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Cronaca

Partito all'alba l'espianto degli ulivi nel cantiere Tap, appello di quindici sindaci

Sono 211 le piante sane da trasferire nell'area di stoccaggio. Ma il primo cittadino di Melendugno, insieme ad altri colleghi, si rivolge a prefetto e magistratura per chiedere il rispetto delle regole

LECCE - Sono iniziate all'alba di oggi e sono in corso ancora in queste ore le operazioni di espianto dei 211 ulivi nell'area del cantiere per il pozzo di spinta del micro tunnel del gasdotto Tap, a ridosso della strada che collega Melendugno a San Foca, non lontano dall'abitato della marina.

Solo i proprietari dei terreni limitrofi possono accedere ai loro fondi perché l'accesso è stato interdetto per consentire il transito dei mezzi pesanti. Intanto i sindaci di quindici comuni hanno sottoscritto un appello rivolto al prefetto, alla magistratura e alla stessa Tap "per il rispetto della legge e delle regole e al buon senso e al principio di cautela affinché venga fermato questo possibile grave danno per l'ambiente e per il paesaggio salentino".

Si tratta dei primi cittadini di Melendugno, Vernole, Calimera, Castri di Lecce, Caprarica, Martano, Carpignano Salentino, Zollino, Cannole, Bagnolo, Cursi, Palmariggi, Ortelle, Poggiardo e Tricase. Nella missiva si fa riferimento a una serie di fattori che renderebbero fragile il quadro autorizzativo e la stessa fattibilità tecnica del progetto, secondo quanto sottolineato più volte da Marco Potì, sindaco di Melendugno, nei giorni scorsi. 

La richiesta è quella di sospendere immediatamente l'espianto, anche perché  il progetto del micro tunnel è ancora soggetto alla verifica di assoggettabilità a Via. Ma Tap, da parte sua, lotta contro il tempo: per spostare gli ulivi c'è tempo solo fino al 30 aprile dopo di che la legge regionale impone uno stop fino al 1 novembre per garantire il ciclo vegetativo. E dopo due ore di lavori erano stati espiantati già una ventina di alberi.

I mezzi pesanti in movimento

Dubbi ci sono pure rispetto all'area di stoccaggio degli alberti espiantati, che si trova a circa otto chilimetri di distanza, "dove non è ancora stata realizzata nessuna struttura di protezione né ci sono le dovute garanzie per la sopravvivenza, per chissà quanto tempo di questi alberi".

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