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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Qualità della vita, la provincia di Lecce risale ma è sempre troppo bassa

Il Salento 89esimo in Italia. Scarso e insufficiente in vari indicatori: lavoro, ambiente, servizi finanziari e scolastici, salute, tempo libero e tenore di vita. Ma in tema di criminalità, c'è molto di peggio

LECCE – Un avanzamento promettente di cinque posizioni rispetto al 2015, ma pur sempre e ancora troppo poco perché ci si possa scrollare di dosso quel fastidioso colore blu. Così, infatti, il quotidiano economico, giuridico e politico “Italia Oggi”, in una sua ricerca appena pubblicata, marchia le province italiane che, nel complesso, sono risultate insufficienti nella classifica generale sulla qualità della vita. E per insufficiente, s’intende il giudizio peggiore nella scala elaborata, dove giallo significa buono, verde accettabile e rosso scarso.

Si tratta di una graduatoria redatta sotto il coordinamento di Alessandro Polli del Dipartimento di scienze sociali ed economiche dell’Università La Sapienza di Roma.

E di colore blu è segnata, dunque, fra le altre, anche la provincia di Lecce, con la sua poco sorridente 89esima posizione, che la colloca nella parte medio - bassa della colonna di destra. Un passo prima di Taranto e cinque prima di Foggia, ma al di sotto di tutte le altre province pugliesi, ivi compresa quella di Brindisi che, con la sua 79esima posizione sembra quasi irraggiungibile. Forse non sfaterà qualche mito dovuto più che altro al campanilismo, ma è pur sempre un dato di cui dovranno tener conto anche i più tenaci sostenitori della “regola” secondo cui a Lecce si viva meglio.

C’è però da dire che l’avanzamento in classifica di Lecce e provincia, per quanto lento, è comunque costante. Se lo scorso anno, infatti, la provincia salentina si era collocata in 94esima posizione, nel 2014 era addirittura in 97esima. Insomma, forse impercettibili, ma pur sempre esistenti miglioramenti. Nel solco di un generale progresso di tutte le province italiane medio - piccole. Un recupero di terreno, va detto, a discapito delle grandi aree urbane, che sembrano quasi tutte in inesorabile discesa. Basti pensare al crollo verticale di Roma, che si appaia quasi a Lecce (è 88esima), quando lo scorso anno si era piazzata 69esima.

Ma il dramma italiano, guardando la mappa nella sua totalità, è che abita nelle zone segnate in rosso (scarsa) e blu (insufficiente) ben il 53,9 per cento della popolazione, pari, spiegano i ricercatori, a 32 milioni e 732mila cittadini. Certo, un miglioramento anche da questo punto di vista rispetto al 2015, quando la soglia era del 56,6 per cento, si nota. Ma è pur sempre un dato poco lusinghiero e che segna ancora una volta una netta divergenza fra quasi tutto il Centro-Nord e il Mezzogiorno.

Possibile, davvero, che ci sia tanta bruttezza nel Paese della “Grande bellezza”? La forbice fra Mantova, che spodesta sul trono Trento, e Crotone, che sprofonda in 110cima posizione, dalla precedente 86esima, fa quasi venire le vertigini.

La tabella finale è un compendio di vari indicatori, ognuno dei quali genera una graduatoria a se stante. E in nessuna delle quali Lecce e provincia riescono in qualche modo a brillare, pur con qualche sorprendente balzo in sfere decenti laddove non te l’aspetti: la criminalità, per esempio.

Ma spulciando fra le posizioni della classifica su affari e lavoro (composto da fattori quali disoccupazione, importo medio dei protesti, numero di imprese registrate e di quelle cessate, per citarne solo alcuni) il dato è disarmante. Il Salento è quasi sul fondo, al 101esimo posto. La peggiore performance pugliese.

DSCN4054-3Nell’ambiente (che tiene conto, fra l’altro, della concentrazione di biossido d’azoto, del superamento del livello di Pm10, ma anche di consumi idrici, produzione di rifiuti urbani e raccolta differenziata, veicoli circolanti, piste ciclabili, Ztl, depurazione di acque reflue, uso del trasporto pubblico, eccetera) Lecce e provincia sono 81esimi. Non certo una collocazione invitante, se si tiene conto che in Puglia solo Taranto, 86esima, va peggio (risentendo di certo anche dell’effetto Ilva).

Sempre a proposito di miti e leggende, Lecce si accende però improvvisamente di un colore verde, che indica un livello accettabile, quando il confronto sulla qualità della vita s’incontra con il già accennato problema della criminalità. Con il suo 50esimo posto è, dunque, a metà classifica nello Stivale, quindi precedendo molte località, anche del Nord. Chi si sarebbe atteso, per esempio, una provincia di Aosta al 73esimo posto? La classifica sulla criminalità tiene conto, fra l’altro, del numero di reati contro il patrimonio, degli omicidi volontari e colposi, delle lesioni, delle violenze sessuali, e, ancora, di traffico di stupefacenti, prostituzione, scippi, furti d’auto e in appartamento, e via dicendo.

Spia verde (quindi, livello accettabile) anche nel disagio sociale. Lecce è 37esima, quando si parla di infortuni sul lavoro, morti per tumore, incidenti stradali, suicidi, disoccupazione giovanile, reati a sfondo sessuale su minori, disturbi psichici e disabilità. Salento al 48esimo posto, poi, per popolazione, categoria che contempla rilevatori come densità demografica, emigrazione e immigrazione, mortalità e natalità, numero medio di componenti per famiglia.

Molto male, invece, la posizione per quel che concerne i servizi finanziari e scolastici (Lecce è 86esima) e non certo buona quella sul sistema salute (64esima). Insufficienza piena, con la magra 90esima posizione, e in modo forse un po’ imprevisto, nella classifica del tempo libero (cioè numero di agriturismo, alberghi, ristoranti, bar e caffetterie, sale cinematografiche, palestre, associazioni artistiche e ricreative, librerie). Lecce e provincia sono poi 64esime per tenore di vita, segnando anche in questo caso un punteggio scarso.      

Il consiglio? Scaricare e analizzare la classifica. Un ottimo spunto per un confronto sui dati, provincia per provincia, e per capire perché il sole, secondo il giornale economico "Italia Oggi" e i ricercatori de La Sapienza, non illumina tutta Italia allo stesso modo.

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