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Elezioni comunali 2012

Vincitori e vinti a suon di primarie. Nodi e sfide per il centrosinistra

Dopo la vittoria di ieri della Capone, gli scenari della coalizione che verrà nel cammino verso le amministrative non possono prescindere da una più attenta analisi di quanto accaduto in queste settimane e dai vari protagonisti

LECCE - Palazzo Carafa nel mirino e la prospettiva di far fruttare al meglio la partecipazione espressa dal popolo delle primarie nella giornata della consultazione dal basso, che ha indicato Loredana Capone come candidata sindaco del centrosinistra: sono le direttrici, su cui la vicepresidente regionale, nell’assumere la guida della coalizione, dovrà investire la fase che da oggi si apre ufficialmente per tentare di sradicare il centrodestra dal governo cittadino.

L’obiettivo non è facile, nonostante si possa ritenere che quindici anni di governo possano permettere quasi naturalmente l’alternanza amministrativa. Il centrodestra, a Lecce, è fin troppo consolidato per sembrare liquidabile anzitempo e, paradossalmente, non sembra la proposta dell’alternanza tout court quella in cui trovare la chiave di volta, per proporre un progetto convincente di città.

Servirebbe forse l’“alternativa”, quella chiarezza di fondo nel giudizio sul modello amministrativo e sulla chiusura a priori a chi a quel modello ha contribuito. O ancora un’idea di alleanze che non riproponesse l’inseguimento acritico di forze che continuano a giocare su più tavoli, con atteggiamenti tipici di una politica che ormai non appassiona più e si aggancia ad un passato preistorico, con dinosauri, che battono cassa e chiedono solo un posto in prima fila.

Servirebbe persino una “sanatoria dei giudizi". E qui l’analisi si fa più approfondita. La CaponeLoredana Capone-27-6 ha vinto con merito e il Partito Democratico ha dimostrato una grande unità di intenti, riuscendo a recuperare un gap iniziale importante. Della vice di Vendola si conoscevano le potenzialità da “macchina da guerra”: lo aveva dimostrato già alle regionali ed era chiaro che non si mettesse in gioco in una sfida così ambiziosa, senza la voglia di far sentire il proprio peso nella sua città, dove fin dalla prima apparizione politica ha ottenuto risultati eccezionali. Le è stato in qualche modo restituito quello che qualcuno le aveva sottratto cinque anni fa, quando, a detta di molti, sarebbe stata la miglior proposta contro il centrodestra post Poli Bortone.

Chi vince, dunque, ha sempre ragione, ma non si può negare che il Pd, che ieri ha parlato di “festa democratica”, non sia lo stesso che in queste settimane abbia provato ad alzare il livello dello scontro di una campagna di primarie, mai così garbata ed incentrata sui contenuti, sollevando ora lo spettro infiltrazioni, ora il fantasma dell’antipolitica, aprendo addirittura a valutazioni critiche sullo strumento stesso delle primarie.

Il risultato di ieri di colpoIl momento della proclamazione dei vincitori-2, come un “incantesimo” ad hoc, risucchia sospetti e veleni, eccezion fatta per l’autogol dell’irriducibile Antonio Rotundo, che, proprio mentre la Capone richiamava davanti ai cronisti l’importanza dell’unità del centrosinistra, riproponeva il disco della “sconfitta dell’antipolitica”.

Sul dato di Sabrina Sansonetti, i giudizi sono contrastanti: da un lato c’è chi sottolinea l’apporto che l’Idv ha dato in termini di partecipazione e proposte alla campagna delle primarie, dall’altro chi evidenzia, basandosi sulla semplice valutazione numerica (quindi, senza riscontro sul campo) che quei voti siano stati determinanti nello scarto tra gli altri due competitori.

Quanto a Carlo Salvemini non c’è dubbio, che, al di là dell’amarezza per il responso finale, ha raccolto un risultato straordinario a fronte di un apparato certamente più organizzato e radicato, mettendo in campo una metodologia non solo innovativa ma ricca di proposte concrete, in grado di identificare un’idea di città, scevra dalle “incrostazioni” che l’hanno caratterizzata. Se il Pd ha vinto, lo deve in parte anche alla capacità di muovere la partecipazione ed il confronto di Salvemini ed i suoi. Basti ricordare come solo pochi mesi fa, dentro il Pd si vivesse l’imbarazzo di non saper proporre un proprio candidato.

Nella sanatoria dei giudizi, ora che il candidato del centrosinistra c’è, forse la vera risorsa da non disperdere è quel metodo che Salvemini ha proposto. Senza dimenticare, peraltro, che il Pd ha sì vinto inequivocabilmente le primarie con il proprio volto, ma che la maggior parte dei votanti di ieri ha chiarito altrettanto nettamente di voler partire da un centrosinistra "diverso" da quello finora paventato dal principale partito di coalizione.

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