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Cronaca

Terremoto Università. “La testa” di Laforgia per una nuova stagione

I referenti nazionali di Cgil, Uil, Snals, puntano i piedi contro una "gestione che ha arrecato un grave d'anno d'immagine e compromesso il patrimonio culturale della città". Protesta anche il personale precario dell'ateneo

LECCE - Gettare le basi per la costruzione di una nuova università del Salento: più che un aspirazione ideale, un’esigenza concreta che nasce dalle ceneri di un ateneo travolto dagli scandali dell’ amministrazione Laforgia. Oggi la prima assemblea sindacale, presso l’istituto Codacci Pisanelli, alla presenza dei segretari nazionali di Cgil, Uil, Snals, Domenico Pantaleo, Alberto Civica e Teresa Angiuli ha focalizzato il proprio sguardo sulla visione dell’università come “bene comune”: non di proprietà della governante amministrativa né dei sindacati, ma centro nevralgico della cultura e dell’economia di un territorio.

La premessa del dibattito è nei recenti accadimenti che si sono abbattuti sull’ateneo come una vera tempesta e che sono costati “la testa” del direttore generale Emilio Miccolis, finito al centro delle polemiche, mentre si indaga sul rettore Domenico Laforgia per presunto abuso d’ufficio e minacce. Chi ha tentato di incastrare l’ormai ex direttore Miccolis, registrando le sue conversazioni, “è meritevole di un “ringraziamento” spiega Alberto Civica della Uil, e non di una sanzione. I due sindacalisti sulla cresta dell’onda che,armati di registratore, hanno sollevato un polverone (Manfredi De Pascalis e Tiziano Margiotta), si sarebbero semplicemente “difesi”.

Dopo le continue denunce di una presunta cattiva gestione dell’ateneo che farebbe figli e figliastri, “in barba ai più elementari principi di democrazia”, spiega Civica, e le relative accuse piovute sui due sindacalisti ( “pazzi, visionari ed in malafede”)  i due hanno optato per una difesa pubblica: le registrazioni sono diventate quasi un patrimonio collettivo, costato una piena assunzione di responsabilità personale.

Dal mondo sindacale non poteva che giungere un’ondata di solidarietà trasversale. Ma se di “vittoria” si può parlare, c’è poco da festeggiare. Il danno d’immagine dell’ateneo, il clima irrespirabile di polemica e malessere, il fuoco incrociato sulla testa del rettore, conteso tra le richieste di dimissioni e gli attestati di stima “compromettono la credibilità dell’istituzione ed il lavoro di chi manda avanti, quotidianamente, l’università nel più assoluto precariato”, evidenzia la sindacalista Snals, Teresa Angiuli.

Le “logiche di potere” denunciate dai sindacati senza eccezioni, governerebbero l’ateneo in direzione contraria all’interesse generale. Ed il suo sfascio sarebbe emblematico dello scempio del settore pubblico italiano, aggiungono i sindacalisti, neppure circoscritto alla sola realtà di Lecce.

Civica della Uil non ha difficoltà a paragonare “il comportamento del rettore a quello del Re Sole che agiva elargendo concessioni” e anticipa la chiusura delle trattative sindacali fino a quando “non si sarà sgombrato il campo da queste ombre per ripristinare regole certe”. Ma anche il comunicato delle Rsu letto in apertura d’assemblea scorre liscio senza mezze parole: “Dopo le vicende legate all’amministrazione del precedente rettore Oronzo Limone, Laforgia si presentò come il nuovo che avanza. Una inevitabile svolta, fondando la sua campagna elettorale su un buco milionario inesistente e mettendo in piedi una macchina del fango i cui risultati si fanno sentire ancora oggi”. Tensioni e presunte spaccature nei sindacati, voci di dissenso prontamente zittite e un tessuto democratico che si sarebbe sgretolato: questi i mille rivoli dell’amministrazione Laforgia, dipinti dai sindacati. Con conseguenze gravissime, a loro dire: la perdita di alcuni settori d’eccellenza nell’università, calo di iscrizioni, dispersione del patrimonio intellettuale e una mediocre formazione culturale.

Da dove ripartire? “Innanzitutto dalle dimissioni di Laforgia per spazzare via ogni retaggio feudale – spiegano i sindacalisti - e dal ripristino della trasparenza in ogni atto dell’amministrazione, dai concorsi fino agli avanzamenti di carriera”. Senza dimenticare la piaga del precariato che attanaglia l’università.

Il personale con contratto a tempo determinato ammonta a più di 40 unità. Ventisei persone hanno i giorni contati fino alla scadenza del 15 dicembre e nessuna certezza di rinnovo. L’amministrazione, infatti, non avrebbe ancora provveduto ad individuare il fabbisogno di personale e la programmazione triennale. “L’ansia cresce nelle nostre famiglie, per lo più monoreddito perché non ci sono riscontri sulla possibilità di una stabilizzazione. E questo, nonostante i risultati tangibili che abbiamo raggiunto e le competenze specialistiche acquisite”, recita un comunicato dei lavoratori precari, letto durante l’assemblea, in cui si chiede la proroga dei contratti per non inficiare le procedure di stabilizzazione.  

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