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Calimera, autorizzata la centrale a biometano. Critico Antonio Trevisi

Il consigliere regionale M5S: "Progetto passato nel silenzio delle istituzioni. La gestione dei rifiuti non può dipendere dai privati"

CALIMERA – Calimera avrà una centrale a biometano. Si è concluso, infatti, l’iter autorizzativo per la realizzazione della centrale, con annesso gasdotto lungo due chilometri per esportare il gas prodotto dal compostaggio anaerobico.

Critica è la posizione di Antonio Trevisi, consigliere regionale M5S, che aveva depositato lo scorso maggio un’interrogazione diretta all’ex assessore all’Ambiente, Santorsola, per sapere quali misure intendesse adottare la giunta regionale per tutelare la salute dei cittadini. Il problema, sollevato dal consigliere, era quello della vicinanza al centro abitato del sito scelto per la costruzione della centrale.

“È vero - dichiara il pentastellato - che l’iter autorizzativo ha interessato la precedente amministrazione comunale, ma quella attuale avrebbe potuto fare di più considerato che l’Aia, autorizzazione ultima ai fini della chiusura dell’iter, è stata rilasciata a metà giugno 2015, quando la giunta era già in carica”.

Per Trevisi il progetto sarebbe passato “nel totale silenzio del territorio e delle istituzioni”.

“Il 30 giugno 2017 la Provincia di Lecce informava la società Newcoenergy srl che la variante a biometano è una modifica non sostanziale, ovvero non soggetta alla procedura di screening/Via, e che lo stesso ente avrebbe proceduto ad aggiornare l’autorizzazione solo dopo aver acquisito il parere definitivo del gestore della rete del gas sulla effettiva fattibilità del gasdotto di connessione”, scrive il consigliere.

“La realizzazione di centrali di questa tipologia può essere pensata a livello pubblico, ma solo in contesti industrializzati e, comunque, sempre a debita distanza dai centri abitati – sottolinea -. Questo perché nel caso di un problema nel funzionamento della centrale ci sarebbe poco da fare. Oltre alla questione degli odori nauseabondi che pregiudicherebbero la qualità della vita dei cittadini, vi è anche il rischio che il biodigestato possa finire in discarica”.

Trevisi non nega che esista una oggettiva carenza di impianti  ma avverte: “Non si può continuare a lasciare il settore dei rifiuti in mano ai privati che spesso fanno cartello fra di loro, non consentendo un abbattimento dei costi per le utenze”. Dovrebbe essere la Regione, quindi, a specificare quanti impianti sono necessari e quale sia la migliore localizzazione tramite l’aggiornamento della pianificazione regionale. 

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