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Chemical Brothers, la musica futuribile tra gli ulivi

Al di là degli ulivi del Solicara, la terra rossa che s'infila dappertutto, c'è un'altra musica, un altro spazio possibile. Oltre 5mila le presenze giunte da mezzo Sud a due passi dall'Adriatico

LECCE (Torre Chianca) - Start. Le casse pompano decibel sintetici dalle 9 di sera. Le immagini sul megaschermo schizzano veloci, frenetiche, imprevedibili. E il mantra audiovisivo squarcia, finalmente, almeno per questa notte, la ragnatela di pizzica e tarante che avvolge questo lontano Sa-Lento.

Il viaggio nell'iperspazio è appena iniziato. Ed è qui. Se lo chiami frastuono, con una certa spocchia, parti male. Peggio, se pensi solo ad un dj set turistico dove loro, The Chemical Brothers, fanno parte del mucchio che infila cd nei lettori. Allora non ti resta che salire su quel Discovery. E crederci. Almeno per una volta. Che, al di là degli ulivi del Solicara, la terra rossa che s'infila dappertutto, c'è un'altra musica, altro spazio possibile. Ci credo le oltre 5mila presenze giunte da mezzo Sud a due passi dall'Adriatico.

Ed Simons e Tom Rowland, alias "Fratelli chimici" conoscono la rotta. Hanno inziato a miscelare suoni e a sperimentare nell'ambito della musica elettronica assieme a The Prodigy, Fatboy Slim, Crystal Method e poche altre band furono tra i pionieri del big beat e divennero famosi dagli anni Novanta per i loro live-set di alta qualità. Questa notte, Ed e Tom sono qui. E con loro il cuore di quel fantastico decennio di creatività lacerante di cui sono tuttora testimoni. E che si portano dietro.

Se fai attenzione ritrovi in quel che suonano sinonimi di idee ancora valide, remote pulsioni, che giungono da chi all'epoca indicò senza volerlo questo e d'altro futuro: Joy Division, poi l'emanazione orfana del genio Ian Curtis chiamata New Order. E ancora senti nelle viscere di questi suoni, lontanissimi Smiths, Heaven 17, Kraftwerk, Cabaret Voltair.

Dopo la mezzanotte Another World, Horse Power, fuochi centrali di Further, il loro ultimo lavoro, danno il segnale che il viaggio è iniziato. E la danza catartica ha inizio. Grazie ai generatori di suoni che li producono. Non puoi aspettarti certo le formazioni classiche di chitarra, batteria, basso, tastiere, voce, per dire, ma pochi e asettici elementi. Un Mac, due lettori, due mix. Due dj. Luci. Finito. Alle spalle maxi-schermo (se fosse stato più maxi come quello utilizzato nei loro live-set la cosa non avrebbe certo guastato, tant'è). Ce' un Mac, due lettori, due mix. Due dj. Luci. Finito. Eppure.

In 5mila si muovono come una amalgama. Vuoi capire, allora. Almeno ci provi. E, forse, intuisci che dentro quei suoni sincopati, tecnici, elettronici, sintetici, quelle ricadute lunghe di note aperte come litanie, solcano questo balzo continuo, atavico, che apre le porte all'immaginazione. Al volo. Osare, tradire le proprie certezze, a volte, non guasta. E' un'altra musica, quella. Appunto.

E quando ti (ri)svegli, che è quasi alba, e t'incammini verso l'auto tra le forze dell'ordine e la security, sul viale attiguo alla masseria Solicara un cavallo bianco, oltre il recinto, ti fissa negli occhi. Horse Power.

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