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La crisi non passa, ma c'è uno spiraglio. Export, in Puglia il miglior risultato

La fotografia dell'Istat per l'export dal 2005 a oggi. Si comprano più alimentari e plastica, ma si vendono metalli e vino. La maglia nera al tessile-calzaturiero. Ma in linea generale il Salento sale del 3,3 per cento nel primo semestre dell'anno. Il report della Camera di commercio

LECCE - Con un saldo di 83 milioni di euro il commercio estero salentino registra, finalmente, una pur minima ripresa. Si parla, infatti di un + 3,3% nel primo semestre dell’anno che, ad ogni modo, equivale a un giro d’affari per 212 milioni di euro. Mentre è della Puglia il miglior risultato nazionale per ciò che concerne l’export, con +9,4%.

Dato che, però, si deve al notevole incremento di vendite della provincia tarantina che balza in testa alla classifica con un +65,6%, di cui oltre il 53% è costituito dai prodotti della metallurgia che valgono ben 424 milioni di euro. E se Foggia e la Bat registrano un incremento positivo nello stesso periodo (rispettivamente 14,9% e 12,3%), Bari, Brindisi e Taranto flettono pericolosamente verso il basso. Secondo i dati estrapolati dall’Istat – Istituto nazionale di statistica – durante l’ultimo censimento decennale Il 40% delle esportazioni salentine è rappresentato dal comparto dei macchinari e delle apparecchiature per un volume d’affari di 84,7 milioni di euro.

Un trend in timida crescita, dunque, che ha visto salire le vendite verso gli altri paesi dal 17% del 2005 all’attuale 36%. Ma per parlare di una ripresa vera e propria ci vorrà molto tempo.

E a voler vedere il bicchiere mezzo pieno, se è per questo, si potrebbe anche assumere come favorevole il dato sul comparto dell’abbigliamento-calzaturiero con il 6,5% il primo e il 26,6% il secondo. Eppure, riferendosi al 2005, si nota senza tema di smentita che si tratta di un vero e proprio tracollo. Dieci anni addietro il settore rappresentava il 38% dell’export complessivo del Salento per un valore di oltre 116 milioni di euro. Attualmente il volume d’affari non arriva a toccare gli 11 milioni.

Analogamente per l’abbigliamento che nel 2005 sfiorava il 20%, con 60,8 milioni di euro, mentre adesso il valore delle merci vendute all’estero rasenta l’11%, con un fatturato di 22,8 milioni. Vale la pena affiancare a quest’ultimo dato quello dell’importazione dall’Albania, invece, di calzature e abbigliamento per circa 5 milioni di euro. Probabilmente anche quest’ultimo dato è un effetto combinato della crisi e dell’aumento del costo della manodopera in Italia, che spinge le aziende salentine a delocalizzare la produzione in tale paese.

E meno male che c’è il vino che con i 12,5 milioni di euro ci consegna a un confortante +14,4%.

Analizzando i dati dell’export degli ultimi dieci anni dei settori che trainano le esportazioni della provincia leccese, alla crescita di macchinari e apparecchiature deve aggiungersi quella di lavorati e semilavorati in metallo, la cui incidenza è passata dallo 0,74%  del 2005 (per un valore di 2 mln di euro), all’attuale 8,26%  (circa 17 mln).

Anche per le importazioni i principali partners commerciali delle imprese salentine si confermano la Germania e Francia, rispettivamente, con 21,7 e 16,5 milioni di euro di beni importati. Dalla prima acquistiamo specialmente prodotti alimentari, articoli in gomma e materie plastiche, mentre dalla seconda soprattutto prodotti alimentari. Va detto che il Salento importa dall’Europa oltre il 70% (mentre verso i paesi comunitari viaggiano il 65% delle nostre merci) di ciò che serve e che la Cina si è rivelata il terzo partner commerciale, vendendo beni per  oltre 11 milioni.

Dall’Asia acquistiamo soprattutto, autoveicoli, rimorchi e semirimorchi. Lasciamo per ultimo il dato delle importazioni dalla Spagna, e non perché sia poco significativo. Tutt’altro, visto e considerato che dai vicini iberici compriamo soprattutto alimenti (olio, ndr) per un volume di affari di 2,3 mln di euro! Dato, per la Puglia che un tempo era considerata testa di serie del comparto, che dovrebbe far meditare seriamente.

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