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Sabato, 20 Aprile 2024
Cinema

Terzapagina. "Una piccola impresa meridionale", un film che convince a metà

Dopo "Basilica coast to coast", la seconda prova da regista di Rocco Papaleo, pur nell'interessante idea narrativa, riesce a metà: d'effetto la musica e l'ambientazione, ritmo lento e qualche eccesso retorico nella pellicola

LECCE - Ci sono un paio di premesse obbligatorie: la bravura di Rocco Papaleo non è in discussione e "Una piccola impresa meridionale", la sua seconda prova da regista, regge bene al cospetto di una commedia italiana, non sempre all'altezza della propria tradizione. Ma "Basilicata coast to coast", il suo pregevole esordio dietro la macchina da presa, era davvero tutta un'altra storia.

La difficoltà di ripetere la magia di un successo, dove tutti gli ingredienti erano collocati al posto giusto, è un'attenuante di cui tener conto. Ma forse era lecito attendersi qualcosa di più da questo nuovo lungometraggio, che, comunque sia, sta riscontrando al box office il gradimento del pubblico. E di questi tempi fa la differenza.

"Una piccola impresa meridionale" è un film corale, dove i personaggi coinvolti nella storia percorrono un viaggio interiore, a differenza di Basilicata coast to coast dove il cammino è reale, per ritrovare il senso della propria vita: c'è don Costantino, ex prete, interpretato dallo stesso Papaleo, che cerca quiete andando ad abitare nel casolare di famiglia sotto un antico faro.

Attorno a lui ruotano Arturo (Riccardo Scamarcio), pianista tormentato e cognato tradito dalla sorella dell'ex sacerdote, Rosa Maria (Claudia Potenza), che vive una relazione saffica e clandestina con Valdona (Sarah Felberbaum), la donna delle pulizie; al gruppo si aggiungono Magnolia (Barbara Bobulova), la sorella di Valdona ed ex prostituta, Stella (Giuliana Lojodice), la madre del prete, sconvolta dalle vicende personali dei propri figli.

La volontà di far ripartire il faro e creare una struttura alberghiera originale rilancerà le vite di ciascuno. Ad ogni personaggio il regista sembra voler attribuire una funzione tematica nel racconto complessivo su cui riflettere: dall'ipocrisia ai pregiudizi, passando per l'intolleranza latente nei confronti dell'omosessualità. In questo senso, il film riesce ad intrecciare bene le singole storie, ma non liberandosi dal rischio enfatico (nella stessa rappresentazione di un Sud stereotipato e uguale a se stesso): la scena del matrimonio, ad esempio, è la più intensa e più "politicamente scorretta" tra le sequenze, ma non risulta esente da risvolti retorici.

L'ambientazione selvaggia e le musiche (con la delicata "Dove cadono i fulmini" di Erica Mou), insieme ad alcune trovate narrative più riuscite (il funerale del padre di Arturo con l'esecuzione di "Foca", pezzo storico del repertorio musicale di Papaleo, eseguito peraltro a Sanremo) restano gli aspetti più convincenti insieme alla mimica dell'attore-regista.

Il film, nel suo complesso, pecca di un ritmo lento, dove anche gli attori non brillano, come se non volessero strafare e dove, in qualche passaggio, si ha la percezione di un montaggio sfilacciato. Menzione d'onore, invece, per Giuliana Lojodice, che appare in splendida forma. All'uscita dal cinema il confronto con l'opera prima, è di sicuro spietato: la genuinità di Basilicata coast to coast batte nettamente "Una piccola impresa meridionale". In compenso, conforta che Papaleo abbia scelto uno stile minimalista, dove la narrazione e la scrittura non rinunciano alla poesia. È già qualcosa da cui ripartire.

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