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Economia

Brexit senza negoziato: il vento dell’incertezza soffia sulle imprese salentine

La Gran Bretagna nel 2018 ha garantito alla Puglia un gran volume di visitatori. Oltre all'impatto sul turismo, il nodo dei brevetti e le conseguenze sul processo di internazionalizzazione delle aziende leccesi

LECCE - L’anello debole della catena che rischia di spezzarsi con la Brexit appare, per le imprese salentine, più quello legato alle strategie di sviluppo futuro che quello ancorato alle quote di mercato attuali, generalmente marginali.

Se l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea è un dato di fatto da una settimana, saranno i negoziati tra le due parti a determinare la reale intensità delle conseguenze alle nostre latitudini. Si parte dai dati: nel 2018 la provincia di Lecce (fonte Osservatorio economico di Davide Stasi su dati Istat) ha esportato verso il Regno Unito cinque volte di più di quanto ha importato in beni e servizi: 26milioni 583mila euro contro 5milioni 369mila euro.

Negro: “Prevalga il buonsenso nel negoziato”

In attesa degli sviluppi ufficiali, le aziende che hanno relazioni di import-export con il Regno Unito sono, ovviamente, molto vigili e, intanto, il presidente di Confindustria Lecce, Giancarlo Negro, avverte: “Abbiamo perso una fetta di mercato comune, ma è prematuro agitare allarmi. Io mi auguro che prevalga il buonsenso, perché a perdere potrebbero essere entrambe le parti”.

I timori, infatti, sono concentrati su un orizzonte di medio periodo più che sulla breve distanza. Per il momento, del resto, non ci sono parametri oggettivi degli effetti della scelta che Boris Johnson ha trasformato da un possibile boomerang politico in colonna portante del suo mandato.

Certo, le imprese con interessi Oltremanica iniziano a misurarsi con le prime ripercussioni operative, comprendendo che l’espressione “libera circolazione delle merci” può improvvisamente perdere tutto il suo significato. È dunque più che lecito attendersi un impatto sulle esportazioni verso la Gran Bretagna: “Ci si prepara per anni ad aggredire un nuovo mercato e in un certo senso anche Londra lo è, al pari del Nord Europa: ora ci troviamo davanti a uno stravolgimento che avrà delle conseguenze anche in una logica di filiera e di aggregati”, spiega il responsabile di Confindustria.

Dalla Gb servizi e innovazione

Negro, tuttavia, sottolinea un aspetto che rischia di passare in secondo piano: “Noi compriamo servizi per migliorare il nostro tasso di competitività e quindi un possibile calo delle importazioni dalla Gran Bretagna può avere anche un impatto negativo sulle reti per il rafforzamento del nostro sistema economico”.

C’è un dato che sembra convergere su questo scenario paventato da Negro: nel terzo trimestre del 2019 il “sistema Salento” ha importato beni e servizi da Londra per quasi sette milioni di euro, praticamente il doppio dello stesso periodo dell’anno precedente.

Il nodo brevetti: agire in fretta

Roberto Marti, di Isopharma Cosmetics (e presidente di Piccola Industria), pone sul tavolo un’altra enorme questione, per la quale sono al lavoro già consulenti di diritto e commercio internazionale. La Brexit, infatti, ha ripercussioni dirette sul regime dei brevetti e sulla validità delle certificazioni comunitarie. Anche su questo aspetto, l’incertezza dovuta a un negoziato ancora da sviluppare lascia la porta aperta agli scenari meno vantaggiosi per i paesi dell’Ue.

L’opinione prevalente è che, allo stato dei fatti, per avere sul piano commerciale continuità nella protezione di un marchio si debba ricorrere al sistema del brevetto nazionale, impiegando dunque risorse e tempo per adempiere alle relative procedure. Il rischio, infatti, è quello di un’aggressione da parte di operatori del mercato domestico nei confronti di tutti quegli operatori che, finora, sono stati garantiti dalla tutela unica in ambito comunitario.

Turismo: l’incognita del visto e dell’assistenza sanitaria

Chari segnali di preoccupazione vengono dal settore dell’incoming-outgoing ,come spiega Giovanni Serafino, di Serafino Viaggi: “L’uscita della Gran Bretagna ci allarma non poco, sebbene adesso sia ancora presto per parlare di effetti reali che però ci attendiamo già dai prossimi mesi. È vero, infatti, che i viaggiatori italiani potranno continuare a usare la carta d’identità, ma esiste l’ipotesi di un visto speciale, simile a quello che si utilizza per gli Stati Uniti, l’Esta, da richiedere tre giorni prima della partenza. Questo scenario, di per sé, vanificherebbe la possibilità dei viaggi last minute, ma non basta: sarà gratis o a pagamento, visto che quello per gli Usa costa 24 euro? Esiste poi il tema dell’assistenza sanitaria che fino a ieri, per l’obbligo della reciprocità, era garantita”.

Dalla Gb visitatori in netta crescita

Il problema riguarda anche i flussi in arrivo. Nel 2018, la Gran Bretagna ha raggiunto il terzo posto come quota di mercato dei pernottamenti nella nostra regione, dietro a Germania e Francia, con un balzo del 15 percento rispetto all’anno precedente: “Dagli aeroporti pugliesi abbiamo collegamenti oramai consolidati con l’Inghilterra, ma se ai britannici venissero imposte le stesse procedure potremmo perdere appeal, vanificando molti degli sforzi fatti a livello istituzionale e imprenditoriale per promuovere la Puglia negli ultimi dieci anni”.  Ecco allora una possibile soluzione, secondo Giovanni Serafino: “Si potrebbe fare come con la Svizzera, da sempre fuori dall’Unione Europea: grazie a un accordo specifico sulla libera circolazione, basta la carta d’identità, senza alcun preavviso”.

Il problema attuale è l’incertezza

Gli attori economici del territorio salentino temono soprattutto lo stato di incertezza che, al momento, regna sovrano. La durata e l’esito dei negoziati, d’altra parte, non sono esattamente prevedibili: esiste dunque anche un nodo legato alla programmazione commerciale, soprattutto per quelle realtà che col Regno Unito vantano un rapporto consolidato, come nel caso dell’azienda vitivinicola Leone De Castris.

“La Brexit è una realtà con cui dobbiamo fare i conti, ma è ancora presto per dire esattamente cosa succederà. A marzo abbiamo un incontro con il nostro importatore per l’Inghilterra. Per noi si tratta di un rapporto storico, di un canale da più di mezzo secolo. Insieme alla Germania, agli Stati Uniti, al Canada e al Belgio, quello del Regno Unito è uno dei nostri mercati esteri di riferimento”.

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