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Pacifico e senza simboli. Il presidio leccese respinge le inflitrazioni

In presidio sulla rotatoria alle porte della strada statale per Brindisi, gli attivisti del coordinamento "9 dicembre 2013" distribuiscono volantini. Non ci sono blocchi e la parola d'ordine è tener fuori dalla protesta i tentativi di strumentalizzazione

LECCE – Apartitici, pacifici e determinati. Così si definiscono gli attivisti del Coordinamento nazionale  “9 dicembre 2013” – di cui il Movimento dei forconi è solo una componente - che sono in presidio nel bel mezzo della rotatoria all’ingresso della città, in direzione Brindisi. Con regolare autorizzazione fino al 20 dicembre (anche se la questura precisa che questa riguarda solo la possibilità di presidiare l'area dell'ex Carlo Pranzo, Ndr), mentre attendono notizie di centri caldi della protesta, Roma soprattutto, distribuiscono volantini agli automobilisti. Il traffico viene solo rallentato, giusto il tempo di aprire il finestrino. Diversi camionisti strombazzano a mo’ di saluto.

In una dozzina, sotto lo sguardo discreto di un paio di agenti di polizia, provano a far conoscere ai leccesi le ragioni di una protesta che definiscono spontanea, ma che sanno essere soggetta a pericolose infiltrazioni e degenerazioni. Sul sito ufficiale del coordinamento si legge oggi che Roberto Fiore, leader della formazione neofascista di Forza Nuova “non conta nulla e non conterà nulla all’interno del coordinamento e verrà solo allontanato come già è stato fatto” e che non c’è alcuna intenzione di un incontro con Silvio Berlusconi.

Silvia, 35 anni, di Torre San Giovanni, racconta di aver sempre esercitato il suo diritto di voto,  di averlo fatto in più direzioni, passando anche per una simpatia per i “cinque stelle” tramontata quando il movimento le ha dato la netta impressione di istituzionalizzarsi, di adeguarsi al sistema che diceva di voler rovesciare. La delegittimazione della classe politica, agli occhi di queste persone, è totale e non ammette distinzioni. A parte un tricolore piuttosto malmesso, non ci sono simboli che possano suggerire la prossimità ad una qualche ideologia.

Netta è anche la presa di distanza dai sindacati e dalle forme di rappresentanza tradizionalmente intese. La piattaforma programmatica che si evince dal volantino ha una matrice no global, ma con una chiave di lettura nazionalistica: si parla di “distruzione dell’identità di un paese”, del “lavoro degli italiani”. Contro “questo modello di Europa” – e dunque si presuppone non contro l’idea di un’Europa politica – e per il “rispetto della Costituzione”, con riferimento soprattutto al primo articolo: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

E’ chiara, nel presidio alle porte di Lecce, l’estrazione popolare dei suo componenti. Precari e disoccupati, vittime di quel processo di marginalizzazione economica e sociale che ha travolto spezzoni importanti della società italiana, fino ad arrivare allo scenario a tinte fosche incardinato nei dati contenuti nel rapporto Eurostat: dal 2008 al 2012 gli italiani a rischio povertà o esclusione sociale sono passati da uno su quattro a quasi uno su tre.

E forse è proprio da questa platea che sono emersi gesti di solidarietà ai manifestanti: chi ha portato acqua, chi bevande calde, chi una semplice parola di solidarietà. Almeno a  Lecce la dissociazione da ogni forma di violenza è netta. Anzi, si coglie l’occasione per porgere le scuse a tutti quei cittadini che nel prolungato blocco stradale di lunedì mattina hanno avuto disagi pesanti.

a 004-13Da altre parti d’Italia giungono invece, documentate, notizie di interruzione della circolazione ferroviaria – come in queste ore sulla linea adriatica, nella stazione di Bisceglie – o di blitz nei negozi e nei centri commerciali per indurre gli esercenti ad una sorta di serrata solidale: a Savona, dove oggi è in corso una delle tante manifestazioni, sarebbe stato minacciato un rogo se il titolare di una libreria non avesse abbassato la saracinesca. Un esempio scelto per dire quanto in basso possano arrivare certe pulsioni ribellistiche. Dalle strade si ha poi notizia di intimidazioni a camionisti che non hanno aderito alla protesta.

E’ abbastanza chiaro, in generale, che su questa galassia di malcontento, reale e legittimo, qualche vecchia volpe dell’eversione sta cercando di metterci le mani, per orientarne gli esiti a proprio piacimento. Poi ci sono alcuni gruppi isolati di studenti che, in preda all’esaltazione, un po’ come accadeva quando era di moda occupare, si atteggiano a fare “cose da grandi” o si lasciano imbeccare da abili predicatori. Le forze dell’ordine hanno iniziato a prendere provvedimenti davanti a una marea così fluttuante e composita. Tredici persone, tutte di Andria e alcune della quali con precedenti, sono state identificate e ora sono indagate per i pestaggi avvenuti ai danni di negozianti i quali, però, si sono rifiutati di sporgere denuncia. Il ministero dell’Interno ha avuto dai servizi segreti chiare indicazioni sui pericoli di infiltrazione.

La situazione al momento è fluida e i leader nazionali non si esprimono ancora sulla data precisa dell’assedio ai palazzi romani del potere. Sarà quella la prova del nove per comprendere la reale essenza del coordinamento e la padronanza che lo stesso ha sulla mobilitazione in tutte le sue articolazioni: per avere il sostegno o la benevolenza di quel popolo a cui gli attivisti vorrebbero ridare dignità è necessario separare il radicalismo delle rivendicazioni dalla violenza dei comportamenti. Altrimenti le istanze di giustizia sociale, di liberazione dal giogo dei potentati finanziari, di rinnovamento della vita democratica del Paese – condivise nella loro essenza da una parte dell’opinione pubblica che pure non si riconosce nel coordinamento - non resteranno che sui volantini.

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