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Boom dei lavoratori occasionali in Puglia. Ricorso massiccio ai voucher

Confartigianato imprese Puglia rende noto che già nei primo semestre 2014 sono stati venduti oltre un milione di tagliandi. Il vantaggio è duplice per lavoratori ed imprese perché evita il sommerso, ma il dato dimostra la difficoltà di trovare un’occupazione stabile

BARI– Aumenta esponenzialmente, in tempi di crisi, il ricorso delle imprese a forme di lavoro non standardizzate. Si parla, nello specifico, del lavoro accessorio: una forma di prestazione occasionale che serve a dare una risposta alle richieste del datore di lavoro in caso di esigenze professionali e produttive di carattere saltuario. Questo tipo di rapporto viene consentito in presenza di una serie di limiti retributivi e viene remunerato tramite degli appositi voucher: buoni cartacei di un valore determinato dal ministero del Lavoro.

Il ricorso al lavoro accessorio ha conosciuto un vero boom anche in Puglia: il Centro studi di Confartigianato imprese Puglia ha elaborato i dati Inps, infatti, rilevando come nel primo semestre di quest’anno siano stati venduti  oltre un milione di voucher in tutta la regione. Pari al quattro per cento del totale nazionale. Peraltro il dato, rapportato ai periodi precedenti, appare in costante crescita.

Se nel 2008 sono stati distribuiti appena 2mila e 500 tagliandi, nel 2013 la vendita ha superato il milione e 300 mila e l’anno in corso, secondo le previsioni, si chiuderà con una cifra che surclasserà abbondantemente tutti i periodi precedenti: basti pensare che il primo semestre 2014 vale, da solo, di più della somma degli anni che vanno dal 2008 al 2012. Contestualmente è aumentato anche il numero dei lavoratori coinvolti che nel 2008 erano una piccola porzione, pari a 289; cinque anni più tardi hanno raggiunto le 35 mila e 680 unità.

I buoni lavoro, come si diceva, servono per retribuire le prestazioni al di fuori di un normale contratto di lavoro, ed è utile sottolinearne anche i vantaggi: innanzitutto  il compenso è esente da ogni imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato; quindi è cumulabile con i trattamenti pensionistici ed è riconosciuto ai fini pensionistici. Attraverso i voucher è garantita la copertura previdenziale presso l’Inps e quella assicurativa presso l’Inail, nei limiti di 5mila euro nette per prestatore oppure, nel caso di prestatori che percepiscono misure di sostegno al reddito, di 3 mila euro nette, complessive nell’anno solare.

I buoni lavoro hanno un valore di dieci euro ciascuno, che comprende la contribuzione in favore della gestione separata dell’Inps (13 per cento), l’assicurazione all’Inail (7 per cento) e un compenso all’Inps per la gestione del servizio. Il valore netto a favore del prestatore è di 7,50 euro. Il voucher da dieci euro corrisponde al compenso minimo di un’ora di prestazione. Non dà diritto, però, alle prestazioni di malattia, maternità, disoccupazione ed assegni familiari. Possono utilizzarli le famiglie, le aziende, le imprese familiari, gli imprenditori, gli altri soggetti non imprenditori, gli enti senza fini di lucro e i committenti pubblici.

Il vantaggio per il committente è indubbio, perché può beneficiare di prestazioni nella completa legalità, con copertura assicurativa Inail in caso di eventuali incidenti sul lavoro, e senza dover stipulare alcun tipo di contratto.

“Quest’incremento si presta ad una doppia lettura – commenta Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato imprese Puglia –. I voucher rappresentano uno strumento di regolarizzazione di nicchie di lavoro discontinuo e saltuario, per questo fortemente esposto al rischio del sommerso. Il ricorso a questo sistema di pagamento assicura, invece, la genuinità del rapporto ed il rispetto degli obblighi di legge. D’altro canto però questi dati evidenziano la sempre maggiore difficoltà, da parte dei lavoratori, di trovare un’occupazione stabile. Il mercato del lavoro ha necessità di una forte scossa ed un’inversione della tendenza può arrivare solo mettendo le imprese nelle condizioni di effettuare piani di più lungo periodo, di pagare meno tasse sulla produzione e sul lavoro, di effettuare maggiori investimenti. Gli espedienti legislativi aiutano, ma sono le imprese e non gli strumenti contrattuali a creare occupazione”.

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