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Cultura

Pagliaro: "La mia tv 'indies' contro l'omologazione"

L'editore di TeleRama, Rts e diverse radio locali si apre su tutto: dalle origini ad oggi, passando dalla famiglia, il caso giudiziario, la sua filosofia di vita, il rapporto con il fratello

Questa è un'intervista un po' "sui generis", probabilmente la prima di una serie. E' il confronto diretto fra due editori. Da una parte il piccolo, piccolissimo, minuscolo editore. Un giornalista che ad un certo punto di una carriera, per la verità ancora breve, sperimentate sulla propria pelle le immense difficoltà nel potersi dedicare serenamente a questa professione in un mondo dove vige un precariato bieco e cieco che mette oggi volutamente (direi in modo scientifico) tutti i giovani, qualunque cosa essi facciano, con le spalle al muro, decide di chiamare a sé un collega più anziano e altrettanto insoddisfatto, per coalizzarsi e provare insieme, con coraggio ed un pizzico di sana follia, a porsi sul mercato in modo attivo e assolutamente indipendente, e non più come forza lavoro da sciacquare e risciacquare, fino alla consunzione. Partendo dal Web, "la grande scommessa", secondo i guru della comunicazione. Il futuro, per alcuni. Il presente, per noi. Ed ecco, tout court, le radici di LeccePrima.

Dall'altra, uno dei pezzi da novanta della televisione locale, Paolo Pagliaro. Di lui, per la verità, s'è detto già molto. Come tutti i personaggi che occupano un posto in prima fila, provoca sentimenti diversi e opposti. Gli affluenti del grande fiume delle pulsioni umane danno sbocco al mare della stima e del rispetto, ma anche agli abissi del timore e della diffidenza. E siccome ne è consapevole, alla fine di questa lunga chiacchierata, Pagliaro dirà: "Molti mi accusano di voler essere monopolista. Come se si potesse decidere da soli chi essere. Io, anzi, credo nella concorrenza. E' uno stimolo straordinario". D'altro canto, Pagliaro, parla della sua società, Mixer Media Managament, ed in particolare delle sue tivù, TeleRama ed Rts, come di "un gruppo di guerrieri". Anche se prima di arrivare alla battaglia mediatica sul tubo catodico, c'è stata un'origine, e l'origine di tutto è nelle frequenze Fm.

"La passione per le radio nasce a 16 anni. E' stata come una folgorazione", spiega. "Ricordo anche il modello: la radiolina militare, quella che costava due lire. Ascoltavo i programmi nazionali della Rai come "Supersonic" e "Alto gradimento". E un giorno, girando sintonia su Fm, incrociai un programma radiofonico locale. Lo speaker era Ezio Candido. Era il 1976. Mi affascinò moltissimo il fatto che esistesse una realtà salentina. Si trattava di Radio Nice. Io ero musicista, suonavo il contrabbasso in una band, coltivavo quindi già da tempo questa passione per la musica. Chiesi così a mio cugino Riccardo Riccardi che mi introducesse in quel mondo e feci conoscenza dapprima con Radio Salento".

Come spesso accade nella vita, comincia con una forte attrazione quella che diventerà una professione. "Sì, è stato tutto casuale, se vogliamo", conferma Pagliaro. Iniziano quindi le esperienze come speaker e dj per Radio Salento, per poi approdare a Radio Rama. Da direttore artistico diventa socio, da socio unico proprietario, creando di pari passo i presupposti per rinvigorire economicamente il fermento in atto e dargli anche maggiore prosperità e possibilità di sopravvivenza, sfornando una concessionaria pubblicitaria e facendo nello stesso tempo crescere il gruppo con la nascita di Jet Radio, stazione destinata a passaggi musicali di nicchia. La pubblicità, d'altronde, non è per caso l'anima del commercio?

Ma intanto bolliva in pentola in quegli anni anche un certo fervore per il mezzo più innovativo e, se vogliamo, oggi più "invasivo": la televisione. Anche se verso la tivù, per la verità, Pagliaro oggi non manca di essere molto critico in certi suoi aspetti più deteriori. Quelle che definisce "derive". Sintomo, forse, che gli stessi editori iniziano a porsi degli interrogativi profondi sul senso stesso della comunicazione, sul suo ruolo e sulla sua qualità. Al di là del mero guadagno. Ma si tratta di un'impressione personale, che nasce studiando l'uomo in poltrona e pesando le parole. La storia, come sempre, darà il suo responso.

Sta di fatto che Pagliaro percepisce fin da subito l'importanza della televisione, che in quegli anni nel Salento aveva già dato qualche primo input. C'erano Teleleccebarbano e Canale 10, come ricordano i più "anziani", con i loro pionieri locali, ai quali va tanto di cappello. "Ma occorreva qualcosa in più", secondo Pagliaro. "Qualità e professionalità". Caso vuole ("sì, è un caso", conferma ancora una volta) che proprio nel giorno della festa dei lavoratori, qualcuno fosse al lavoro fra cavi, telecamere, altre diavolerie. Era il 1° maggio del 1989 quando TeleRama lanciò il suo primo vagito. Con la netta ambizione di fare da spartiacque fra il passato ed il futuro. Da lì in poi, è stata un'escalation. "Abbiamo avuto come direttore Adolfo Maffei, che si alternava a Max Persano, poi è arrivato Domenico Faivre, che veniva da questa grande esperienza giornalistica sulla carta stampata (caporedattore centrale de "La Gazzetta del Mezzogiorno" a Lecce, Ndr) ed aveva voglia di crescere ancora ed assecondare ogni esperienza possibile. Dal canto nostro, avevamo bisogno di qualcuno che ci allevasse". Monta a questo punto un po' di imbarazzo, perché l'ultimo personaggio in questione è stato genitore dello scrivente, suo indegno erede. Corsi e ricorsi storici. Ma anche qui stabiliranno i posteri: in fin dei conti, siamo tutti in discussione in questa vita, no? E ci si ferma qui, per proseguire con altri temi.

TV INDIES

"Indies". Cos'è questo termine? Sembra qualcosa di esotico. Pagliaro si prende il merito di esserne l'inventore. Proprio così. "Il termine Indies l'ho creato io" (https://it.wikipedia.org/wiki/Telerama). Il buffo della vita è che spesso gettiamo nel calderone idee, slogan, messaggi, ed altri se ne appropriano. Il passaparola è rapido come un colpo di pistola, nell'universo della comunicazione moderna. Basta una mail collettiva e mezzo mondo mastica già uno slogan. Così, Pagliaro tira fuori l'arma dalla fondina e difende la sua idea, che nasce da un concetto di fondo. Ma cosa significa, esattamente? "E' una televisione con alla base una precisa filosofa aziendale che coniuga l'innovazione e la tradizione, che si pone al passo con i tempi, ma in direzione di una decisa difesa dei valori autoctoni, dei sistemi diversificati, che appartengono ad una comunità, contro l'omogeneizzazione, l'omologazione culturale e l'impatto invasivo della globalizzazione", spara a colpo sicuro, premendo il grilletto della lingua.

Le ‘sagome' su cui fa fuoco sono "format televisivi come telenovela sudamericane, televendite, reality-show, cartoni animati giapponesi, telefilm americani. Racconto spesso un aneddoto: qualche tempo fa mi trovavo a Sharm el Sheik. Bene: accendo la televisione e vedo una telenovela molto nota anche qui, con i sottotitoli in egiziano. Voglio dire: non fare televisione locale, se poi devi proporre format globali che puoi trovare ovunque. Dov'è la tua specificità, se non nel territorio d'appartenenza? Bisogna essere attenti, come televisione, ai bisogni della propria comunità. Se non diventiamo una sentinella di tutti i presidi culturali, se non cerchiamo di essere un volano di sviluppo nel sociale, nell'economia, nella cultura, accettando la sfida con la modernità, rimarremo ancorati a vecchie logiche. Dobbiamo rivendicare con forza la nostra identità, la nostra disuguaglianza: noi siamo diversi, il mondo è formato da tante, meravigliose difformità e questa omologazione culturale è la morte dell'identità. ‘Indies', allora, è un aggettivo che, accompagnato ad un sostantivo, può specificare la qualità. E'un termine che può essere riferibile a tutta una serie di aspetti inanimati, che tende ad identificare tutto ciò che è locale, identitario, caratteristico di un luogo, con proprietà uniche, specifiche, strettamente connesse all'habitat in cui l'oggetto è noto ed inserito. Poi, la declinazione che gli diamo, collegandosi alla televisione ‘indies', specifica bene questo concetto, più ampio…"

Un concetto esotico, ribadiamo. "Sì, da indiano, nativo, che difende la sua cultura, la terra, la tradizione. L'ho coniato studiando a fondo Arjun Appadurai, antropologo francese che adoro e che è riuscito a cogliere fino in fondo questi valori che si possono sviluppare in ogni settore. Non voglio farne un discorso politico, ma se vogliamo siamo frutto di un'omogeneizzazione costante in tutti i settori: economia, cultura, banche. Pensiamo alla grande distribuzione che porta via le nostre risorse…"

E qui, come una automatismo, ci viene in mente la recente senza del Consiglio di Stato sul megaparco di Galatina (https://www.lecceprima.it/articolo.asp?articolo=3665). "Sì. E' una nostra battaglia vinta - spiega -, perché ci occupiamo anche di questo, con un'informazione militante che è figlia di questa filosofia aziendale, molto forte, molto chiara. I telespettatori stanno cominciando a cogliere l'essenza di questo spirito informativo impegnato, che prende posizione e si assume responsabilità ben precise identificando alcuni punti centrali per lo sviluppo del territorio e da affrontare con determinazione e tenacia, cercando di stimolare le coscienze, facendo in modo che queste battaglie vengano assorbite e fatte proprie dalla gente. Partendo dal basso, dalla base, dai cittadini che si sentono protagonisti si può sperare che le cose possano cambiare. Si stanno registrando interessanti sviluppi: politica e istituzioni sono oggi sotto la pressione dell'opinione pubblica". ‘Indies': i nativi si danno una regola e iniziano a spezzare il giogo delle catene imposte da fuori. Speriamo.

LA FAMIGLIA

Pagliaro è un uomo. Come tutti. Il problema per i businessman (per chi ami gli inglesismi: credo che scrivere ‘uomini d'affari' non offenda nessuno, ma questa è un'altra storia) è quello di coniugare impegni e vita professionale. "Ho quattro figli, due dal primo matrimonio, due dal secondo. Io adoro i bambini, e va benissimo così", racconta. "Dedico moltissimo tempo al lavoro - prosegue -, anche se cerco di stare più tempo possibile in casa. Riuscire a mettere a letto i bambini e andare a pranzo ogni giorno sono conquiste che ritengo eccezionali. Ma mi rendo conto che è difficile un po' per tutte le persone impegnate. Però, rispetto al passato, anche fra gli uomini d'affari, si stanno recuperando determinati valori. Prima si dava per scontato il fatto che il padre dovesse rinunciare ai piaceri della famiglia a causa del lavoro. Oggi, invece, vedo anche tanti padri della mia generazione pronti a rinunciare ad un impegno per ritagliarsi uno spazio da dedicare a figli e famiglia. Questo è molto bello. Anche per me è stata un'evoluzione: dedico più tempo ai miei figli perché ad un certo punto mi sono interrogato su quali fossero i veri valori della vita, al di là del lavoro, del business, dell'impresa. Lo spazio da dedicare alla famiglia è molto importante. E' un imperativo al quale non si può rinunciare". Fatene tesoro, e ve lo dico con il cuore: non rinunciate mai a chi vi ama. Al limite, rimandate un appuntamento. Fa niente. Si recupera. L'amore no. Ha bisogno di foraggio costante. Ma anche questa è un'altra storia.


IL CASO GIUDIZIARIO

Poniamo la domanda e Pagliaro non si tira indietro. Esiste un caso giudiziario, non ancora chiuso. Il 27 giugno del 2006 è stata revocata la misura cautelare a suo carico. Si tratta delle gestione delle Rsa in Puglia. A Pagliaro la magistratura aveva contestano di avere concluso, mediante l'interessamento dell'onorevole Raffaele Fitto, un contratto pubblicitario con la Seap per l'inaugurazione dell'aerostazione di Bari in contrasto con le norme sull'evidenza pubblica. "Secondo l'accusa, Pagliaro avrebbe favorito la campagna politica e propagandistica di Fitto diffondendo su Telerama il confronto-dibattito svoltosi tra Fitto e l'attuale governatore Vendola, a seguito dell'ottenimento di un contratto pubblicitario di soli 5.700 euro, intercorso tra l'agenzia Studio B 4, fornitrice di servizi pubblicitari per la Seap, e la K&C, concessionaria di pubblicità del Gruppo Mixer Media", hanno spiegato i suoi difensori (tutta la vicenda è riassunta in questo dettagliato articolo: https://www.millecanali.it/mc/newseventi/news/dettaglio/index.asp?id=19612). La sua difesa ha quindi dimostrato l'infondatezza dell'impianto accusatorio, sostenendo che non era necessaria alcuna gara per gli spot del nuovo aeroporto pugliese e che gli spot sono andati in onda regolarmente. "La Seap non ne ha subito alcun danno e ha pagato per un servizio. Nessuna corruzione, per i legali, poiché la trasmissione di cui avrebbe beneficiato Fitto - è spiegato nell'articolo appena citato - era invece un confronto tra Fitto e Vendola, che in base alla par condicio prevedeva gli stessi minuti per l'uno e per l'altro". Storia conclusa? "Io mi auguro che si risolva quanto prima", risponde. "Penso che ormai sia stato chiarito quello che c'era da chiarire. Io credo e continuo a credere che ci sia stato un malinteso, e ne sono assolutamente convinto, credendo fortemente e non avendo mai perso la fiducia, specie in quei momenti, nella magistratura, nello Stato e nella giustizia. Questa, come tante altre situazioni che purtroppo si vengono a generare, prima o poi saranno chiarite. Bisogna avere pazienza e continuare a vivere sereni, convinti di avere la coscienza a posto, che poi è la cosa più importante. Possono succedere inconvenienti, malintesi, equivoci. L'importante è avere consapevolezza della propria assoluta onestà e andare avanti".

SERGIO VANTAGGIATO

La forza di un giornale o di una televisione è nei suoi uomini. Nessuna fede può essere portata avanti con successo, se non vi sono uomini disposti ad abbracciarla. Sergio Vantaggiato è uno di quei colleghi che è riuscito ad emergere vincendo la sfida quando si è presentato al suo editore dicendo: "Voglio curare lo sport". E' stato il salto di qualità. Per tutti. "Il problema è dover riuscire a non commuovermi, perché è stato difficile fino ad ora riuscire a parlare in pubblico di Sergio. L'ho fatto ad un mese dalla sua morte, in occasione della celebrazione di una messa in suo ricordo. L'ho definito il migliore di tutti - racconta Pagliaro -, sia sotto l'aspetto umano, sia professionale. Era un vero modello. Ormai è stato detto di tutto su di lui, e sono tutte cose belle. Ma voglio ricordare l'aneddoto più bello. Fece un provino e mi ricordo che tutti erano contrari a prenderlo. Però notai alcuni aspetti straordinari, a partire da questa erre moscia. Io sono sempre attento alle peculiarità, alle differenze, alle cose un po' fuori dall'omologazione, in questo caso dal consueto. Era molto davvero particolare..."

Ma non era sgradevole da sentire. "A me piaceva molto, e poi aveva questa forte passione. Si vedeva che era uno che teneva in modo particolare a fare questo mestiere, che era nato per farlo. Aveva un talento. E dopo un periodo in redazione in cui si occupò di cronaca… iniziò con la cronaca sindacale… fece richiesta di poter parlare di calcio, di sport, del Lecce che era la sua grande passione. E iniziò così quest'avventura straordinaria, che ogni giorno, per 365 giorni all'anno, dal 1991, ha sempre portato avanti con dedizione, con rigore assoluto, con puntualità, con partecipazione per le sorti del Lecce e non solo. Il suo approccio con il calcio, con il mondo del calcio, era disincantato: era capace di raccontare le vicende sportive senza quegli estremismi che spesso i giornalisti sportivi hanno".

"Lui era di un equilibrio, di una trasparenza unica", prosegue. "Ma d'altronde questo era riconosciuto da tutti, addirittura anche dai tifosi e persino da quel gruppo di tifosi che di solito è sempre molto ostile nei confronti della stampa. E questo dà l'idea di quanto sia stato grande, anche sotto il profilo umano. Sempre in seconda fila, in punta di piedi. Questo non vuol dire che Sergio fosse timido: era una questione di educazione. Era un ragazzo d'oro. Non ci ha dato mai alcun tipo di problema, io devo molto a lui e lo ringrazio ancora di quello che ha fatto per TeleRama. In un rapporto di lavoro c'è sempre uno scambio e in questo caso io mi sento di doverlo ringraziare per aver contribuito alla crescita in un settore così importante come il calcio. Sergio era davvero un valore aggiunto. Per noi rimane una pietra miliare dell'informazione e rimarrà sempre nei nostri cuori, nei nostri pensieri, nella nostra vita. Ora siamo increduli e parliamo spesso come se fosse qui con noi".

La speranza è che si riesca a trovare i responsabili della sua tragica scomparsa (https://www.lecceprima.it/articolo.asp?articolo=3192). "Noi non molliamo - dice Pagliaro -, siamo in constante rapporto con la famiglia e con gli avvocati. Ci sono dei segnali incoraggianti e faremo di tutto per pressare chi è preposto a seguire le indagini a identificare i disgraziati che ci hanno portato via Sergio".

L'ultima domanda è per scoprire il rapporto con il fratello, Alfredo Pagliaro, l'assessore…

"Alfredo, il politico. Lui è il mio fratello maggiore ed è sempre stato la perla della famiglia, quello bravo. Io sono stato quello un po' più birichino. Alfredo è una bravissima persona - racconta - e che lo dica io potrebbe sembrare di parte. In realtà ci sono tanti valori che ci accomunano. Che poi, voglio dire… siamo cresciuti nello stesso humus. Sinceramente, una cosa che penso mi accosti a lui è una grande sensibilità nei valori sociali e solidali. Siamo cresciuti in una famiglia che ci ha inculcato questi valori assoluti. Alfredo è molto bravo, anche se non ho condiviso mai la sua scelta di entrare in politica. Perché viveva bene e mi auguro che continui a vivere bene. Faceva il medico, ha una bella famiglia, si occupava anche lui di sociale nel suo quartiere. Ed ha vissuto le difficoltà della politica, dove molto spesso si antepongono i personalismi al bene comune . Sinceramente non lo vedevo predisposto a questo sistema politico che spesso non valorizza persone, competenze e qualità, ma altri metodi e meccanismi, a partire dalla conservazione del potere, che non tiene certo conto delle esigenze della comunità che dovrebbe rappresentare".

"Ma questo è un ragionamento un attimo più ampio", spiega. "Comunque, sì, abbiamo un buon rapporto - riprende -, però rispettoso delle nostre autonomie, perché spesso si tende a banalizzare e veniamo quindi identificati l'uno con l'altro, quando, facendo questo mestiere, mi vengono invece imposti imparzialità, indipendenza e scollegamento totale nei rapporti con i partiti. Lui stesso ha difficoltà quando viene collegato al mio ruolo, per cui ci teniamo molto a tenerlo scisso e separato. Alfredo non ha nessun privilegio nell'essere mio fratello, e viceversa. Anzi, nel nostro caso spesso la situazione è stata sconveniente, quella di essere fratelli che operano in settori importanti riguardanti la vita pubblica. Per cui siamo attenti a scindere i reciproci ruoli dal rapporto di parentela".

Ma Pagliaro non finisce qui. Annuncia la prossima uscita di un libro. "E' una notizia che ti do in anteprima. E' una sorta di manuale in cui tutti i concetti sulla comunicazione vengono riassunti. ‘Dal locale al globale - la comunicazione e l'informazione. Il caso Mixer Media'. Noi abbiamo sempre tracciato la strada - dice - e molti hanno cercato di frapporsi in questo percorso, non sempre in modo corretto, secondo me. Ma se si rimane nell'ambito della concorrenza leale, a me non può che fare piacere". L'ultima stoccata, è per il ruolo che lui stesso occupa nel panorama. "Sarebbe giusto, come dice Popper, che così come accade per i giornalisti, i quali hanno un codice deontologico, vengano dettate delle regole anche per gli editori. Io credo che gli editori debbano avere una ‘patente etica'. Il nostro è un ruolo di grande responsabilità, al servizio della gente. Credo che l'editore, più del giornalista stesso, abbia questa forte incombenza. Bisognerebbe avere quindi una ‘patente' ed essere sottoposti costantemente a degli esami per continuare ad espletare questo ruolo, perché la nostra un'attività che ha un riverbero sulla società molto importante".

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