rotate-mobile
Sabato, 20 Aprile 2024
Politica Nardò

Mascherine obbligatorie, bufera a Nardò: “Non a norma, in barba al decreto”

I consiglieri di opposizione chiedono al sindaco di ritirare immediatamente l'ordinanza. Contestati la violazione di varie norme, la fattura stessa dei dispositivi e persino le modalità di consegna: "In buste non sterilizzate"

NARDO’ – Ha suscitato polemiche e reazioni contrastanti l’ordinanza firmata nei giorni scorsi dal sindaco di Nardò, Pippi Mellone, che estende l’obbligo a tutta la cittadinanza di indossare mascherine protettive. Contro questa decisione si sono schierati compatti i consiglieri comunali di opposizione Carlo Falangone, Giancarlo Marinaci, Paola Mita, Roberto My, Daniele Piccione e Lorenzo Siciliano che hanno scritto, fra l’altro, anche a prefetto e Asl di Lecce. La loro richiesta a Mellone? Semplice: la revoca immediata dell’ordinanza. “E’ palesemente in contrasto con le vigenti disposizioni di legge e regolamentari”, la loro denuncia.

“Quando si varano iniziative, in una fase di pandemia come quella che stiamo vivendo che, nelle intenzioni, dovrebbero avere ricadute a sostegno della salute della popolazione, è indispensabile  prestare la massima attenzione. E servirsi di esperti. In modo, se non altro, da attuarle nel rispetto della norme e dell’indispensabile sicurezza”. Questo il monito dei consiglieri di minoranza che fanno riferimento anche a segnalazioni giunte da cittadini, i quali si sarebbero detti preoccupati, dopo aver chiamato il numero diffuso dal Comune, dal ricevimento di - scrivono testualmente i consiglieri - “due pezzi di stoffa, mascherine non conformi, o meglio, non omologate, consegnate da persone che si sarebbero qualificate come appartenenti alla Protezione civile”.

"Non a norma, in barba al decreto"

“Le mascherine non a norma – proseguono - sono state consegnate, casa per casa, in semplici buste bianche da lettera, aperte, non sigillate, né appositamente sterilizzate. In barba ai contenuti della normativa vigente del Dpcm datato 9 marzo 2020, chi ha chiamato il numero diffuso anche dal sindaco sui social si è visto recapitare una semplice busta da lettera aperta e contenente due ‘pezzi di stoffa’, senza elastico, spacciate per mascherine anticovid-19”.

Per i consiglieri di minoranza, dunque, la distribuzione di mascherine artigianali è un’operazione inutile. Anche perché, accusano, l’iniziativa creerebbe false illusioni. Chi le indossa, dicono, potrebbe realmente credere di essere protetto dall’infezione. “Ma l'aspetto più grave – rimarcano - è dato dalla modalità di consegna in una busta aperta e a domicilio, assolutamente rischiosa e superficiale”.

"L'ordinaza deve essere ritirata"

In definitiva, quell’ordinanza, per loro, va ritirata al più presto perché, fra le varie disposizioni che violerebbe (gli articoli 50 e 54 del Testo unico degli enti locali e l’articolo 3 del decreto-legge del 25 marzo scorso, riguardante le “Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19”), anche quelle dettate nella circolare del ministero dell'Interno numero 15350 del 26 marzo, in cui si specifica che “i sindaci non possono adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l'emergenza in contrasto con le misure statali”.

Riguardo ai summenzionati articoli 50 e 54 del Tuel, i consiglieri rammentano che un sindaco abbia il potere di emanare ordinanze contingibili e urgenti “unicamente per fronteggiare situazioni eccezionali che non possono essere affrontate e risolte mediante l'esercizio delle competenze e degli ordinari poteri amministrativi”. “Altrimenti – concludono -, si agirebbe in violazione della sfera generale di libertà dei singoli e della comunità amministrata e, quindi, del principio di legalità sostanziale, di cui all'articolo 23 della Costituzione, oltre che di legalità dell'azione amministrativa, di cui all'articolo 97”.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Mascherine obbligatorie, bufera a Nardò: “Non a norma, in barba al decreto”

LeccePrima è in caricamento