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Cronaca

Violenze ultras dopo Lecce-Carpi, la Procura chiede trent'anni per nove imputati

Si tratta, in particolare, degli imputati che hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato dinanzi al gup Antonia Martalò. Stralciata momentaneamente, per un difetto di notifica, la posizione del palermitano. Nel caso di Andrea Bufano l'avvocato Milli è certo della sua estraneità

LECCE – La Procura presenta il conto per i tifosi giallorossi coinvolti nell’inchiesta sugli incidenti e le violenze avvenuti all’interno e all’esterno dello stadio “Via del Mare” al termine dell’incontro del 16 giugno scorso contro il Carpi, che decretò la mancata promozione in serie B dei salentini. L’inchiesta è coordinata dal sostituto procuratore Massimiliano Carducci, mentre le indagini, che hanno portato all’identificazioni dei tifosi e a numerosi arresti, sono state condotte dagli agenti della Digos di Lecce, guidata dal dirigente Raffaele Attanasi.

Si tratta, in particolare, degli imputati che hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato dinanzi al gup Antonia Martalò. Tre anni e 10 mesi la richiesta della pubblica accusa per Christian Capoccia, 30enne leccese; 3 anni e sei mesi per Francesco Cannoletta, 26enne di Cavallino; 3 anni e sei mesi per Gabriele Greco, 27enne, leccese; e Renato Orlando, 42enne di Morciano di Leuca; 4 anni e due mesi per Andrea Bufano, 36enne originario di Maglie; 4 anni e due mesi per Riccardo Tondo, 30enne di San Cesario di Lecce; 4 anni per Massimiliano Stefanizzi, 34enne nato e residente a Firenze e un anno per Fabio Campa, 31enne di Scorrano; e 4 anni per Simone Giannini, 28enne di Lecce.

Stralciata momentaneamente, per un difetto di notifica, la posizione di Antonino Raccardi, 23enne di Palermo, accusato, oltre che di atti di violenza all’interno dello stadio dopo l’invasione, anche del danneggiamento e dell’incendio che ha distrutto la jeep della polizia parcheggiata dietro la Tribuna centrale. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 5 giugno.

Nel corso dell’udienza l’avvocato Giuseppe Milli ha depositato un’articolata e complessa memoria relativa alla posizione di Bufano, in cui ha analizzato, anche da un punto di vista sociologico e culturale, i fatti di quella domenica di quasi un anno fa. Sotto il punto di vista tecnico il penalista leccese ha smontato la tesi accusatoria, evidenziando come si possa contestare la semplice invasione di campo e non il reato più grave previsto nei casi in cui “dal fatto deriva un ritardo rilevante dell'inizio, l’interruzione o la sospensione definitiva della competizione calcistica (in cui la pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni)”.

L’invasione, ha sottolineato l’avvocato Milli, avviene a gara oramai definitivamente conclusa. Riguardo all’altro capo d’imputazione, la resistenza a pubblico ufficiale, nella memoria si evidenzia come in un video dell’emittente televisiva Raisport, attraverso l’attenta analisi dei fotogrammi, emerga l’assoluta estraneità del 36enne ai fatti così come contestati nelle informative della Digos Questura di Lecce, che avrebbero individuato nell’indagato colui che poneva atti di resistenza nei confronti degli stewards. Bufano, infatti, si sarebbe limitato a rivolgere il proprio malcontento verso i tifosi del Lecce, facendosi accompagnare poi fuori dal campo dagli steward, cercando di far desistere altri tifosi dai propositi di invader il campo.

Nel corso degli interrogatori i tifosi collaborarono, fornendo la propria versione dei fatti e, in alcuni casi, una parziale ammissione di colpa. In particolare, Capoccia e Fiorentino, assistiti dall’avvocato Giuseppe Milli, hanno chiesto scusa al giudice Gallo, in qualità di rappresentante dello Stato e delle istituzioni, per il loro comportamento violento e per gli atti compiuti in quella domenica di straordinaria follia. Scuse rivolte, per proprietà transitiva, all’intera cittadinanza.

I disordini fuori dallo stadio

Quasi tutti i tifosi hanno sottolineato che il loro operato non è stato assolutamente premeditato, evidenziando di aver agito in modo inconsueto e spontaneo, trascinati dagli avvenimenti e dalla delusione di una promozione sfumata sul più bello. Una circostanza che, come loro stessi hanno rilevato, non giustifica le loro azioni per cui si sono detti pronti ad assumersi le proprie responsabilità. A dimostrazione della mancata premeditazione e dell’esistenza di un progetto studiato a tavolino, il fatto che quasi tutti i supporters abbiano agito a viso scoperto, incuranti delle videocamere di sicurezza, delle forze dell’ordine e dei media.

Gli imputati rispondono, a vario titolo, di resistenza aggravata a pubblico ufficiale, danneggiamento e violazione dell’articolo 6 quater della legge speciale 401 del 1989 (violenza o minaccia nei confronti degli addetti ai controlli dei luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive). In un caso, quello del giovane tifoso palermitano, è stata contestata anche la violenza privata e l’incendio.

Gli investigatori sono convinti che vi sia un nesso di causalità tra gli incidenti del 16 maggio e quanto avvenuto il giorno prima all’interno di un noto ristorante cittadino quando, un gruppo di ultras, rivolse a calciatori e dirigenti minacce molto esplicite che si sarebbero tramutate in conseguenze reali nel caso in cui la squadra avesse mancato l’obiettivo promozione.

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