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Venerdì, 29 Marzo 2024
Economia

"Manovra lacrime e sangue, imposta dall'Unione Europea"

INTERVISTA/ La manovra Tremonti, per l'economista Forges Davanzati, sarebbe "imposta dalla Ue" per scongiurare la deriva greca, ma il rigore finanziario "non è un bene in sé né un male necessario"

LECCE - Dai tagli alla politica alle finestre per la pensione, dalle province più piccole alla tassa per "Roma Capitale", dai pedaggi per i raccordi autostradali al blocco dell'aumento stipendi nel pubblico impiego. Per approdare ad una riflessione sugli enti locali e sul peso delle province. Sono tanti i punti che caratterizzano la manovra da 24 miliardi. Per comprenderla maggiormente nel dettaglio e valutarne la portata sulle finanze italiane, si è incontrato un esperto di economia, come Guglielmo Forges Davanzati, docente associato di storia del pensiero economico e titolare di Economia Politica presso l'Università del Salento.

Professor Forges Davanzati, il governo Berlusconi ha presentato la nuova manovra economica anti-crisi: ad una prima valutazione, quali sembrano essere i punti che caratterizzano le scelte di Tremonti? Inoltre, una domanda per un esperto del settore: era l'unica manovra possibile o si poteva pensare ad altro?

"Chiarisco innanzitutto i principali aspetti tecnici della questione. La manovra finanziaria predisposta dal Ministero dell'Economia comporterà minori spese per un ammontare complessivo di circa 24 miliardi di euro, accentuando una linea di rigore finanziario che i Governi italiani degli ultimi decenni, con intensità variabile, hanno tenacemente perseguito, avendo come obiettivo portare il rapporto deficit/PIL dall'attuale 5% al 2.7% nel 2012.

Venendo al merito della domanda, osservo che il rigore finanziario non è affatto un bene in sé, e tantomeno un male necessario, come viene diffusamente sostenuto. La linea del rigore finanziario non è altro che una linea che si usa definire di ‘lacrime e sangue', ovvero di sacrifici - in termini di minori servizi pubblici e/o maggiore imposizione fiscale - che vengono chiesti ai cittadini e, in particolare, ai percettori di redditi più bassi, ai lavoratori dipendenti, ai pensionati. E' opportuno precisare che questa manovra è sostanzialmente imposta dall'Unione europea ed è pensata, in quella sede, per scongiurare possibili effetti di contagio sull'economia italiana della crisi greca. In altri termini, si ritiene che solo contenendo l'espansione del debito pubblico l'Italia può evitare di incorrere in attacchi speculativi di entità rilevante, e tali da prefigurare ulteriori problemi per la tenuta stessa del progetto di unificazione monetaria europea.

Occorre rilevare che non si tratta di una tesi ‘neutrale' e che, proprio per questa ragione, è essa stessa suscettibile di una critica radicale, che si può porre in questi termini. Si parta dalla constatazione che l'oggetto del contendere non è l'elevato volume del debito pubblico, ma un rapporto giudicato eccessivamente alto fra debito pubblico e prodotto interno lordo. In tal senso, seppure si accoglie la tesi stando alla quale gli attacchi speculativi sono determinati in ultima istanza da un rapporto debito pubblico/PIL che gli speculatori giudicano eccessivo, da ciò non segue necessariamente che la terapia debba consistere nella riduzione del numeratore. E' ampiamente dimostrato, e per molti aspetti è intuitivo, che l'aumento della spesa pubblica accresce il prodotto interno lordo, per il tramite di un aumento dell'occupazione e della produzione, e che dunque si può ridurre il rapporto debito pubblico/PIL accrescendo la spesa pubblica.

Qui si va nella direzione opposta, che non potrà che aggravare i problemi dal momento che la riduzione della spesa pubblica, comportando una riduzione dei redditi disponibili, riduce il gettito fiscale, in una spirale perversa di continue riduzioni di spesa per far fronte a minori entrate. La lotta all'evasione può fare ben poco. Si è stimato che nel corso dell'ultimo biennio l'evasione fiscale è aumentata dell'1%. E non è poco".


Questa manovra è stata definita per i molti sacrifici di "lacrime e sangue": facendo un breve excursus storico, in che cosa si differenzia rispetto alle manovre battezzate con la stessa definizione, come quella del predecessore Padoa Schioppa o del governo Amato, precedente all'avvento berlusconiano?

"Sul piano tecnico, non c'è sostanziale differenza, e i Governi italiani da almeno un decennio, seppure con intensità diversa, hanno praticato politiche fiscali restrittive (che significa minori servizi pubblici, minore finanziamento alla ricerca, privatizzazioni e conseguente aumento delle tariffe). Le due manovre sono diverse se si considerano le diverse fasi del ciclo economico nelle quali si è perseguita una strategia di ‘lacrime e sangue'. Il Governo di centro-sinistra aveva la possibilità di stabilizzare il rapporto debito pubblico/PIL in una fase precedente la crisi, soprattutto in considerazione del fatto che non vi era allarme su possibili attacchi speculativi: allarme che ora sembra sussistere, sebbene vi sia motivo di dubitare che gli investitori finanziari considerino come parametro di riferimento per speculazioni ribassiste gli elevati debiti pubblici.

Si consideri che, al marzo 2010 (inizio della speculazione sui titoli del debito pubblico della Grecia), il rapporto debito pubblico/PIl era del 120% in Grecia e del 118% in Italia. Molti economisti fanno osservare che è semmai la scarsa competitività nei mercati internazionali (certificata da persistenti disavanzi dei conti con l'estero) a orientare l'attività speculativa, dal momento che la scarsa competitività è un segnale rilevante di debolezza strutturale di un'economia.

Aggiungo che la speculazione è normalmente associata a privatizzazioni. La Grecia ha (e aveva) un'incidenza della produzione pubblica sul PIL notevolmente più elevata della media UE. In altri termini, vi è motivo di ritenere che la speculazione prepari la strada all'acquisizione di imprese privatizzate da parte di capitale straniero (nella fattispecie, soprattutto tedesco). Durante la breve stagione del governo Prodi, con oltre cento economisti italiani, proponemmo un appello per la stabilizzazione del debito pubblico, che fu discusso in Parlamento, ma che incontrò la ferrea opposizione rigorista del Ministro Padoa Schioppa. Sono stati anche per questo severamente puniti dagli elettori".


Si è molto discusso in passato sulla riduzione dei costi della politica, con particolare riferimento ai tagli delle province e di molti enti: sotto questo punto di vista, come si presenta la manovra?

"I costi della politica vanno ridotti, al più, per motivazioni di giustizia distributiva, sebbene non vada dimenticato il fatto che lo stipendio ai Parlamentari deriva storicamente dall'esigenza di consentire anche ai meno abbienti di diventarlo. Sul piano quantitativo, non hanno effetti apprezzabili sul bilancio pubblico. I tagli agli enti locali non possono che accentuare il dualismo penalizzando ulteriormente le Regioni meridionali. Per le quali non si prevede alcun intervento finalizzato alla crescita, ma, ancora una volta, solo sottrazione di risorse. E' piuttosto ovvio associare questa manovra all'aumento delle tariffe dei servizi locali (si pensi alle mense o ai trasporti), con maggior danno per le aree più povere e per i percettori di redditi bassi in quelle aree, ovvero di coloro che maggiormente si fruiscono di tali servizi. Il tutto, ci viene detto, in nome di una crisi rispetto alla quale le popolazioni del Sud d'Italia non hanno certamente alcuna responsabilità. La soppressione di Enti definiti inutili desta sorpresa e, anche per i non addetti ai lavori, pone una domanda: ci si è accorti solo ora che esistono enti inutili? E inutili per chi? Credo che occorra chiarire che, a fronte delle molte retoriche che ci circondano, non esiste sempre uno spreco in quanto tale. Un esempio: il Ponte sullo stretto di Messina è uno spreco a detta di molti siciliani; non credo lo sia per le aziende che si occuperanno di realizzarlo".

A suo giudizio, le nostre province, dal punto di vista economico, per la funzione reale che svolgono, e nella confusione di competenze con altri enti, rappresentano un peso o una risorsa per il sistema Italia? Si può quantificare esattamente il costo di queste realtà?

"Non mi risultano stime ufficiali e recenti sul costo delle Province. In ogni caso, la loro abolizione si pone forse in controtendenza rispetto alla linea federalista imposta dalla Lega Nord. In linea generale, vi è ampia evidenza relativa al fatto che laddove vi è centralizzazione delle decisioni vi è maggiore efficienza e minore dispersione di risorse e di competenze".

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