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Il “tacito accordo” che rischia di far deflagrare il centrosinistra

Come un "segreto di Pulcinella" che tutti conoscono, Pd ed Udc cincischiano su un patto per le amministrative leccesi, che sembrerebbe già siglato da tempo e di cui emergono anche i termini. Gli "alleati" esigono chiarezza

LECCE – Una volta si chiamava “segreto di Pulcinella”. Era un idiotismo (nel senso di locuzione linguistica, senza alcun riferimento al basso umorismo di un duo comico in voga) molto usato nel passato, per circoscrivere e definire una qualsiasi informazione ritenuta falsamente inconfessata, ma, in realtà, di dominio pubblico. L’accordo “tacito” tra il Partito Democratico e l’Udc per le amministrative leccesi è un po’ questo. Una verità che tutti conoscono, ma fingono di ignorare, centellinando timidi sorrisi, per poi auspicare larghe intese, lanciando la pietra e nascondendo il tiro.

È il teatrino giornaliero di un patto che ormai nessuno ha la forza di negare e che si prepara a sancire, da una parte, il "tradimento" delle primarie che avevano chiuso il perimetro delle alleanze, e dall’altra, della “coerenza” dell’essere "alternativi a destra e a manca”. Del resto, lo hanno spiegato anche i vertici regionali dell’Udc, freschi di congresso, che “centrodestra o centrosinistra” poco cambia, in quanto Pierferdinando Casini ha sottolineato che la politica dei due poli non abbia più ragion d’essere. Quindi, tutti avanti nella grande “ammucchiata al centro”, perché è “lì che si vince”. Così parlò l’oracolo mediano.

E tra spifferi volati subito dopo il catastrofico naufragio del Terzo Polo leccese (perché se due poli non hanno ragion d’essere, dovrebbe averne un terzo?), le prime ammissioni ufficiali e qualche retroscena che inizia a rendere più chiaro una tela più intricata di quella di Penelope. Da sinistra, è arrivata qualche richiesta alla candidata sindaco Loredana Capone di smentire questo vociare e lei di rimando che replica: “Porte aperte all’Udc”. Nello scudo crociato, Lorenzo Ria ha sollecitato Salvatore Ruggeri a fare marcia indietro sull’accordo e il neo presidente regionale che, invece, chiede al Pd: “Aprite le porte”. In un tam-tam da “dico” e non “dico”, che lascia un unico dubbio: ma chi è il guardiano di queste porte, che decide chi entra e chi resta fuori?

Si sa, l’ossessione dell’Udc è un vecchio pallino del Pd, da quando sul finire del 2009, Casini pronunciò la fatidica formula della “svolta a sinistra” in funzione delle amministrative 2010, rimasta sulla carta, perché evolutasi nella ben più “innovativa” politica “dei due forni”. Del resto, un tozzo di pane bisogna pur guadagnarselo. Ora i “due forni” sono “fuori moda”, perché ciò che fa tendenza è il motto “politica di uomini e programmi”; con buona pace di Carlo Salvemini che, in queste ore, si è pure beccato del “preistorico” che “vive di etichette” dal consigliere regionale centrista, Salvatore Negro, per aver ribadito la propria contrarietà a furbizie sottobanco. Dopo l’“antipolitico” ricevuto da Antonio Rotundo, l’ex candidato alle primarie del centrosinistra vede accrescere la propria collezione personale di “definizioni” dagli alleati o aspiranti tali. Per la serie, cercare altrove chi applica l’esercizio dell’“etichetta”.

Con lo sfogo di Ria, che poi non si presenta al congresso barese, e l’aver “ricacciato” il fautore di Lecce 2.0dodici addirittura nell’“età della pietra”, sarebbero tre indizi per almeno una prova sull’accordo. Appare piuttosto evidente la strategia della pillola da far indorare giorno per giorno sull’intesa “programmatica”, messa in atto ora dal Pd ora dall’Udc Terzo Polo 001-2-2-3-2-3per accrescere il pathos e la convinzione intorno ad un patto, tratteggiato come il “migliore dei mondi possibili” ad un “matrimonio che s’ha da fare”, perché imprimerà la sterzata al “futuro politico di una città intera”.

Tra mezze ammissioni e contorsionismi degni di Houdini, il messaggio è fin troppo chiaro. Con un partito, il Pd, che, però, rischia di smarrire una fetta dei suoi alleati non tanto numerica (e che comunque potrebbe risultare più consistente dei consensi centristi), ma soprattutto propulsiva di idee, per rincorrere il sogno centrista; non solo, in quanto potrebbe spegnere definitivamente quel che resta della “primavera pugliese”, come ampiamente spiegato dal sociologo Franco Cassano.

Quel che si profila all’orizzonte, piuttosto, è una “primavera con una quattro stagioni da spartirsi al giro pizza”, nel senso che le alleanze della tanto acclamata “nuova politica” si stanno giocando sul più classico “do ut des”. Tanto che, sempre nel regime da “segreto di Pulcinella”, dalle segreterie “filtrano” anche i termini su cui sarebbe fondato l’accordo sottoscritto prima del 22 gennaio e tenuto in serbo in attesa del congresso regionale (dove, guarda caso, il messaggio arrivato dalla segreteria nazionale è “alleatevi con chi vi pare”): il Pd avrebbe assicurato, in caso di vittoria, all’Udc la poltrona da “vicesindaco” e due assessorati.

Una mossa che non impedirebbe rilanci da “mercato politico” dal Pdl, in assetto “disadorno” della leadership di Paolo Perrone, “unica preclusione” ad un accordo coi centristi. Insomma, la parola d’ordine è non formalizzarsi troppo, sebbene l’esigenza di chiarezza da parte della base sia percepita come necessaria. Anche se dinanzi a questa visione “trendy” della politica, può apparire una rivendicazione un po’ datata.

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