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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Sfida tra Emiliano e Stefàno, il futuro di Sel e i rischi del centrodestra

Il centrosinistra regionale ha ufficializzato la data delle primarie: il 30 novembre ai nastri di partenza il segretario regionale del Pd e il senatore di Sel. L'altro schieramento è invece in stand-by: pesa la tensione in Forza Italia

LECCE – Ora tocca al centrodestra mettere le carte in tavola. La partita per le elezioni regionali, con l’accordo tra Pd e Sel sulla data delle primarie, è entrata nel vivo: il 30 novembre Michele Emiliano e Dario Stefàno, più eventuali sparring partner, si contenderanno l’investitura ufficiale come candidati della coalizione progressista. Questo obbliga lo schieramento avverso ad un’accelerazione. Ma non sarà facile considerata la guerra fredda in atto all'interno di Forza Italia.

Michele Emiliano è uno schiacciasassi: esplicito nei toni, infaticabile nella strategia di allargamento del consenso, come ha dimostrato ieri l’accordo sancito con Antonio Buccoliero, consigliere regionale salentino approdato al Partito democratico dopo l’esperienza con Moderati e popolari, di cui assunse il ruolo di capogruppo nel gennaio del 2012. Dario Stefàno sarà un avversario per niente accomodante: la sua esperienza attuale come presidente della giunta per le autorizzazioni del Senato e quella precedente come assessore alle Risorse agroalimentari gli hanno dato una visibilità notevole. La costante vicinanza a Vendola, inoltre, gli garantisce il sostengo dell’attuale governatore che a giorni annuncerà la volontà di non candidarsi per il terzo mandato.

Certo, convincere la base di Sel a sostenere un esponente che proviene da una prima stagione politica fondata su tutt’altro humus politico e culturale, non è un gioco da ragazzi, ma il vero nodo della questione è comprendere cosa sia Sel oggi e soprattutto cosa potrà essere domani. Sin dal giorno dopo la nascita del partito, voluto da Vendola per sottrarsi alla deriva minoritaria di Rifondazione comunista, in troppi si sono presentati all’incasso per il sostegno dato al momento della lacerazione.

Da questo assalto di pretendenti a qualcosa (fosse anche una segreteria locale), Vendola si è protetto, in un certo qual modo, circondandosi di un “cerchio magico” che gli garantisse di poter svolgere il suo ruolo di governatore e di leader nazionale senza troppe rotture di scatole. Ma così facendo si è persa l’occasione di far mettere a Sel le radici in quello spaccato di società civile e di elettorato di sinistra deluso che pure ha guardato con speranza alla primavera pugliese. In pratica è stato ripetuto l’errore commesso con le “fabbriche di Nichi”, contenitori di nuove elaborazioni politiche ma anche organizzative, finiti invece svuotati di ogni aspirazione: perché è innanzitutto ai dirigenti che non è piaciuta l’idea di un ribaltamento di prospettiva, di rimescolamento delle carte, che avrebbe abolito i diritti di precedenza.

Alla luce di questo ragionamento è plausibile che il 9,73 per cento di Sel in Puglia nel 2010 sia irripetibile e che per questo sia necessario fare tesoro di quell’incoraggiante 5,53 per cento de La Puglia per Vendola. Insomma per restare in piedi e nella fase in cui il Pd è ai massimi storici, si potrebbe fare affidamento sulla gamba in apparenza meno forte, ma sicuramente anche meno logorata ed esposta ai colpi delle vicissitudini politiche. Comunque vada il rassemblement di forze alla sinistra del Pd ha l’obbligo di dare battaglia ad Emiliano per rivendicare il senso di una stagione politica nuova dieci anni che ha segnato, con luci ed ombre, la storia di questa regione.

Davanti a tutto questo Forza Italia rischia di rimanere isolata o quasi, perché è abbastanza chiaro che la tenuta del governo Renzi almeno fino al prossimo anno legittimerebbe per lo meno una desistenza tra Pd e Nuovo Centro Destra: questo scenario è nelle corde del pensiero di Emiliano e anche nelle opzioni strategiche di Alfano. In più c’è da tenere in conto la latente conflittualità interno al partito di Berlusconi, dove Fitto è stato isolato dai fedelissimi del Cavaliere che guardano con sospetto alle sue ambizioni di leadership. Il quadro è insomma dinamico, ma anche fragile e l’elettorato rischia di rimanere con pochi punti di riferimento: c’è Schittulli che non ha mai fatto mistero di puntare alla successione di Vendola, ma la figura del sindaco di Lecce, Perrone, ha una sua spendibilità, soprattutto se la città dovesse ottenere il riconoscimento di capitale europea della cultura del 2019.  

Ora che il centrosinistra è già al lavoro per regole e programma, il centrodestra deve almeno avviare un percorso di chiarimento per non rischiare di trovarsi troppo indietro già in partenza.

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