rotate-mobile
Eventi

Il Salento visto dai food-bloggers: “Una perla svenduta da pressappochisti e saccenti”

Ospiti per un week end dedicato all'arte culinaria, quattro esperti hanno raccontato le loro impressioni sul territorio salentino, le sue risorse, le dinamiche relazionali. Senza tacere alcune critiche, come nel caso di Paolo Pojano

LECCE – Metti un indimenticabile weekend tra masserie, antiche e fastose magioni, pajare, spiagge incontaminate, sapori di terra e di mare innaffiati da ottimi vini, ospiti eccellenti e persone, volti e scorci che narrano di tradizioni gelosamente custodite nei secoli; metti quattro esperti internazionali di cibo che in quella terra giungono per la prima volta, e la fotografia che ne viene fuori fa emergere un Salento inedito e travolgente, la cui bellezza trasuda da ogni pietra, rosone, pietanza. E così anche le tante, evitabili, pecche che quella bellezza offuscano in maniera scriteriata e incomprensibile.

L’idea di quest’esperienza si deve alle valenti e coraggiose sorelle De Castro, Michela e Manuela, le quali, tra gli altri, hanno il merito di aver pervicacemente sostenuto l’impresa familiare, pur in un momento di oggettiva e fiaccante difficoltà, riprendendo a produrre olio e pasta d’indiscussa genuinità (storia di cui parleremo meglio in un prossimo approfondimento, ndr) e, soprattutto, di essere riuscite a imporsi in un mercato sempre più esigente con un prodotto, autoctono, altamente qualitativo: il grano Saragolla (lett. chicco giallo deriv. da sarga = giallo e golo = seme), varietà dalla quale le De Castro ottengono ben 12 fili di pasta integrale dal sapore e valore nutrizionale davvero unici. 

È stato durante un evento dedicato all’enogastronomia, organizzato in quel di Riva del Garda, che, non più tardi di tre mesi fa, le sorelle imprenditrici hanno conosciuto i quattro food-bloggers. Da lì la proposta di far loro esperire il fascino di questo territorio, saldamente ancorato ai propri, lenti ritmi di vita scaturenti, forse, dall’assolata tranquillità delle campagne e dal clima mite, dove l’economia agricola si basa su materie prime povere, dalle svariate caratteristiche organolettiche e gustative, ma ancora legate al passato rurale. Un passato che rivive ancor oggi in molte delle aziende sparse lungo l’estrema propaggine del tacco denominata Salento e che attrae un numero sempre crescente di turisti ogni anno da ogni parte del mondo. E ciò, nonostante i fendenti vibrati da certo consumismo globalizzante che vorrebbe fare di ogni bellezza culturale e paesaggistica un’attrazione turistica low-cost (e, necessariamente, low-quality). 

È questo uno dei punti chiave che ha portato Giovanna Hoang, Monica Bergomi, Silvia Leoncini e Paolo Pojano a far di necessità virtù; ovve-ro, a decidere di ottenere il meglio per sé dal mondo del food e di condividere le proprie impressioni, e opinioni, con il maggior numero di persone possibile attraverso le infinite possibilità offerte dalla rete.  Così nasce la professione del food-blogger, figura che in America esiste dal ‘97 e che, sostanzialmente, si fonda sul tam-tam di notizie tra utenti, come su un qualsiasi social, ma che, in buona sostanza, consente di creare un database d’informazioni, consigli, ricette e tutto quanto riguarda il complesso mondo della gastronomia. Basti pensare che in Italia il fenomeno è esploso nel 2011 e soltanto due anni più tardi, nel 2013, si contavano decine di migliaia di blog sull’argomento.
Valeva la pena, allora, secondo le sorelle De Castro, portare in giro “lungo vicoli e strettoie ricche di odori, sapori ed emozioni” questa risicata compagnia di viaggiatori, i cui pareri creano tendenze e influenzano il mercato dell’enogastronomia, e del turismo.  Taste of Heel (il gusto del tacco), un programma di tre giorni, stilato fin nei minimi dettagli, è stato pensato per offrire una visione di massima del Salento agli eccezionali intervenuti, che hanno fatto base nella casa di Santa Caterina di Michela De Castro e di suo marito, dove il pranzo preparato dalla chef Alessandra Moschettini ha preparato la strada all’ape-tour pomeridiano per le assolate stradine del borgo antico di Otranto, e alle visite al pastificio D’Oria di Martano e presso l’azienda agricola Le Saittole, con degustazioni di olii, olive e sott’oli, per chiudere la prima, intensa giornata con la cena al Don Fausto di Vernole. 

Il secondo giorno non è stato meno ricco di sorprese per i quattro ospiti, i quali, dopo una visita presso la tenuta Donna Oleria, hanno trovato il giusto ristoro dalla calura estiva tra le acque cristalline di Punta della Suina, dove la proprietà ha organizzato un delizioso pranzo in spiaggia. Pomeriggio tra chiese e palazzi di Gallipoli, una chiacchiera con i pescatori e la visita alle cantine Vaglio Massa per fare rotta a Lecce, in serata, dove la cena al ristorante Volo è stata il preludio alla “Notte dei misteri”, un’escursione al chiaro di luna tra gli scorci meno noti e affascinanti della città barocca. Domenica mattina, con la visita presso l’azienda agricola “I Paticchi”, la tenuta di San Pietro Vernotico della famiglia De Castro, si è concluso il soggiorno salentino di Giovanna Hoang, Monica Bergomi, Silvia Leoncini e Paolo Pojano, i quattro pluripremiati food-bloggers che hanno scelto il Salento per una full-immersion nei sapori e nelle storie di un territorio ancora sconosciuto alla sconfinata utenza della rete. Una rete che ha eletto questi professionisti del cibo quali punti di riferimento della buona tavola e dei buoni metodi, le cui escursioni ai quattro angoli del Belpaese sono seguite con assiduo interesse da decine di migliaia di followers in tutta la nazione, e non solo.

Ma come si fa a districarsi nella selva di opinionisti della cucina, chi vale la pena seguire e, eventualmente, come si diventa food-blogger? E, ancora, come appare questa complessa realtà geografica e culturale agli occhi di chi vi giunge per la prima volta?  Sabato sera, nella splendida cornice del ristorante Volo, tra candele, musica soffusa, piatti, posate e bicchieri interamente realizzati con metodi artigianali, lo abbiamo chiesto a questi ospiti d’eccezione. Giovanna Hoang, che si dice “innamorata” della gente e dell’accoglienza salentine, inizia a raccontare la sua esperienza: “L’aspetto che mi ha colpito maggiormente – ha spiegato la blogger italo-vietnamita di Like Eat – è la vostra capacità di mantenere inalterate le caratteristiche di prodotti antichi, e legati alla tradizione, senza temere il confronto con il cambiamento dei processi e delle dinamiche di filiera dei più noti marchi internazionali che fanno capo alla grande distribuzione. Qui, al contrario, si trovano ottimi prodotti di nicchia che non guardano all’estetica, ma alla sostanza, e ti dicono chiaramente ‘se mi vuoi sono così, prendere o lasciare’; e la cosa fantastica è che dopo aver provato nessuno lascia mai”. 

La Hoang, che ha già promesso di tornare in agosto, è una dei co-producer della piattaforma digitale “Fuudly” un social-network verticale sul cibo che vuol essere, stando alle parole della stessa  Hoang, un luogo di comunicazione aperto a tutti, dal produttore al consumatore, dove si partecipa alla community in tutti i modi possibili: dalla pubblicazione di ricette e consigli pratici alla geo-localizzazione dei luoghi più suggestivi, e da non perdere, alla promozione di eventi. Naturalmente il proposito è di mettere insieme la passione della gente per il cibo di qualità; e il minimo comun denominatore è il racconto, personalissimo, delle esperienze provate in giro per l’Italia. Silvia Leoncini, in arte “La Masca in Cucina” (dal nome del suo blog), è una food-writer – categoria che tiene a distinguersi dai blogger, – una comunicatrice del cibo, appartenente all’Aifb, l’associazione italiana food-bloggers, nonché story-teller, giornalista free-lance e guida turistica, il cui successo, oltre alle dotte incursioni su Giallo Zafferano, si è accresciuto notevolmente in seguito alla presentazione del suo romanzo “La guerra di Gianni”, storia biografica con al centro il padre dell’autrice sullo sfondo del secondo conflitto mondiale.

La Leoncini, di origini genovesi, in Puglia c’è già stata nel ‘93, ma i ricordi per lei non si sono affievoliti. Anche se, chissà per quale strano sortilegio meridiano, il paesaggio marino di Punta della Suina, visitato sabato mattina, ha fatto riaffiorare alla sua mente la Corsica. “Io vivo a 1000 metri di quota in un castagneto sulle Alpi, e provare i sapori e i profumi di questa terra, vedere i colori fortemente contrastati della campagna, del mare e della pietra leccese mi ha dato sensazioni assolutamente nuove e sorprendenti che, a ottobre, spero di far provare a mio marito e che comunicherò ai miei follower, anche attraverso le decine di immagini che sto scattando e postando a ruota libera in queste ore. Coltivo tutto ciò che uso in cucina e non amo, lo dico francamente, i prodotti industriali. Anche se spesso bisogna adeguarsi alle circostanze, vado alla ricerca di materie prime e prodotti di nicchia. Non è tanto che faccio questo lavoro. Fino a poco tempo fa, mettevo per iscritto i miei appunti e le diverse esperienze accumulando quaderni su quaderni. A un certo punto mi sono resa conto che avrei avuto bisogno di riordinare tutto il mio materiale e di ottimizzare lo spazio in casa. Così ho aperto un blog di cucina dove acanto a ogni ricetta c’è una storia ad essa collegata”.

Comasca e autrice del blog “La luna sul cucchiaio”, Monica Bergomi non usa mezzi termini per descrivere la sua esperienza di viaggio: “Non ci si aspetta un Salento così. Chiaramente ci si può informare sulle cose e i luoghi da visitare, i cibi da provare e le peculiarità di una determinata area regionale; ma l’aspetto che mi interessa più di ogni altro è scoprire quanto un prodotto sia legato al quel dato territorio, quali sono i processi di produzione, quale economia sostiene e in che modo condiziona le tradizioni locali. Ad esempio, parlando della pasta delle nostre ospiti, Michela e Manuela De Castro, una persona curiosa come me è portata a domandarsi anzitutto per quale motivo un imprenditore compie il sacrificio di selezionare una varietà di grano così antica e non utilizzata in ambito industriale a causa della sua bassa ressa produttiva. Se a ciò si aggiungono il ricupero di un valore tradizionale e di un’eredità famigliare che rischiavano di scomparire sotto i colpi della crisi e della globalizzazione, il fascino è assicurato e la storia vale la pena di essere raccontata. Inoltre la pasta di grano Saragolla è un prodotto versatile già di suo, peraltro ha un bassissimo contenuto di glutine, tanto da essere assimilata al Kamut, e dunque un’alta digeribilità che ben si presta all’alimentazione anche di chi è affetto da intolleranze a quella proteina. Fare la blogger è stato un caso – confessa la Bergomi che, come i colleghi, vanta migliaia di utenti tra i diversi social, – ed è legato alla mia voglia di condividere con amici e conoscenti le ricette di cui vado cercando varianti regionali e storia. Quando mi son vista chiedere consigli e trucchi di cucina con una frequenza sempre maggiore, ho deciso di aprire un blog, che mi ha condotto a svolgere questa nuova professione”.

IMG_2598-2-2Il viaggio di Paolo Pojano nella nostra terra ha serbato molte sorprese. Alcune meno piacevoli della altre, ma senza dubbio costruttive. “Il Salento ha una varietà di materie prime e una potenzialità davvero impressionanti. A questi aspetti notevolmente favorevoli, tuttavia, si somma l’incomprensibile, e ingiustificabile, incapacità della gente di fare quadrato attorno alle risorse comuni. La dissonante evidenza, infatti – spiega il blogger di “Chefs4Passion”, uno dei primi 10 blog italiani per numero di utenti, nonché food-writer per Gambero Rosso, – è la totale indisposizione dei produttori a vendere il territorio all’esterno. Qui in Salento non si fa gioco di squadra, piuttosto si gioca uno contro l’altro. Se è vero che la stessa cosa avviene in tante realtà italiane, ciò non dev’essere di consolazione, perché il processo, alla lunga, porta chi viene da fuori a disaffezionarsi alla gente e al territorio. Ne ho avuto percezione in due soli giorni, e sfido chiunque a dire il contrario. Credo che il problema sia, in buona parte, ascrivibile a una scarsa disponibilità di mezzi in termini di comunicazione.

Qui si tende a far parlare il prodotto e si fa poca pubblicità; e quando questa c’è, è di scarsa efficacia e qualità. È come avere per le mani una perla e non saperlo: si finisce per svenderla a causa di pressappochismo e saccenza. Tali carenze, nondimeno, potrebbero essere compensate consorziandosi per proporre prodotti che non devono competere tra loro a detrimento degli imprenditori più piccoli, ma stimolare le differenze per puntare al massimo della qualità. Così il consumatore percepirà le differenze come valore aggiunto ed esse stesse, in un’ottica lungimirante, faranno da volano per l’economia territoriale. Essere un influencer del food vuol dire conoscere tutto ciò che sta dietro a una realtà territoriale, non soltanto scrivere e parlare di cibo. Con il mio lavoro cerco di far comprendere alla gente perché preferire un locale rispetto ad altri, o una certa materia prima; non è detto che pagare di più equivalga ad avere cibi e servizi migliori, ma è bene capire quali sono le motivazioni di tali risultati. Se, poi, ciò raggiunge la soddisfazione dei miei follower vuol dire che ho colto nel segno”. 

Mangiar bene, oggi più che mai, è una questione di salute, oltre che di economie domestiche. Dunque, occorre supportare coloro che aiutano a vivere la vita in maniera più salubre e producendo materie prime e alimenti non trattati, coltivati o manipolati lontano da fonti d’inquinamento, possibilmente a chilometri zero, e non modificati geneticamente. Inoltre, se andare a cena non costa l’intero stipendio a beneficiarne sarà anche il ménage familiare, visto che l’intero comparto dell’enogastronomia si regge sul piacere di stare insieme e di condividere il cibo e le bevande tra amici e cari. Mangiare, come sostengono a vario titolo i quattro food-bloggers, vuol dire conoscere; conoscere persone, luoghi e tradizioni. L’intera storia potrebbe essere riletta in rapporto al cibo, e ai cambiamenti cui l’essere umano è andato incontro nel corso dei secoli, dal semplice sfamarsi fino al soddisfacimento del palato e del senso estetico. 

E con l’auspicio che lo splendido biglietto da visita, che i “nostri” quattro cibo-nauti hanno confezionato durante la loro prima visita in Salento, venga tenuto in debita considerazione da chi si affanna a promuovere il territorio credendo di aver compreso ogni cosa, non resta che godersi le splendide istantanee di Instagram e i commenti postati all’interno dei loro rispettivi, seguitissimi blog (per trovarli basta digitare nome e cognome in un motore di ricerca, ndr).
Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Il Salento visto dai food-bloggers: “Una perla svenduta da pressappochisti e saccenti”

LeccePrima è in caricamento