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Venerdì, 29 Marzo 2024
Economia

"Precariato nemico delle prevenzione": aumentano gli infortuni sui luoghi di lavoro

La fotografia di Inail in chiaroscuro: a Lecce si registrano la metà dei tumori di Brindisi e Taranto, gli incidenti aumentano. Il direttore Gigante: "Pochi investimenti in formazione"

LECCE – Il lavoro, in provincia di Lecce, è tutt’altro che sicuro. Nell’arco di 12 mesi le denunce di infortunio pervenute all’Inail sono addirittura aumentate, registrando un +290. Erano 4mila 896 nel 2017 mentre l’anno successivo sono diventate 5mila 186.

La strada della prevenzione pare tutta in salita, come dimostrano i dati elaborati dall’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro con sede a Lecce. Fuori dalla fredda logica dei numeri, le statistiche si legano a doppio filo al contesto sociale e rappresentano un buon indicatore della salute di un territorio.

“Nonostante gli investimenti in prevenzione, il fenomeno infortunistico è aumentato, seppur di poco, ma ciò dimostra l’importanza di diffondere la cultura della sicurezza in tutti gli ambiti, a partire dalle giovani generazioni. E su questo versante ci stiamo impegnando molto insieme ai sindacati ed alle associazioni di categoria”, commenta a il direttore dell’istituto di Lecce, Giuseppe Gigante.

Ma a preoccupare, ancor di più, è il numero dei decessi in servizio: il dato è in calo di 3 unità (i 16 morti del 2017 sono scesi a 13). Di lavoro quindi, al netto delle buone intenzioni e delle azioni di sensibilizzazione, in una regione dell’Occidente civilizzato si muore ancora.

Una possibile, secondo Gigante, è nel precariato e negli elevati indici di disoccupazione: “Da quando è stato introdotto il Testo Unico sulla sicurezza, nel 2018, l’attenzione al fenomeno ha conosciuto un progressivo aumento. Negli ultimi anni assistiamo, paradossalmente, ad un’inversione di tendenza: il problema più urgente è infatti nella mancanza di lavoro. Il lavoro nero e il precariato, così come la pressione della concorrenza, non giocano a favore della prevenzione – spiega il direttore -. È chiaro che investire in formazione, oltre ad essere una risorsa, è anche un costo che non tutti gli imprenditori affrontano su una platea di dipendenti in continua variazione. Che senso ha formare una persona per soli 6 mesi?”.

Da un lato, rileva Fernanda Greco dell’area lavoratori Inail di Lecce, i lavoratori dimostrano una maggiore conoscenza dei rischi cui sono esposti e un cresciuto senso di responsabilità. D’altra parte, però, rimane da risolvere il problema culturale della sottovalutazione del rischio, degli scarsi investimenti in protezioni e sistemi antinfortunistici e della formazione, appunto, dei dipendenti.

Non è un caso, quindi, che dalla lettura delle tabelle emerga un altro dato inquietante. In provincia di Lecce si riscontra un numero molto elevato (60 casi nel 2017) di malattie dell’orecchio interno. “Questa è la spia di uno scarso utilizzo dei dispositivi di protezione come le cuffie - evidenzia Gigante -. Le condotte sui luoghi di lavoro devono essere finalizzate a prevenire gli infortuni, ma non è sempre così, specialmente nei settori più a rischio come l’agricoltura e l’edilizia”.

Le denunce per malattie professionali in calo nel 2018

Il Salento se la cava meglio, invece, sul fronte delle malattie professionali. Ma solo in confronto con altri territori pugliesi che pagano un dazio più altro ai tassi di industrializzazione.

Le denunce nel 2018, rispetto all’anno precedente, sono in calo: da 695 si è passati a 672, mentre sono aumentate di parecchio sia a Brindisi (da 399 a 489) che a Taranto (da 695 a 672).

La dottoressa Greco, però, offre una lettura ambivalente del dato leccese: “Da un lato questo sembra gonfiato perché le persone, a causa della disoccupazione, hanno la tendenza a cercare un ristoro economico nella pubblica amministrazione – puntualizza -. D’altra parte, però, il fatto che le denunce di malattie siano minori nel Nord può indicare che in altre aree del Paese c’è una sensibilizzazione maggiore sul tema”.

Non sembra rilevante, dal mero punto di vista statistico, neppure il numero dei tumori: sono 5 quelli segnalati a Lecce e dintorni nel 2017, di cui 3 all’apparato respiratorio e 1 all’apparato urinario. Un dato in linea con l’andamento nazionale che lega le malattie professionali all’inalazione di polveri sottili, fumi ed esalazioni chimiche. A Brindisi i casi di tumore sono 10, quindi il doppio, a Taranto addirittura 16, pari alla metà di tutti i casi della Puglia (37). Stupisce anche la provincia di Foggia che non registra un solo caso.

“A Lecce i tumori sono di varia natura, non si rilevano specificità come in altre province – commenta Gigante -. L’andamento è stabile negli anni e Lecce è una sorta di isola felice nel panorama regionale che è ben più preoccupante e complesso. Del resto la concentrazione di insediamenti industriali qui è piuttosto bassa”.

Gli infortuni in itinere: una piaga da debellare

Su tutto campeggia un dato davvero allarmante ed insensato: la metà dei decessi è dovuto a incidenti stradali, verificatisi lungo il tragitto casa-lavoro. E ciò a dispetto delle norme legislative che sono invece chiarissime: “Il lavoratore è tenuto a usare i mezzi di trasporto pubblico, e non quelli privati, se la coincidenza oraria lo consente”, ricorda Gigante.

Questo tipo di infortuni rappresenta, paradossalmente, la fetta più importante per numero e gravità delle conseguenze. Ridurre significativamente il loro impatto non è un’impresa difficile: “Basterebbe offrire un servizio di trasporto pubblico efficiente per liberare mezzi dalla strada, garantire la salute dei lavoratori e degli altri automobilisti e abbassare drasticamente i tassi d’inquinamento”.

Tre vantaggi in un colpo solo. “L’incidente, lo ricordiamo, non avviene per fatalità ma per mera superficialità e sottovalutazione del rischio. Dobbiamo fare molto di più”, concludono i responsabili Inail di Lecce.

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