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Cronaca

"Studium 2000", a fine settembre il processo d'appello per Giovanni Semeraro

fissato a fine settembre il processo d'appello a Giovanni Semeraro, storico ex patron del Lecce calcio, condannato (a novembre del 2013) in primo grado a due anni e sei mesi di reclusione per il reato di "avvelenamento colposo della falda acquifera. L'imprenditore salentino è imputato nell'ambito del processo scaturito dall'inchiesta "Studium 2000"

LECCE – E’ fissato a fine settembre il processo d’appello a Giovanni Semeraro, storico ex patron del Lecce calcio, condannato (a novembre del 2013) in primo grado a due anni e sei mesi di reclusione per il reato di “avvelenamento colposo della falda acquifera sottostante il cantiere dell'Università del Salento e inadeguata attività di messa in sicurezza e caratterizzazione dei luoghi contaminati”. L’imprenditore salentino è imputato nell'ambito del processo scaturito dall'inchiesta “Studium 2000”, il complesso universitario alle porte di Lecce. A Semeraro era stata riconosciuta la sospensione della pena, condizionata alla bonifica e al ripristino dei luoghi e al risarcimento delle parti civili, elementi che saranno, con ogni probabilità, valutati nel processo d’appello. Nei confronti dei coniugi Fiorentino, assistiti dall'avvocato Giuseppe Bonsegna, era stata riconosciuta una provvisionale di 100mila euro, 35milo per l’Università, 15mila per la Regione, 5mila per il Codacons e Legambiente. La sentenza era stata emessa dal giudice Silvia Minerva.

L’area è risultata contaminata da idrocarburi pesanti il cui tenore supera i limiti previsti dalla normativa vigente. L’ipotesi è che la causa della contaminazione del suolo sia in qualche modo collegata al fatto che il terreno è adiacente all’ex deposito di carburanti Apisem, già dismesso nel 1997, di proprietà della “RG Semeraro”, sito in corrispondenza tra la via Vecchia Surbo e via Taranto, alla periferia nord del capoluogo salentino. A questo processo era stato unito anche un altro, per le stesse ipotesi di reato, nato dalle denunce presentate dai proprietari di un’abitazione adiacente all’ex deposito, i coniugi Fiorentino, che da anni convivono con gli odori nauseabondi provenienti dalla zona circostante e l’inquinamento dei pozzi.

A dare avvio alle indagini, nell'ottobre del 2010, era stato l’esposto presentato da alcuni residenti della zona che lamentavano la presenza di odori nauseabondi provenienti proprio dal cantiere dell'Università. Nel cantiere, che ha un valore commerciale di circa sei milioni di euro, stanno nascendo corpi di fabbrica destinati a biblioteche, aule, centro servizi e museo archeologico dell’Università, con fondi Cipe del 2004. Un piccolo gioiello architettonico che dovrebbe rappresentare il fiore all’occhiello dell’Università del Salento.

I consulenti nominati dalla Procura, il chimico Mauro Sanna e il geologo Bruno Grego, che nella loro relazione hanno avvalorato l'ipotesi che la causa della contaminazione del suolo sia da attribuire all'ex deposito di carburanti. I consulenti ipotizzano, attraverso i riscontri delle analisi di 26 campionamenti eseguiti tra il cantiere, l'ex deposito e la Torre di Belloluogo, che la contaminazione si stia propagando alle aree circostanti, poiché le misure adottate dalla proprietà per la messa in sicurezza, “non sarebbero riuscite a rimuovere o isolare le fonti di contaminazione responsabili dell'inquinamento delle acque sotterranee". In particolare, come ha evidenziato il professor Sanna, in alcuni punti i valori di contaminazione sono di migliaia di volte superiori ai parametri consentiti. Un piano di messa in sicurezza e caratterizzazione che la proprietà, però, aveva concordato con la Provincia e la Regione. L’intero complesso è stato sottoposto a sequestro preventivo dai carabinieri del Noe di Lecce, e poi dissequestrato.

L’accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto Ennio Cillo, ha evidenziato come vi sia “una colpa cosciente con permanenza”. “Se si fosse intervenuti nel 1998 (subito dopo la dismissione del deposito) – ha spiegato il pubblico ministero nella sua requisitoria – non vi sarebbe stato inquinamento”.

Dopo la condanna puntuale era giunta la replica dell’imprenditore che, attraverso i suoi legali, aveva precisato che “il deposito carburanti, insistente su terreno della Rg Semeraro, è stato dismesso – come documentato dalle competenti autorità - nel lontano 1997, e da allora non è stato più possibile alcun tipo di sversamento di materiale inquinante nell'ambito della citata proprietà; pertanto, allo stato non vi è alcuna fonte di inquinamento riconducibile alla Rg Semeraro". "Le cause dello sversamento – secondo il giudizio dei consulenti della Procura, riportato nel capo di imputazione – sono riconducibili al cattivo funzionamento delle vasche in cemento che insistevano su quel terreno, e che sono state rimosse – proprio per questo motivo – nel 1980, quando Semeraro non era legale rappresentate della società e si occupava di tutt’altro”.

Riguardo alla bonifica dei luoghi i legali dell’imprenditore avevano sottolineato che “nel momento in cui la Rg Semeraro ha appresso dell’esistenza dell’inquinamento e soprattutto della sua entità, attraverso una perizia redatta nell’ambito di un giudizio civile, ha immediatamente intrapreso le operazioni necessarie di “messa in sicurezza” e “caratterizzazione”  – come previsto dalla legge –  conferendo all’uopo incarico ad una delle poche ditte specializzate, a livello nazionale, del settore; le attività di messa in  sicurezza (da non confondere con le opere di bonifica, che saranno intraprese solo in una seconda e definitiva fase sulla base delle indicazioni delle compenti autorità), iniziate nel 2008, sono state ritenute adeguate dal collegio dei periti – guidato dal professor Fracassi – nominato dal giudice per le indagini preliminari in sede di incidente probatorio, sempre nell’ambito del processo su indicato".

"L’attività di messa in sicurezza è stata ritenuta congrua anche dalla Regione Puglia e dalla Provincia di Lecce organi deputati al controllo, nonché da tutti i partecipanti alla conferenza dei servizi che segue le operazioni di messa in sicurezza. Al più vi possono essere stati dei ritardi, dovuti ad una serie di cause di ordine burocratico e tecnico, non riconducibili alla Rg Semeraro”.

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