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Cronaca

Corteo dopo derby e Lecce-Juve, rischiano il daspo 42 tifosi salentini

L'ipotesi di reato è quella di manifestazione non autorizzata. Riguarda anche il match del maggio 2011 in cui i giallorossi conquistarono la permanenza nella massima serie vincendo a Bari. Una gara assurta agli onori della cronaca giudiziaria per una presunta combine

LECCE – Manifestazione non autorizzata. E’ questa l’ipotesi di reato formulata nei confronti di quarantadue tifosi leccesi cui è stato notificato, nelle scorse, un verbale di identificazione di persona sottoposta a indagini. Un provvedimento che, tra l’altro, potrebbe portare all’emissione del Daspo. La nuova offensiva giudiziaria contro il tifo giallorosso, che sta suscitando non poche polemiche, trae origine dal lontano 2011.

E’ il 15 maggio quando al San Nicola di Bari va in scena uno dei derby più discussi del calcio nostrano, quella della presunta combine. In una calda domenica di maggio, tra Bari e Lecce, danno vita a un derby destinato a riempire più che le cronache sportive quelle giudiziarie. A far impazzire i supporter salentini, dopo una manciata di minuti nella ripresa, è il gol di Jeda. Una rete che fa sognare un intero territorio, che vede la salvezza ormai vicinissima. Ci pensano l'autogol di Andrea Masiello (dai contorni oscuri) e il gol di Pinilla (per il Palermo) a completare la festa del Lecce e di tutto il Salento.

I giallorossi, superiori in campo e anche sugli spalti, non si scompongono, fanno festa e intonano una pizzica in versione calcistica. La festa per la salvezza raggiunta nel derby (il sogno di ogni tifoso) prosegue per le vie del capoluogo salentino, dove un carosello spontaneo parte da Porta Napoli per raggiungere piazza Sant’Oronzo, cuore del capoluogo barocco. Un pomeriggio di festa in cui un’intera città scende in strada per festeggiare la permanenza nella massima serie calcistica (poi cancellata dalle sanzioni della giustizia sportiva).

Ora, in attesa che la giustizia compia tutti i suoi accertamenti e le indagini siano concluse, appare quanto mai singolare contestare per quei festeggiamenti la violazione dell’articolo 18 del Tulps (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza). Tale articolo (datato 1931, epoca fascista) prevede che “i promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al questore. E’ considerata pubblica anche una riunione, che, sebbene indetta in forma privata, tuttavia per il luogo in cui sarà tenuta, o per il numero delle persone che dovranno intervenirvi, o per lo scopo o l'oggetto di essa, ha carattere di riunione non privata. I contravventori sono puniti con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da 103 a 413 euro”.

Partendo dal principio, tutt’altro che dimostrato, che quella vissuta in quella domenica di maggio fu una manifestazione non autorizzata e non una festa popolare (l’esempio più calzante è quello di una vittoria della nazionale di calcio), il reato può essere contestato solo ai presunti promotori di quella specie di riunione “sediziosa”, ammesso che ve ne fossero.

DSC03496-2Il secondo episodio contestato è quello legato alla gara Lecce-Juve dell’8 gennaio 2012. In una fredda e uggiosa domenica invernale, i tifosi della curva Nord, per protestare contro la politica del “caro biglietti” messo in atto dalla società giallorossa in occasione dell’atteso match con la formazione allora capitanata da Del Piero (con i biglietti raddoppiati da 15 a 30 euro), decidono di disertare le gradinate. Una “protesta” dai toni pacifici che si mescola al tifo per la compagine giallorossa, beffata dal gol di Matri.

A dover di cronaca bisogna ricordare che la protesta era stata annunciata da un volantino a firma degli “Ultrà Lecce” e che alcuni tifosi avevano esposto uno striscione contro l’introduzione della tessera del tifoso.

A parte questo, però, l’ipotesi manifestazione non autorizzata contrasta con il diritto di riunione sancito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

L’avvocato Giuseppe Milli, legale di alcuni degli indagati, si dice “sorpreso e amareggiato per un’ulteriore doccia fredda nei confronti dei suoi assistiti”. Al tempo stesso di dice “pronto a dare battaglia nei modi e nei tempi previsti dalla legge e dinanzi agli organi competenti”.

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