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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica Piazza Sant'Oronzo

“Carta dei diritti universali”, la Cgil riscrive le tutele del lavoro

Il sindacato in piazza Sant'Oronzo propone tre quesiti che compongono una legge di iniziativa popolare: stop al precariato, al lavoro accessorio e sì al reintegro sul posto

LECCE – Cgil Lecce chiama a raccolta i cittadini, i lavoratori, i precari ed i pensionati: fino all’8 luglio sarà possibile firmare la Carta dei diritti universali del lavoro immaginata ed elaborata dal sindacato per risanare le falle aperte nel tessuto occupazionale italiano. L’iniziativa omonima ha preso il via questa mattina da piazza Sant’Oronzo, analogamente a quanto avvenuto nelle principali piazze del Paese: Cgil ha allestito un banchetto a sostegno di tre quesiti referendari che compongono l’iniziativa di legge popolare.

WP_20160409_008-2Al centro il Jobs act ed i suoi effetti sul mercato del lavoro, in termini di agevolazioni fiscali per le aziende e presunte tutele crescenti per i dipendenti. Ma non solo. Al fine di estendere i diritti a tutti i lavoratori (partendo da chi le tutele le ha perse o non ne le mai conosciute) la Camera del lavoro ha proposto la cancellazione del lavoro accessorio (voucher), la reintroduzione della piena responsabilità solidale in tema di appalti, una nuova tutela reintegratoria in caso di licenziamento illegittimo per tutte le aziende al di sopra dei cinque dipendenti. Il consenso raccolto tra i lavoratori riuniti in assemblea (ne sono state indette 312 nella sola provincia di Lecce) ha raggiunto la soglia del 98 percento: da gennaio a metà marzo hanno votato 18 mila 410 iscritti sul territorio e quasi un milione e mezzo di persone su scala nazionale.

Il segretario generale di Lecce, Salvatore Arnesano si dice orgoglioso del successo ottenuto e spiega: “Abbiamo voluto riscrivere il diritto al lavoro condividendo pienamente il progetto con i lavoratori; i dati su scala provinciale hanno confermato la sofferenza delle persone rispetto alla regressione delle tutele ed il tema delle pensioni è quello più sentito”. La Carta di Cgil non è stata immaginata come un semplice ritorno al passato, alle garanzie costituzionali ed al salvagente del contratto collettivo nazionale, ma come “un documento calibrato sui nodi della contemporaneità”. A partire dalla voragine del precariato che ha inghiottito la forza produttiva del Paese. Ed è per questo che risulta centrale il principio dell’uguaglianza: il sindacato rivendica tutele universali, non solo per i subordinati pubblici e privati, ma all’intera galassia dei parasubordinati, veri o finti autonomi, professionisti, atipici, flessibili, precari, discontinui.

All’iniziativa odierna hanno partecipato anche alcuni lavoratori che hanno voluto rendere nota la loro personale esperienza. Guido, un operaio assunto a tempo indeterminato nel settore della moda, nonostante appartenga al microcosmo dei “garantiti”, vive il futuro con un carico di ansia: “Ritengo fondamentale il quesito posto da Cgil sul reintegro in caso di licenziamento illegittimo perché i contratti a tutele crescenti non impediscono ad un datore di lavoro di mandarti a casa, nel caso in cui cali la produttività ad esempio, corrispondendo un semplice indennizzo. E molte aziende hanno purtroppo approfittato degli sgravi fiscali per fare assunzioni che non garantiscono nulla mentre, paradossalmente, un contratto a tempo determinato impedisce che tu venga licenziato fino alla data di scadenza dello stesso”.WP_20160409_043-2

Poi c’è Giovanna ricercatrice universitaria dal lontano 2007, tuttora precaria: “Lavoro nel dipartimento di Beni culturali e tiro avanti con gli assegni di ricerca che non sono assimilabili ad un vero contratto: somigliano più ad una borsa di studio che viene corrisposta di volta in volta, in base ai risultati raggiunti e sulla scorta dei fondi di cui dispone l’Università del Salento. Non esiste la formula del rinnovo automatico e io posso trovarmi ferma per mesi, anni. Non ho diritto a ferie, malattie, contributi pensionistici ed assegni di disoccupazione; pur lavorando nel comparto pubblico sono stata tagliata fuori da ogni tutela sociale”. Una cosa, Giovanna, ci tiene ad aggiungerla: “La nostra precarietà distrugge il diritto a un’università pubblica di qualità”.

Un’altra testimonianza è stata resa da una dipendente del call center Call Marketing, Giuliana Trovè, assunta con la copertura del Jobs Act nel giugno 2015 (part-time a tempo indeterminato) e già incerta sul suo destino: “L’azienda inizialmente ci ha proposto di dimetterci per essere riassunti, con contratto co.co.co. nella sede di Cavallino, gestita dal committente Idroservice. Di fronte al rifiuto è scattato il ricatto: Call marketing  ha comunicato il trasferimento in una nuova sede, quella di Acquarica del Capo, a diversi chilometri di distanza, soluzione che non ci permette di vivere dignitosamente con uno stipendio così modesto. Temiamo che il loro scopo sia quello di spingerci a rassegnare le dimissioni per non pagare i relativi contributi. Da giorni abbiamo indetto uno sciopero ad oltranza e rimaniamo in attesa di una risposta”.

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