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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cultura

"Odore di Terra", il Salento di Elio Scarciglia

Il documentario con le immagini dell'insegnante leccese ed i testi di Marina Manieri è stato presentato il 28 aprile a Campobasso presso "Libri e dintorni"

Elio Scarciglia è un insegnante, di Lecce. La sua passione è la sua terra, ma anche la fotografia, i documentari. Alla libreria "Libri e Dintorni" di Campobasso il 28 aprile scorso ha presentato uno dei suoi lavori "Odore di terra", un viaggio poetico attraverso il Salento, con le sue immagini e i testi di Marina Manieri, edito dall'Associazione culturale Terra di Ulivi. I luoghi di culto, del silenzio, i segni, gli sguardi, il lavoro, i suoni. "Ho voluto rappresentare", ci racconta, "questi segmenti di Salento perché è un'entità che ci sta abbandonando, sta lentamente sparendo per lasciare il posto ad una terra più frenetica e distratta". Chiacchierando prima della proiezione Scarciglia parla della sua ribellione allo stereotipo di cosa è il Sud, che diventa degrado e delinquenza, nella descrizione semplicistica e consueta.

"Guardando queste immagini e ascoltando i versi del nostro Meridione dimostriamo che il Sud è poesia, è la capacità infinita di trasmettere emozioni veraci". Guardando il filmato, ascoltando le parole e le musiche si arriva direttamente a Lecce, nella sua provincia, se ne sente il gusto. Il sapore di una terra trasmette a chi vi arriva la sensazione di quello che è stato, il desiderio e la proiezione di quello che ancora sarà. Il Salento è un luogo fisico ed è anche un'idea, l'utopia della vita che vorremmo. Odori fini, colori abbaglianti, il tempo che non passa mai. Silenzio e stupore. Caldo solenne e ombre improvvise, che gelano le braccia.

Le donne che nei campi raccoglievano il grano tornavano a casa tarantolate. La credenza popolare riconduceva questa forma di malessere diffuso al morso della taranta, un ragno che in realtà è innocuo per l'uomo. Isteria, epilessia, malessere psicologico. Questa è la spiegazione scientifica, che, però, nulla può ancora oggi. Le tarantolate chiamavano i musicanti, la musica è l'unico antidoto, antidotum tarantulae. Tamburi, organetti, violini suonavano in casa della malata o nella piazza del paese. Le donne ballavano fino a sfinirsi, i gesti erano il codice di una lingua che loro non sapevano neanche di conoscere. Ballando sempre più freneticamente, con movimenti che erano veri e propri richiami erotici, cacciavano via da se stesse il veleno e la taranta, ormai sconfitta, morendo le abbandonava.

La pizzica è la danza nata per guarire le tarantolate, riscoperta e celebrata anche a livello internazionale. Di non poco valore è il lavoro di riscoperta che ne stanno facendo i vari cantori, come quello di ballerini di livello quali Tony Candeloro, che propone la pizzica nel filo ininterrotto del tango e del flamenco. Un ballo sensuale e discreto, l'uomo sfiora la donna senza mai guidarla. Senza mai afferrarla.

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