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Cronaca

Terzapagina. L'Olocausto, la violenza dei lager e il dovere di ricordare

Si celebra la Giornata della Memoria, introdotta in Italia dal 2001, per commemorare le vittime del nazismo, gli ebrei e le minoranze vittime dei campi di concentramento e dell'odio razziale. Un passato che interpella il presente

LECCE - "A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno inconsapevolmente, che 'ogni straniero è nemico'. Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all'origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora al temine della catena, sta il lager".

Intatte, taglienti, prive della retorica che l'ombra del buonismo revisionista cerca di inquinare, le parole di Primo Levi, protagonista e superstite della tragedia più dolorosa della storia umana, acquistano nel tempo un valore profetico. Si celebra oggi la Giornata della Memoria, riconosciuta dalle Nazioni Unite ed introdotta in Italia dal 2001, dopo il voto parlamentare del luglio 2000: la data coincide con l’arrivo nel gennaio del ’45 delle truppe sovietiche nel campo di concentramento di Auschwitz, ma, in realtà, rammenta nella loro totalità le vittime del nazismo, il dramma delle leggi razziali del 1938, la deportazione nei lager degli ebrei e il loro sterminio, noto come “Shoah” o "Olocausto".

In tutto il Paese e, quindi, anche nel Salento, in queste ore, si moltiplicano i messaggi istituzionali e specifiche manifestazioni per ricordare quelle pagine di storia, che hanno rappresentato la discesa agli inferi dell'umanità, il racconto visibile del lato oscuro della civiltà, dove i simili si disconoscono, le diversità vengono annientate e prevale l'eccesso dell'individualismo più becero ed insensato.

Pesanti sono le cifre che segnano il bilancio della catastrofe, ma i numeri da soli non bastano a rappresentarne l'essenza tetra: nei campi di concentramento hanno trovano la morte oltre tre milioni di ebrei; altrettanti ne sono morti nei ghetti o uccisi a fucilate. A loro si aggiungono oltre tre milioni di slavi, un milione di oppositori politici, 500mila zingari rom, 9mila omosessuali, oltre 270mila disabili e malati di mente e circa 2mila testimoni di Geova.

Eppure c'è ancora chi si pone la domanda sul senso e sulla necessità del ricordo, paradosso di una società che spesso si nutre di personaggi da rotocalco elevati a discutibili miti e che rischia di smarrire l'essenziale: un Paese senza memoria è destinato a non avere futuro. Oltre a questo, c'è la consapevolezza che col lato oscuro dell'umanità si possa ancora fare i conti e che solo la conoscenza, seppur dolorosa, apre la mente per prevenire la reiterazione di tragedie così enormi.

Del resto, alla voce "tragedie reiterate" si ascrivono numerosi capitoli, da Hiroshima e Nagasaki ai gulag, dal genocidio degli armeni passando per le pulizie etniche nella ex Jugoslavia e in Ruanda, dai gas sui curdi di Saddam Hussein agli attentati alle Torri Gemelle, dalle bombe "intelligenti" sui civili alle stragi dei bambini nelle guerre diffuse alle persecuzioni religiose, da quella del Tibet a quelle nei confronti dei cristiani.

Chi ha conosciuto qualche sopravvissuto ha letto nella sua stessa fisicità il trauma di un'esperienza incomunicabile. Negli occhi e nel ricordo di giovane studente di liceo, restano impressi i due incontri personali avuti con Elisa Springer, testimone preziosa dell'Olocausto, venuta a mancare nel 2004: nel suo tormento interiore, nelle lacrime spesso condensate attorno agli occhi, nella voce rotta dall'emozione e dalla fatica di ripetere quel racconto, come un copione scostante, che si vorrebbe rimuovere, c'era la forza di chi sentiva il dovere quasi morale di perpetrare la memoria, perché solo facendo parte di sé, dei demoni privati e di quel dolore profondo, i propri destinatari occasionali potesse avere un valore persino quell'insensato accaduto.

Auschiwitz - Birkenau è esistito. Come è stato realtà quel mondo delirante, che ha segnato l'umanità. Ricordare è necessario, per evitare ogni deriva ideologica, di qualsiasi tipo. Per combattere l'idea folle che ogni straniero sia un nemico e che nella mente si annidi il "dogma violento e disumano" del lager.

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