di grande esperienza e indubbia capacità, il procuratore generale Antonio Maruccia, a sostenere l’accusa. Sarà probabilmente lui a impersonare la nemesi della giustizia in un processo che nessuno avrebbe mai voluto celebrare.

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