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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica

Xylella, Coldiretti passa all’azione e sgombra il campo da equivoci

Un focus sulle questioni che oltre a mettere in ginocchio l'economia del territorio stanno ingenerando sfiducia in imprenditori e consumatori. Per il presidente Piccinno: "è arrivato il momento del fare"

LECCE – È stato l’incontro in cui mettere dei punti fermi, quello che si è tenuto in mattinata presso la sede di Coldiretti. Un appuntamento a lungo atteso dagli imprenditori salentini, presi nel mezzo di un fuoco incrociato d’informazioni poco chiare e voci prive di fondamento, o troppo tecniche, che sulla xylella fastidiosa non hanno fatto che ingenerare sfiducia e allarmismi esagerati, tanto nella gente comune quanto negli agricoltori.

Allarmismi esagerati, non ingiustificati, si badi bene. Anche perché è stato lo stesso commissario straordinario Giuseppe Silletti che, a pochi giorni dall’insediamento, durante l’incontro in Prefettura, ha illustrato la situazione di estremo rischio che l’intero territorio pugliese si trova a vivere in questo momento. Un rischio che, però, dev’essere opportunamente vagliato con le maglie della scienza e il parere degli esperti. Perché il rischio che il contagio si diffonda in maniera pandemica è concreto ed è ora di prendere le contromisure per arginare il fenomeno che dopo mezzo secolo di rilancio del comparto potrebbe finire col mettere in ginocchio non soltanto la categoria che opera nel settore agricolo, ma l’intera economia territoriale, in meno di un lustro.

Lo scopo principale del “focus sullo stato dell’arte della xylella fastidiosa”, fortemente voluto dal presidente di Coldiretti Lecce, Pantaleo Piccinno e dal direttore dell’associazione Giampiero Marotta, è proprio quello di sgombrare il campo dagli equivoci. “Equivoci – ha detto Marotta – che stanno erodendo l’immagine di eccellenza faticosamente edificata dalla categoria imprenditoriale con sacrifici spesso durati una vita intera e che sta finendo con l’etichettare la Puglia con il marchio di zona infetta”.

“È giunto il momento di uscire da questo stato confusionale – ha sottolineato subito appresso il presidente provinciale di Coldiretti, Pantaleo Piccinno, – per calarci concretamente nel territorio colpito dal problema e iniziare a combatterlo un metro quadro dopo l’altro. Basta parlare dei massimi sistemi. Con quest’incontro vogliamo avviare un dialogo fattivo con le singole realtà comunali con l’obiettivo di dare applicazione ai diversi piani operativi voluti e coordinati dal commissario straordinario”.

Piani che dovranno essere valutati caso per caso. Come caso per caso si dovrà provvedere a intessere un nuovo approccio basato sulla reciproca fiducia tra imprenditori, enti, istituzioni e mondo dell’associazionismo. Dialogo che non sempre si rivelerà facile se si continuerà a viaggiare sui binari del pressappochismo e dell’improvvisazione. E accenna all’ipotesi che più sta accendendo il dibattito, Pantaleo Piccinno, ovvero all’eventuale adozione di interventi a carattere fito-sanitario su colture e impianti olivicoli. Trattamenti che secondo il presidente Coldiretti Lecce sarà necessario e, senza dubbio, certamente di portata inferiore a quanto non si faccia già. Mentre per gli ambientalisti questo sarà proprio il colpo di grazia che sarà inflitto agli organismi vegetali già indeboliti perché assuefatti ai medicinali. Senza contare l’impatto che tali trattamenti potrebbero avere sull’ecosistema.

Ora, visto che di chiarezza si doveva parlare, è bene ribadire, a beneficio di quanti stanno ancora attendendo un intervento salvifico e definitivo, che quest’ultimo non giungerà mai.

Il perché l’ha spiegato proprio Piccinno a latere dell’incontro, nell’allusione al fallimento dell’ultrasecolare impresa di contrasto della peste verde da parte degli americani, e lo ha affidato poi alle esperte, forse troppo, parole del professor Donato Boscia, lo scienziato dell’Ivv Cnr, l’istituto di virologia vegetale del Cnr barese che si sta occupando delle analisi sulla patogenicità del batterio: “La xylella non sarà mai debellata, questo è impossibile. Ma potremo arginare e contenere il fenomeno prima che si allarghi in maniera incontrollata.”

Uno dei punti nodali al centro del Focus di Coldiretti è stato quello di far comprendere che, ad oggi, dev’essere ancora confermato il nesso di causalità tra la presenza del batterio xylella e il complesso del disseccamento rapido degli olivi.  Sembra assurdo, come tiene a sottolineare Boscia, ma lo scopo dei 584 campionamenti effettuati nelle zone focolaio, e in quelle non considerate a rischio contagio, ha dimostrato solo che non c’è una relazione diretta, ma solo presunta. E questo ci riporta anche alla modalità con cui ci si sta muovendo assecondando le linee guida dettate in materia dalla Comunità europea. Unione europea che, nei casi di patogeni altamente infettivi, come la xylella che appartiene alla classe A1, la più pericolosa, ha un protocollo rigidissimo e già in vigore da anni. Dunque non c’è da saltare sulla seggiola, secondo il professore se si parla di eradicare le piante e della loro immediata distruzione. Anche perché occorre vedere, facendone parte integrante, l’altro lato della questione xylella, che interessa, e preoccupa, oltre 400milioni di persone che si trovano nell’Europa al di là del cordone di sicurezza.

“Non dobbiamo concentrarci sulla nocività del batterio – ha tenuto a specificare Donato Boscia – perché ciò è noto da tempo. Sulla sua patogenicità c’è una letteratura sconfinata. Quello che ci interessa è capire in tempi utili qual è il modo più efficace per contenerlo. E uno tra questi è la verifica analitica sul campo. Non basta affermare che una determinata area è xylella-free, cioè libera dal batterio, perché abbiamo riscontrato che anche nei terreni che si presumevano non infetti è stato rinvenuto il batterio. Allo stesso modo vegetazione che si assumeva colpita dagli effetti di gelate stagionali, si sono rivelate vittima della xylella. E viceversa”.

Ma allora come comportarsi? La risposta, almeno in parte, è affidata alla scienza. Ma una parte fondamentale devono farla i singoli imprenditori, le amministrazioni comunali e le associazioni che, insieme, devono stringere le maglie del controllo sulla base della cooperazione.

Giampiero Marotta, direttore Coldiretti Lecce, ha messo in luce alcuni punti chiave che farebbero la differenza in una fase in cui ulteriori ritardi potrebbero rivelarsi catastrofici, più di quanto già non lo siano.

“Le prime cose da fare sono il monitoraggio capillare del territorio, la diffusione delle informazioni agli agricoltori sulle azioni intraprese e da intraprendere, un censimento puntuale sull’attuale situazione delle aziende e dei danni da esse subiti. Censire le aree abbandonate, siano queste private, consortili o demaniali, le aziende biologiche e tutto ciò che non è noto. Censire le aziende di apicoltura e costituire un albo di agricoltori che potrebbero agire in loco facendo le veci del commissario nelle zone più marginali e meno facili da raggiungere”.

Ad ora, il monitoraggio della zona critica comprendente il cosiddetto cordone di sicurezza, e anche le aree intermedie, ha evidenziato Oria quale unico caso di sconfinamento della xylella in Puglia. Ma è troppo presto per saltare alle conclusioni.

Quello che è emerso dall’incontro di oggi è che, in buona sostanza, si è passati ad una consapevolezza maggiore sull’intera vicenda, soprattutto a delle assunzioni di responsabilità per quanto concerne modi e tempi delle azioni che saranno coordinate dal commissario Silletti.

Le cause del complesso da disseccamento rapido degli ulivi salentini sono tre: la concausa dell’insetto rodilegno giallo, la cosiddetta zeuzera pirina, i funghi lignicoli associati al complesso del mal dell’esca, e il batterio xylella fastidiosa che, al di là della sua patogenicità in questa malattia, comporta l’adozione di una direttiva comunitaria, nella fattispecie la 2029 che regola i patogeni da quarantena, ovvero quelli non presenti prima in Europa, e che obbliga i Paesi afflitti dal patogeno all’eradicazione delle piante infette. Secondo studi recenti però le specie potenzialmente suscettibili di infezioni da xylella arrivano a ben 300. Questo ci fa capire facilmente quale danno potrebbe provocare all’area del sudsalento, una superficie di circa 80mila ettari, l’eventuale adozione di una tale, drastica misura. Abbattere gran parte delle 600mila piante di ulivo nella zona interessata, non senza aver prima analizzato ogni pianta e vettore presente.

Ma per Donato Boscia non è più il caso di rimandare. Se c’è un dente cariato, va tolto prima che il danno peggiori.  Non è il tempo di navigare a vista, anche se la percezione della gente è proprio questa. Intanto, da un dato riportato dal professor Boscia, una prima ottimistica stima dei danni agli impianti olivicoli si aggira intorno al 10%, ovvero 1milione di ulivi su un totale di 10milioni presenti sul territorio regionale. Per quanto riguarda l’origine del flagello, anche se molti nei giorni scorsi l’avrebbero imputata proprio ai vivaisti, si deve guardare alle importazioni dal Sudamerica. E precisamente dalla Costarica. Il Paese latinoamericano esporta in Europa circa 40milioni di piante ornamentali ogni anno, per un volume d’affari enorme. E secondo Donato Boscia, ma più secondo i risultati scientifici certificati dall’Epsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, il ceppo di xylella che ha assediato la Puglia proverrebbe da una mutazione di quello brasiliano che colpisce agrumi e piante di caffè, noto come “sub-specie Pauca”. Sarebbe stato proprio un controllo incrociato nella banca dati dei fito-genomi ad attribuire la familiarità a questo ceppo, che nel Costarica attacca prevalentemente l’oleandro, riscontrato in forma asintomatica proprio sulle piante di caffè. Un po’ quello che accade agli esseri umani quando si è portatori sani di una malattia anche grave ma non se hanno i sintomi pur trasmettendoli ad altri.

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