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Economia Porto Cesareo

Turismo stritolato dal Covid, nel 2020 fatturati in fumo per 300 milioni di euro

Porto Cesareo e Otranto firmano una petizione nazionale per chiedere aiuto al Governo: senza entrate, bilanci al minimo. E Federalberghi presenta il "conto": nel 2020 in Puglia 10 milioni di presenze in meno

LECCE – Il meccanismo li sta stritolando, il dissesto è dietro l’angolo. E l’emergenza Covid-19, rischia di essere il colpo di scure finale. Se già nei giorni scorsi sei Comuni salentini hanno lanciato un appello, avanzando la richiesta al premier Giuseppe Conte di impiegare le somme  del  Fondo di solidarietà comunale per pareggiare i bilanci, oggi, due di questi, Porto Cesareo e Otranto, per voce e firma dei rispettivi sindaci (Salvatore Albano e Pierpaolo Cariddi), aderiscono a un’iniziativa più ampia, di respiro nazionale, lanciata su Petizioni.com dal primo cittadino di San Gimignano, Andrea Marrucci. L’inziativa, ribattezzata “Appello per salvare i gioielli turistici d’Italia”, tende a coinvolgere piccoli e medi comuni turistici. Quelli che vivono principalmente di ospitalità, enogastronomia e cultura, contando sul mare, le terme o la montagna. 

“Continuiamo a fare squadra con altri comuni con Fondo di solidarietà negativo sparsi su tutto lo Stivale – spiega questa mattina il sindaco Salvatore Albano, che, come noi, in base al principio di solidarietà su cui si fonda il Fondo di solidarietà negativo, oggi chiedono maggiore attenzione e sensibilità, almeno per il 2020”.

Stritolati dal Covid-19 e dai bilanci dissanguati

Il Fondo di solidarietà comunale serve a finanziare gli stessi Comuni, con lo scopo di raggiungere la perequazione e si alimenta con quote provenienti dall’Imu, secondo un meccanismo di calcolo. Ma, in molti casi, i versamenti sono superiori alle entrate e in questo particolare periodo storico vi sono realtà che rischiano di affondare. E se è vero che si parla di continuo della crisi che sta colpendo famiglie, lavoratori e aziende, un po’ meno ci si ricorda delle casse comunali, sempre più svuotate. Piccoli e medi comuni turistici, in particolare, sono in sofferenza proprio perché il grosso delle entrate dipende dai flussi che riescono ad attrarre. E, in tempi di coronavirus, non c’è bellezza naturale, buon cibo, splendidi panorami che tengano: la pandemia ha uno scontato sopravvento.

“Noi siamo piccoli e medi comuni italiani a fortissima vocazione turistica. Con le nostre eccellenze siamo volano per interi distretti turistici, vallate e comprensori, generando ricchezza e indotto anche oltre i nostri confini comunali”, si ricorda nel testo della petizione. Vi sono realtà che rappresentano veri e propri pezzi della storia d’Italia e sono oggi patrimonio dell’Unesco. È il caso, per esempio, di Otranto.

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“Siamo comuni piccoli e turistici, che hanno creato nel tempo, attraverso la cura della propria terra, della propria campagna, del proprio paesaggio, del proprio mare e della propria montagna, oltre che della propria storia e dei propri borghi, piccole patrie della qualità e dell’accoglienza per un turismo più consapevole”. Una fetta importante del Paese, che oggi si sente in ginocchio. Le entrate sono ai minimi, lamentano queste realtà, il domani è un immenso punto interrogativo. “Sappiamo già che non troveremo nei nostri bilanci le risorse per far fronte alla riduzione delle entrate di parte corrente, che vanno dal 20 per cento fino al 50 per cento in alcuni casi”, si legge, ancora, nel testo della petizione. “Troppo esigui i nostri bilanci, troppo esigue le nostre unità di personale”. Della situazione ne risentiranno anche le città turistiche maggiori, certo. Ma per i più piccoli sarà davvero dura attutire l’impatto.

Le sei richieste presentate al Governo

Sono sei, dunque, le richieste sul piatto della bilancia, al Governo centrale: l’istituzione di un fondo per tutte le città turistiche, per coprire almeno una parte della riduzione prevista delle entrate; la possibilità di attingere, non solo all’avanzo di amministrazione di parte libera e destinata, ma anche a quello vincolato per affrontare con tutti gli strumenti la crisi in atto, chiedendo anche una riduzione delle somme da destinare al Fondo Cde, la possibilità di trattenere il gettito Imu destinato allo Stato e di stabilire una “soglia di solidarietà” al Fsc; la semplificazione  delle  procedure per  gli  investimenti  locali,  degli affidamenti  e dei procedimenti di appalto ed esecuzione dei lavori; risorse  o  strumenti  per  gli  investimenti  in  manutenzione  del  patrimonio architettonico, monumentale ed artistico. 

Ancora: interventi nazionali per la dinamica degli affitti commerciali, alberghieri,  artigianali, extralberghieri, dato che non vi sarà possibilità, con gli esigui bilanci comunali, di finanziare fondi di sostegno per gli operatori locali; infine, il rinvio del metodo di calcolo Arera e norme speciali per l’abbattimento dei costi della Tari per i comuni turistici, potendone così apprezzare la riduzione già nella bollettazione 2020.

Come detto, promotore è stato Andrea Marrucci, sindaco di San Gimignano. E, oltre a Porto Cesareo e Otranto, hanno già tante realtà, da nord a su del Pese: Montalcino, Barolo, Barbaresco, Greve in Chianti, Montepulciano, Pollica, Positano, Amalfi, Volterra, San Vincenzo, Pienza, Portofino, Portovenere, San Severino Lucano, Iseo, Valsinni, Diamante, Città della Pieve, Guardia Perticara, Pula, Cabras, Castelsardo, Malfa, San Vito di Cadore, Castiglion dei Pepoli e Gibellina.

Il crollo totale nei numeri di Federalberghi Puglia

Restando solo in Puglia, per comprendere l’impatto sull’economia dei mancati ingressi derivanti dal turismo, basti citare uno studio pubblicato proprio oggi del centro studi di Federalberghi, che non esita a definire catastrofiche le stime per il 2020. Dopo la prima contrazione di febbraio per gli stranieri (-25,3 per cento), a marzo è arrivato il tracollo: -96,3 per cento di stranieri e -89,4 per cento di italiani. Ad aprile, poi, lo stallo -92,8 per cento in totale, con 3mila 200 posti di lavoro stagionali persi. Si calcola che per il 2020 le presenze totali saranno circa 10,3 milioni in meno (-68,2 per cento) con una perdita di fatturato, per il settore ricettivo, di 300 milioni.

“L’impatto del Covid-19 sul sistema dell’ospitalità pugliese è stato devastante”, commenta Francesco Caizzi, presidente della Federalberghi. “Le previsioni per quest’anno sono angoscianti. Le presenze dei turisti stranieri caleranno di 3,1 milioni rispetto agli oltre 3,5 milioni del 2018, praticamente meno di un ottavo. Le presenze italiane saranno un terzo di quelle del 2018 con una perdita di circa 7,2 milioni di pernottamenti. Per i mesi estivi, dunque, possiamo solo aspettarci una lentissima ripresa del turismo interno, mentre la domanda straniera continuerà a essere praticamente nulla”.

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"Ci chiediamo se sia il caso di riaprire"

“Molti di noi si chiedono se sia il caso di riaprire”, prosegue Caizzi. “Noi ovviamente continuiamo a batterci sul territorio e a livello nazionale perché vogliamo riaprire, ma potremo farlo solo se i provvedimenti annunciati, molti dei quali da modificare, e quelli che verranno, daranno sostegno e liquidità alle imprese”.

“Sicuramente non saranno misure sbagliate come il bonus vacanza a farci risollevare. Il nostro memorandum per la resilienza – prosegue - prevede aiuti diretti per le imprese che hanno subito un calo di fatturato, tutele specifiche per le imprese in affitto, interventi sulle imposte locali e nazionali, potenziamento e accelerazione dell’erogazione del credito, proroga della cassa integrazione, esonero dalla responsabilità per le imprese che applicano i protocolli anti-contagio e, soprattutto, regole e imposizioni sostenibili economicamente e che non trasformino i nostri alberghi in ospedali. Anche il capo della task force pugliese, Pierluigi Lopalco, ha giustamente affermato – conclude - che il turismo non può essere medicalizzato”.

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