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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Tre rapine, ma al terrore degli automobilisti riconosciute le attenuanti

Alta la provvisionale per una delle vittime, 20mila euro, ma condanna di cinque anni e mezzo, nonostante recidiva e l'uso di un fucile. Francesco Antonelli ha una tossicodipendenza di lungo corso e altri problemi

LECCE - Cinque anni e sei mesi, 2mila euro di multa, ma anche 20mila euro di provvisionale in favore di una delle vittime. L’ultima, la donna che ha riportato alcune ferite, cadendo, nel corso della rapina nella quale è stato incastrato. Quella nella quale, peraltro, ha anche usato un fucile a canne mozze, rispetto alle due precedenti.

Questa la condanna, in abbreviato, a carico di Francesco Antonelli, 40enne di Lecce, l’uomo che l’estate scorsa è diventato il terrore notturno degli automobilisti. Una provvisionale alta, per la vittima costituitasi parte civile, ma una condanna tutto sommato lieve, in generale, considerando i capi d’imputazione (due rapine consumate e una tentata, aggravate dal travisamento e dall’uso di un fucile a canne mozze, più porto abusivo di arma in luogo pubblico, resistenza a pubblico ufficiale e ricettazione) e la recidiva specifica infraquinquennale. Tanto che il pubblico ministero Roberta Licci aveva invocato sei anni e otto mesi.

Ma il giudice Stefano Sernia, nonostante tutto, ha riconosciuto equivalenti alle recidiva e alle aggravanti, le attenuanti generiche invocate dalla difesa, rappresentata dall’avvocato Carlo Martina. Per attenuanti, s’intende il particolare stato che da tempo vive Antonelli, in primis una tossicodipendenza di lungo corso e altre problematiche personali che ne discendono.

Nell’udienza precedente, il gup Sernia aveva rigettato la ricognizione di persona (il cosiddetto confronto all’americana), richiesta probatoria avanzata dall’avvocato Martina. Il tentativo era stato quello di sollevare Antonelli dalle responsabilità di almeno uno dei tre casi. La notte del 24 luglio, infatti, ovvero in occasione della prima rapina, la coppia alla quale l’uomo aveva sottratto una Bmw Serie 1, aveva spiegato che l’aggressore indossava un cappuccio. Con testa e parte del volto coperti, difficile sul momento fornire una descrizione particolareggiata.

Tuttavia, al proprietario dell’auto, una volta convocato in questura, gli investigatori della squadra mobile (nel frattempo già sulle tracce di Antonelli, proprio perché sospettato numero uno) avevano esibito una decina di immagini di soggetti. Fra loro, la vittima era stata in grado di riconoscere e indicare senza indugio il volto di Antonelli. Un’identificazione di qualche tempo successiva ai fatti, sufficiente per il gup per rigettare la richiesta di confronto. Nessun dubbio, dunque, che sia stato proprio il 40enne l’autore di quella, oltre che di altre due rapine.

L’episodio appena citato è avvenuto, come detto, a luglio. Scenario, il distributore Ip di via Merine. L’automobilista e la sua fidanzata si erano fermati a fare rifornimento all’erogatore automatico. All’improvviso, era spuntato dal nulla un soggetto che, solo intimidendoli, senza apparentemente esibire armi, era riuscito a portare via la Bmw.

L’esame delle riprese degli impianti di videosorveglianza della zona aveva permesso di accertare diversi aspetti: in primis le caratteristiche somatiche del rapinatore e il fatto che fosse giunto sul luogo a piedi e munito di un trolley dove aveva in seguito riposto la felpa con cappuccio. Elementi per i quali la squadra mobile aveva intuito che il rapinatore abitasse in quella zona. Altre riprese, acquisite presso un esercizio commerciale vicino, avevano permesso di individuare anche i tratti somatici precisi, qualche attimo prima che l’uomo si coprisse il volto.

Proprio mentre erano in corso gli accertamenti, però, ecco, il 6 agosto un altro caso. Quel giorno un uomo aveva chiamato il 113, spiegando di essere appena fuggito da quello che gli era parso un tentativo di aggressione. Mentre era a bordo della sua autovettura, fermo al semaforo rosso dell’incrocio tra viale Rossini con viale Torre del Parco, in direzione di viale Alfieri, si era avvicinato un soggetto longilineo, alto circa 1 metro e 80, vestito di scuro, con il capo coperto da un berretto e dal cappuccio di una felpa.

Lo sconosciuto gli aveva chiesto un accendino, ma l’automobilista si era anche accorto che, con una mano, stringeva un coltello da cucina con il manico di colore verde. Avendo notato il dettaglio, era così riuscito a scappare prima che l’aggressore riuscisse ad aprire la portiera.

Una pattuglia delle volanti era riuscita anche a fermare il sospettato. Era ancora nelle vicinanze, in via Malta. Aveva percorso poche centinaia di metri a piedi. Alla vista della polizia, si era disfatto del coltello, poi recuperato. Ma non si era potuti andare oltre, rispetto a una denuncia a piede ibero per il solo porto abusivo dell’arma bianca, perché nel frattempo proprio l’automobilista che aveva telefonato era fuggito.

Le caratteristiche somatiche, peraltro, secondo gli investigatori, coincidevano con quelle dell’autore della rapina del 24 luglio. Una perquisizione in casa aveva permesso di sequestrare alcuni capi di abbigliamento simili a quelli indossati nel corso del primo assalto e un trolley delle stesse caratteristiche di quelle individuate nel corso dell’esame delle riprese video. Da sottolineare che, come intuito, l’uomo ormai identificato per Antonelli, non abitava molto lontano né dal teatro della rapina consumata, né di quello della minaccia con coltello denunciata dall’ignoto automobilista.

L’8 agosto, poi, una nuova svolta. Si era presentato presso la squadra mobile un uomo. Questi aveva letto proprio su LeccePrima  una notizia che evidentemente lo riguardava da vicino: la polizia aveva identificato l’individuo che la notte del 6 agosto aveva minacciato con coltello un automobilista in transito. Aveva quindi riferito quanto accadutogli.

99788-2-2-2Mezz’ora prima dell’episodio che aveva visto l’intervento delle volanti, fermo al semaforo all’incrocio tra viale Rossini e via Merine, aveva visto arrivare a piedi, di fronte al lui, una persona vestita con una felpa e il capo coperto dal cappuccio e da un cappellino la quale, giunta a pochi metri, aveva estratto qualcosa dalla tasca. Gli era sembrato un coltello. Spaventato dall’arma e dall’atteggiamento, era fuggito passando con il rosso. Dall’individuazione fotografica si era così arrivati ancora una volta ad Antonelli.

Visti tutti i casi, le prove e le dichiarazioni raccolte, il pm Roberta Licci aveva richiesto la custodia in carcere. Ma prima ancora che fosse eseguita, gli agenti l’avevano fermato in flagranza. Il 14 settembre, e quella volta armato di fucile a canne mozze, Antonelli si era piazzato presso la Total Erg di via Merine, riuscendo a portare via borsa e auto, una Y10, a una malcapitata, ferita pure con un colpo inferto con il calcio dell’arma. Questo, secondo le ricostruzioni degli inquirenti. Antonelli, nel processo, ha spiegato di non aver avuto intenzione di ferirla, di essersi divincolato di fronte a una reazione della vittima, lesta ad agguantare il fucile, tanto che era anche partito un colpo. Dieci giorni la prognosi per abrasione al gomito sinistro e una contusione alle labbra.  

Soccorsa da alcuni passanti, la donna aveva avvisato il 113 e, grazie alle descrizioni fornite, gli agenti erano riusciti a individuare la via di fuga. Antonelli, per non farsi catturare, aveva anche esploso un colpo di fucile verso i poliziotti, prima di perderlo o forse sbarazzarsene volutamente. Alla fine, era stato rintracciato e arrestato.

Come detto, Antonelli è anche recidivo. Nel 2012, infatti, si era già reso responsabile di un caso molto simile, conclusosi, cioè, con la cattura, dopo aver sparato colpi d’arma da fuoco contro la polizia. In ogni circostanza, durante gli interrogatori di garanzia, ha sempre spiegato, nel passato come nel presente, di ricordare poco o niente e di aver agito sempre sotto l’influenza di sostanze stupefacenti. Un vero e proprio demone che gli ha cambiato la vita in modo radicale, tanto che non ha più un’occupazione da almeno quattro anni.

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