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Giovedì, 28 Marzo 2024
Politica Melendugno

Il fronte No Tap davanti a un bivio, il comitato in sintonia con i movimenti

Nel giorno della manifestazione "istituzionale" a Montecitorio, dal presidio di San Basilio una posizione netta contro la realizzazione del gasdotto in qualunque luogo

SAN FOCA – Le strade ora corrono parallele ma sono di diversa lunghezza e il traguardo della prima è solo un passaggio della seconda. Se, infatti, per la parte istituzionale del fronte contrario al gasdotto Tap l’obiettivo è scongiurare l’approdo a San Foca, per la parte movimentista l’opera va contrastata tout court, ovunque e sempre.

Probabilmente non è nemmeno un caso che la conferenza stampa convocata al presidio di San Basilio, a due passi dal mare di San Foca, avvenga poche ore prima della manifestazione che in piazza Montecitorio, a Roma, vedrà la presenza di una ampia delegazione di sindaci salentini, intenzionati a portare all’attenzione del governo la necessità di riaprire un tavolo per un dialogo che ritengono ancora possibile sulla localizzazione del gasdotto. Un’eventuale alternativa al Comitato No Tap non interessa “perché ciò che è un male qui, non può essere un bene altrove”.

Non si tratta di una rottura traumatica, ma di una prospettiva differente che implica divergenza sulle strategie: per rendere chiaro che la battaglia va oltre i confini del territorio comunale di Melendugno, i portavoce del Comitato No Tap, Gianluca Maggiore e Marco Santoro Verri, hanno voluto con sé sulle panchine sistemate tra gli ulivi due rappresentanti del comitato No Carbone di Brindisi, Daniele Pomes e Michele Arganese, che hanno escluso radicalmente la fattibilità – e l’utilità – di una riconversione a gas della centrale di Cerano, ipotesi che invece viene sbandierata dal governatore pugliese, Michele Emiliano, come possibile soluzione alla questione e che pare aver fatto breccia anche nell’oncologo Serravezza che ha interrotto da pochi giorni lo sciopero della fame e della sete condotto  per spingere le istituzioni alla riapertura di una trattativa.

A Brindisi, hanno spiegato, la pressione dal punto di vista ambientale è già insostenibile, con sette grandi insediamenti che producono emissioni inquinanti e classificati a rischio di incidenti rilevanti (direttiva Seveso), per non parlare di quella del danno sanitario con preoccupanti incidenze di malformazioni cardiache neonatali e di patologie tumorali rispetto alla media. Ecco perché, hanno aggiunto, i problemi di Brindisi, come quelli di Taranto, sono quelli di tutto il Salento dove già da tempo oramai è diffusa una preoccupazione, che coinvolge direttamente anche la Asl, sul cosiddetto danno cumulativo e sulla necessità di studi approfonditi e monitoraggi costanti delle matrici ambientali (suolo, aria, acqua).

Verri e Maggiore hanno ribadito che il no al gasdotto è fondato sulla conoscenza approfondita delle “carte”, e dunque di quelle che dicono essere clamorose fragilità dal punto di vista tecnico, e sulla convinzione che tutta l’operazione sia stata imposta per interessi speculativi commisti a malaffare.  

Gli esponenti del Comitato No Tap, tra l’altro, contestano la ricostruzione data dalla stampa nazionale e dall'azione delle lobby, per la quale i problemi ci sarebbero solo nel tratto di competenza italiana perché anche negli altri paesi interessati dalla costruzione del gasdotto, Turchia, Grecia, Albania, i nodi da sciogliere non mancano: dal boicottaggio messo in atto dai curdi del Pkk in territorio turco, al ritrovamento di siti di grande interesse archeologico in Albania e in Grecia dove si registra anche una forte opposizione di privati che rifiutano di cedere i loro terreni, in virtù di una legislazione nazionale che glielo consente. 

Il rifiuto del progetto Tap, insomma, non come vocazione di una frangia minoritaria e chiassosa di pochi attivisti, ma come il prodotto di una consapevolezza che, nonostante le difficoltà, si sta diffondendo nelle popolazioni locali e che esprime una visione radicalmente alternativa su quelle che dovrebbero essere le politiche energetiche, nazionali e comunitaria, e le modalità di condivisione delle scelte con i territori interessati.

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