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"Il concordato della Lupiae è un bluff": Messuti accusa, Patti smonta la tesi

Il consigliere di centrodestra denuncia il rischio per i dipendenti di dover scegliere tra Tfr e posto di lavoro. Subito la replica

LECCE - Un presunto “bluff” ai danni dei dipendenti della Lupiae Servizi: così Gaetano Messuti “bolla”, senza mezzi termini, l’idea di risolvere la crisi della società partecipata dal Comune di Lecce ricorrendo alla procedura del concordato preventivo.

“Quest’intenzione del sindaco non è stata formalizzata ma si è palesata dopo l’assemblea dei soci che si è tenuta a settembre – spiega il consigliere comunale -. In quell’occasione io ho proposto al collegio sindacale di chiedere una veridica sull’adozione di questo strumento che è il meno adeguato”.

Il concordato non servirebbe, quindi, a risolvere la situazione debitoria in cui versa la Lupiae servizi e che tante preoccupazioni sta arrecando ai suoi lavoratori, chiamati a decidere se passare o meno alla categoria “multiservizi” del contratto lavorativo. Con il rischio di vedersi alleggerire, in definitiva, la propria busta paga.  

Messuti ha giustificato, dati alla mano, la propria contrarietà al concordato: il debito complessivo è pari a 8 milioni 460 euro, di cui 2 milioni 642 mila sono rappresentati da debitoria di Tfr e dipendenti. E questo è il credito privilegiato, cioè da pagare per intero.

Si contano poi 3 milioni 679 mila euro di debito nei confronti dell’erario e per la previdenza (anche questo privilegiato) e 2 milioni 139 mila euro di credito dovuto alle banche ed ai fornitori. Su quest’ultimo credito, a differenza dei due precedenti, si può agire e trattare per una decurtazione percentuale, con il consenso delle banche e dei fornitori.

Messuti fa diversi esempi e, conti alla mano, afferma che “basterebbe che le banche votassero contro la proposta concordataria per portare al fallimento la Lupiae”.

Con una eccezione, però. La proposta del concordato, a suo dire, potrebbe funzionare degradando il Tfr e il credito dei dipendenti da privilegiato a chirografario: “Solo in questo caso, con il consenso dei dipendenti, potrebbe passare il concordato. Ecco il gioco di Salvemini”.

La presunta conseguenza palesata dal consigliere è allarmante: “I lavoratori si troverebbero in un vicolo cieco, costretti a decidere se cancellare il proprio storico lavorativo, cioè il Tfr, o salvare il posto di lavoro”.

Messuti lancia quindi un’altra proposta. Cioè quella di utilizzare per la Lupiae l’accordo di ristrutturazione. Lo scopo? Risanare i conti, demandando al prefetto il ruolo di garante di ogni trattativa e lasciando al tribunale il solo compito di omologare l’accordo.

“Nel 2020 arriverà a cessazione anche la società Sgm – precisa Messuti -. Proprio in vista di questa opportunità si potrebbe ipotizzare un’unica società mista (pubblico privata) per ammortizzare le spese di entrambe. Il partner privato avrebbe la quota maggioritaria, per assorbire il debito all’interno della nuova società. In questo modo la nuova società mista potrebbe partire con maggiori servizi ed economia di scala”.

La replica del consigliere Patti

“Messuti sbaglia ed è irresponsabile creare agitazione tra i lavoratori”: così il consigliere di Lecce Città Pubblica, Pierpaolo Patti replica a Messuti. Bocciando, sostanzialmente, la sua analisi.

Queste le sue precisazioni: “La domanda di concordato preventivo può essere presentata solo dall’organo amministrativo e non dal socio unico”.

Quanto ai numeri snocciolati in conferenza stampa, Patti spiega che la somma 450 mila euro, necessaria per pagare i professionisti incaricati dall’azienda, “non è determinata nel suo ammontare, in quanto viene decisa dal Tribunale e, comunque, viene liquidata assieme agli altri debiti da tacitare”.

L’altro nodo da sciogliere è quello relativo alla ristrutturazione del debito che, a suo dire, non è inconciliabile con l’inizio della procedura di concordato preventivo in continuità aziendale.

“La scelta verrà adottata dai professionisti incaricati che potranno, in seguito alla eventuale proposizione della domanda di concordato in bianco, propendere per l’una o per l’altra”, puntualizza lui.

Infine Patti scagiona Salvemini dall’accusa di voler portare i lavoratori di fronte a un bivio: “Salvemini non ha spinto nessuno verso il ricorso a tali procedure ma, difronte alla comunicazione con cui i revisori dei conti annunciavano l’assenza di liquidità,  ha chiesto di valutare le conseguenze, assumendo l’onere di pagare gli stipendi da ottobre a dicembre”.

“Non tutti i privilegi sono uguali e quelli inerenti alle retribuzioni ed al Tfr prevalgono su quelli delle banche ed Agenzia delle Entrate, per intenderci. In ogni caso, pare solo il caso di ricordare come oggetto di rinegoziazione i debiti derivanti da interessi, sanzioni, e non anche il Tfr, le cui quote devono essere accantonate mensilmente, uscendo di fatto dalla disponibilità dell’azienda”.

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