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Terzapagina. "Venga il Regno", rock d'autore nel ritorno dei Virginiana Miller

È uscito il sesto album del gruppo livornese, vincitore di un David di Donatello per la canzone "Tutti i santi giorni": sguardo amaro sul presente, ma che non perde la fiducia nel domani. Poetico omaggio a Moro in "Anni di piombo"

L'impronta escatologica del titolo è evocativa, ma i testi e i brani che compongono "Venga il regno", l'ultima fatica dei Virginiana Miller, band livornese del mondo musicale alternativo italiano, hanno una prospettiva terrena. L'idea del disco è semplice, ma ambivalente: l'accettazione della maturità, da un lato, dove non tutto appare più raggiungibile, e dall'altro l'attesa di tempi migliori, facendo i conti col passato e agendo sul presente.

Sono trascorsi oltre vent'anni dall'esordio e da "Gelaterie sconsacrate" (che godeva di una collaborazione artistica mica male come quella di Giorgio Canali) e la formazione, guidata da Simone Lenzi, voce e paroliere (e completata da Antonio Bardi, Matteo Pastorelli, Daniele Catalucci, Giulio Pomponi, Valerio Griselli), ha seguito la linearità del proprio percorso, arricchito dalla vittoria di un David di Donatello per la miglior canzone originale ("Tutti i santi giorni", che dà il titolo all'omonimo film di Paolo Virzì, a sua volta adattamento del romanzo di esordio "La Generazione" del frontman Lenzi)infophoto_2013-10-26_223543626_low_p0001444818-2 e dalle attenzioni rivolte da qualche accademico alla loro scrittura (alla stregua di gente come Dylan, Cohen e De André).

Il bilancio tra talento e successo forse sembra in perdita, ma si sa, in Italia, funziona così: resta un mistero il fatto che gruppi come Afterhours, Marlene Kuntz, Verdena, Ministri (l'elenco sarebbe più ampio) abbiano faticato ad acquisire una visibilità e band come gli Estra, che hanno annoverato forse la voce più particolare del rock italiano (Giulio Casale) siano rimasti piuttosto sconosciuti. Il discorso sarebbe lungo e meriterebbe approfondimento.

"Venga il regno", sesto album della produzione, a tre anni di distanza da "Il primo lunedì del mondo" sembra la chiusura di un cerchio: il suono acquisisce una chiave più leggera, un pop-rock calibrato e a tratti retrò, che non cede qualità; i testi epurano i fronzoli, diventano essenziali, ma continuano a mantenersi in equilibrio tra la narrazione, quasi cinematografica, e una visione del mondo, fatta di emozioni e di una punta di cinismo.  

Tra i temi, dirompente è quello della bellezza contrapposta alle macerie societarie: sarcasmo, disincanto, malinconia ed amore sono le chiavi con cui leggere il reale. E i sentimenti, in particolare, rifuggono scorciatoie e calcoli di comodo. In un'annata, dove si sono registrati lavori come "Fantasma" dei Baustelle (a cui forse i livornesi si avvicinano per assonanze stilistica e musicale) e "La grande bellezza" di Paolo Sorrentino, quest'album non sembra una coincidenza. E certe atmosfere confluite nel disco, che si chiude guarda caso con "L'eternità di Roma", appaiono citazioni implicite di quel film.

Rispetto al passato, la scrittura di Lenzi fuoriesce dall'intimismo, porgendo maggiore attenzione al mondo esterno. Sono undici i brani contenuti in "Venga il regno": si apre con "Due", che alterna la ruvidità insistente del ritmo alla riflessività del testo sulla felicità. "Anni di piombo" è probabilmente il capolavoro di una intera produzione e uno dei pezzi più riusciti di tutta la stagione musicale italiana: un omaggio poetico, agrodolce ad Aldo Moro, con un arrangiamento che alterna un basso cupo alla leggerezza del piano e che si apre alla distanza. Il brano è supportato da un videoclip che ne sposa in pieno l'eleganza e la lirica.

"Una bella giornata", primo estratto dell'album, è per definizione un brano arioso e leggero. "Pupilla" e "Dal blu" sono sguardi malinconici sull'amore: il primo pezzo appare più struggente, il secondo gode di sonorità più rock, che non prescinde, però, dall'inclemenza di alcuni versi.

"Lettera di San Paolo agli operai" è insieme ad "Anni di piombo" il brano più intenso dell'album, a metà tra l'irreale e il cinico: una missiva scritta nel 1978 per l'oggi, che rivela la liquidità delle speranze tradite e la cruda consapevolezza di utopie senza consistenza. "Tutti i santi giorni", già David di Donatello, vive del sogno e della poesia dell'amore quotidiano. "Nel recinto dei cani" (dentro cui riecheggia il titolo dell'album) crudezza testuale e dolcezza musicale si fondono, in perfetto stile Virginiana Miller.

"Effetti speciali" fotografa in maniera causticaVirginiana-2 i difetti del mondo contemporaneo e rilancia la semplicità dei gesti come l'unica esperienza normale. "Chic" è il ritratto di una universitaria figlia di papà. La suggestione de "L’eternità di Roma" (che nella metrica e nelle parole asciutte ricorda "I provinciali" dei Baustelle) si alimenta nell'analisi spietata e incalzante: "Gotham City botulini a Babilonia e cocaina tira e serra la mascella schizza e sputa sangue e sperma muta dorma la bellezza e per sempre la ragazza ricoverata in coma le porga la chioma nell'eternità di Roma".

"Venga il Regno" è un album ispirato, che conferma l'abilità di un gruppo e di un autore come Lenzi. Un ritratto, tra amarezza e fiducia, che merita un posto di riguardo tra le migliori uscite di questo 2013.

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