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Venerdì, 29 Marzo 2024
Politica

"Che ne sarà dei lavoratori del Mercatone Uno?": sciopero e protesta in prefettura

Sigilli al punto vendita di San Cesario e richiesta di concordato preventivo a livello nazionale. La vertenza sbarca sul tavolo del ministero mentre i sindacati manifestano a Lecce

LECCE - Braccia incrociate e sit-in davanti alla prefettura di Lecce: i dipendenti dei punti vendita Mercatone Uno di San Cesario, Surano e Matino hanno alzato il tiro della protesta questa mattina, aderendo allo sciopero nazionale proclamato dai sindacati di categoria.

La mobilitazione si è tenuta in concomitanza con il tavolo sulla vertenza aperto a Roma, presso il ministero dello Sviluppo Economico. L’incontro era già stato richiesto, con largo anticipo, dai segretari di Filcams Cgils, Fisascat Cisl e Uitucs Uil preoccupati dai segnali poco incoraggianti che venivano dal gruppo. La data è poi slittata ad oggi, 18 aprile.

Nel frattempo, però, la questione si è complicata. L’ansia dei lavoratori dei vari centri commerciali è esplosa dopo la richiesta di concordato preventivo in continuità, presentata dall’azienda il 12 aprile. “Ciò a riprova di come vi sia una seria problematica di natura economico finanziaria che non permette di soddisfare le richieste né dei creditori, né dei fornitori né dei lavoratori”, commenta Daniela Campobasso di Filcams Cgil Lecce.

A livello territoriale, poi, la situazione è davvero precipitata. Il punto vendita di San Cesario da ieri è stato posto sotto sequestro giudiziario a causa dell’insolvenza nel pagamento dell’affitto al proprietario dell’immobile. “Il centro commerciale è sotto sfratto esecutivo e i dipendenti di San Cesario, 42 in tutto, da martedì 23 aprile verranno smistati tra le sedi di Matino e Surano”, aggiunge lei.

I trasferimenti verso le sedi di altri paesi non lasciano tranquilli perché, secondo i sindacalisti radunati in via XXV luglio, a Matino e a Surano già si contavano alcuni esuberi del personale.

“Ieri mattina intanto i lavoratori sono stati umiliati perché si sono presentati al lavoro, come di consueto, ma gli è stato intimato di non entrare, se non per recuperare gli effetti personali. Questo aggrava la precarietà di una situazione già critica: ricordiamo infatti che nel passaggio di proprietà da Mercatone Uno a Shernon Holding, i lavoratori si sono visti decurtare lo stipendio, passando dal full time al part time”, denuncia ancora la referente di Filcams.

La sindacalista ci tiene a precisare anche che "Mercatone Uno, di fatto, non esiste più, perché è stata acquisita da Shernon Holding".

"L’amministrazione straordinaria ministeriale ha valutato la proposta di acquisto da parte di questa holding come la migliore possibile perché avrebbe rispettato alcuni parametri, salvaguardando i livelli occupazionali - aggiunge lei-.  Mi sorprende che appena 8 mesi dopo la Shernon Holding abbia presentato una richiesta di concordato preventivo: evidentemente non aveva questa capacità economica per garantire la stabilità aziendale. Mi aspettavo che il ministero facesse una valutazione più accurata dell’azienda cui affidare le sorti di centinaia di lavoratori distribuiti in tutto il Paese".

“La responsabilità di questa situazione a mio avviso ricade sui commissari che hanno scelto la holding senza valutare attentamente la sua sostenibilità economica e finanziaria. Già a gennaio, infatti, si parlava di una ricapitalizzazione aziendale e la merce cominciava a non arrivare, tanto che i magazzini dei punti vendita si sono svuotati progressivamente. È vero che i lavoratori sono stati retribuiti fino ad oggi, ma il problema esiste: se non arriva la merce, come verranno pagati gli stipendi? È paradossale che i commissari non abbiano vigilato sull’azienda subentrante. Peraltro, dall’incontro che si sta tenendo proprio in queste ore al Mise, l’esposizione debitoria risulta già molto alta”, aggiunge l’esponente Uiltucs Lecce, Antonio Palermo.

La situazione è decisamente preoccupante e il rischio è che vadano in fumo un altro centinaio di posti di lavoro soltanto nel Salento.  filcams miglietta-2

"I creditori attendono l’omologa del concordato preventivo e non sappiamo che ci sarà un accordo né sappiamo che fine faranno i lavoratori di San Cesario di Lecce che da ieri sono tornati a casa - denuncia ancora Campobasso -. Questi lavoratori già vantano delle somme pregresse relative al tfr, a valere sul fondo di garanzia, e somme di istituti contrattuali diversi dal tfr, non erogati dall’azienda, a valere sul fondo di tesoreria. Il fondo di garanzia per alcuni lavoratori ha pagato, per altri no: non sappiamo perché l’Inps abbia bloccato questi pagamenti”.

Gli esponenti dei sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil Lecce hanno consegnato un documento al prefetto Cucinotta in cui sono messe, nero su bianco, tutte le richieste e le preoccupazioni in merito alla vertenza: "La provincia di Lecce non può tollerare altre espulsioni dal ciclo produttivo. Non è più tollerabile disperdere competenze, potenzialità di sviluppo e presidi commerciali così importanti. Auspichiamo vivamente che l’incontro odierno presso il ministero competente possa tracciare un percorso di rinascita aziendale e che dal sacrificio fino ad ora compiuto dalle maestranze possa davvero scaturire la fuoriuscita dal tunnel della crisi".

Il candidato sindaco Fiorella: "I dipendenti si riunissero in cooperativa"

Il candidato sindaco di Sinistra Comune, Mario Fiorella, ha testimoniato la solidarietà ai dipendenti che “oltre ad essere coinvolti in una ristrutturazione dagli esiti e dalle basi incerti, sono anche costretti a fare i conti con un doloroso sfratto”.

L’ex magistrato, allargando l’orizzonte della vertenza locale, ha puntato il dito contro “l’attitudine alla compravendita di marchi e al trasferimento altrove della produzione, fenomeni che non rendono giustizia alla dignità dei lavoratori, ai quali dovrebbe essere data la possibilità di coordinarsi tra di loro e di gestire direttamente queste crisi”.

“Questo stato di cose – avverte Fiorella - è dato proprio dalla finanziarizzazione dell'economia, secondo la formula vengo, speculo e me ne vado. Queste dinamiche, che avvengono sulla pelle dei lavoratori, devono finire. E la sinistra deve tornare a fare la sua parte ed alzare la voce su questi fenomeni, mettendo dei paletti. Tutti possono fare affari ma nulla si deve compiere a danno del lavoratore e della persona.

Una soluzione possibile per uscire dall’impasse, secondo l’ex magistrato, sarebbe quella di riunirsi in cooperativa: “I dipendenti potrebbero così mettersi in condizioni di lavorare, sbattendo fuori gli speculatori e requisendone tutti i beni presenti sul territorio nazionale”.

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