rotate-mobile
Politica

Intervista a Riccardo Rossi: "Rimettere al centro le speranze della primavera pugliese"

Il candidato de L'Altra Puglia alla presidenza della Regione Puglia affronta i principali nodi politici attorno ai quali si è consumata la delusione per l'esperienza di governo di Nichi Vendola e rilancia una prospettiva alternativa e progressista

LECCE - Riccardo Rossi è il candidato alla presidenza della Regione Puglia per la lista L' Altra Puglia nelle elezioni di domenica 31 maggio nelle quali gli elettori decideranno chi sarà il prossimo governatore e i 50 componenti del consiglio regionale. E' uno dei quattro esponenti collegati ad un solo simbolo, per il quale è quindi richiesto dalla nuova legge il superamento della soglia dell'8 per cento per entrare nell'assise di viale Capruzzi: gli altri sono Antonella Laricchia per il Movimento 5 Stelle, Gregorio Mariggiò per i Verdi, Michele Rizzi per Alternativa Comunista. Sono candidati anche Francesco Schittulli e Adriana Poli Bortone nell'ambito del centrodestra e Michele Emiliano per il centrosinistra.

Ricercatore dell'Enea, Riccardo Rossi è consigliere comunale per la lista Brindisi Bene Comune. E' stato referente per la provincia di Brindisi del movimento Acqua Bene Comune ed è impegnato sul fronte dei diritti civili e delle principali emergenze ambientali, a partire da quelle legate alle centrali a carbone. E' consigliere comunale di Brindisi Bene Comune ed è stato candidato sindaco nel 2012. In questa lunga intervista ha affrontato una serie di questioni utili per capire le specificità della proposta politica de L'Altra Puglia. 

La prima sfida de L’Altra Puglia è contro una soglia di sbarramento alta: l’8 per cento è obiettivo realistico?

Questa non è soltanto una sfida per L’Altra Puglia. È una sfida per la democrazia nel nostro paese. Con l’Italicum, a livello nazionale, e con la vergognosa legge elettorale regionale si sta mettendo in atto un disegno ben preciso, quello di blindare un sistema di potere che ha ormai gettato la maschera. Per almeno una ventina d’anni questo sistema di potere si era alimentato di finte contrapposizioni. Oggi, il “laboratorio Puglia”, ci consegna un progetto che prevede un blocco di potere unico nel quale sono benvenuti ex-fascisti, pezzi della destra berlusconiana e soggetti lontani anni luce da quella che dovrebbe essere una sinistra sociale, moderna e progressista. Noi non ci stiamo e, in un paese che voglia continuare a considerarsi democratico, solo le elezioni possono dirci se questo obiettivo è realistico o meno. Una cosa è certa: la visione di società che anima L’Altra Puglia è molto più ampia e il 31 maggio è solo una tappa di un lungo viaggio, partito l’anno scorso con L’Altra Europa con Tsipras e con l’elezione nel Parlamento europeo della nostra Eleonora Forenza. Anche quello, fino alla chiusura dei seggi, era dato come un obiettivo poco realistico.

A sinistra di Emiliano si presentano più candidati. Lei è uno di questi: ma è una frammentazione necessaria?

Non è assolutamente necessaria ma, con una battuta, potrei definirla endemica alla sinistra italiana. Noi abbiamo provato fino all’ultimo ad evitare questa frammentazione. Abbiamo rivolto pubblici appelli a soggetti che oggi si candidano alla sinistra del Pd compreso il Movimento 5 stelle. Tutto è caduto nel vuoto. In alcuni casi hanno prevalso i soliti egoismi, la cura dei propri orticelli. In atri, come nel caso del M5S, purtroppo i diktat che vengono dall'alto impediscono ogni possibilità di costruzione di qualcosa di collettivo.

E’ possibile creare una sinistra alternativa al centrosinistra attuale, ma che allo stesso tempo sia così forte da essere di governo?

È stato possibile in Grecia. Sta diventando possibile in Spagna. È possibile in diversi paesi europei, grazie a quei soggetti politici con cui condividiamo i banchi all’interno del Parlamento europeo, nel gruppo della Sinistra Unita Europea (Gue/Ngl). Formazioni come Syriza di Aexis Tsipras, Podemos, Sinn Fein, Die Linke ed altre, sono i nostri compagni di viaggio in questa lotta per sottrarre l’Europa ai grandi interessi finanziari e restituirla ai popoli. “Prima le persone” non è per noi soltanto uno slogan elettorale ma il nostro orizzonte culturale. Noi siamo uniti dal presupposto che la politica debba mettere nelle condizioni le persone di autorappresentarsi e autorealizzarsi, di immaginare insieme il proprio futuro e le proprie vite. nel loro lavoro, nei loro affetti, nella loro esistenza. L’Altra Puglia esiste perché ci sono donne e uomini che non hanno nessuna intenzione di rassegnarsi all’idea che solo in Italia non sia possibile far valere queste ragioni, quelle della sinistra e questo non solo è possibile, ma è anche assolutamente necessario. Potranno mettere tutte le soglie di sbarramento che vorranno, noi continueremo a lottare con tutte le nostre forze per questo.

C’è stato un momento specifico nel quale si è realizzata la rottura con la “primavera pugliese”?

Non credo ci sia stato un momento specifico, è stato un processo graduale e drammatico. La maggior parte di noi aveva messo tutto il proprio entusiasmo nel costruire quel sogno. Il sogno di una regione e di una sinistra “diversa”, fatta di passione e competenze collettive. Fatta di partecipazione. E quel sogno ad un certo punto era diventato realtà. Ma proprio nel momento in cui è diventato realtà ha cominciato a consumarsi il suo tradimento. È stato un lento processo di separazione tra il governo e la sua base. Le responsabilità sono collettive e da condividere tra chi è rimasto chiuso all'interno di quel palazzo e chi ha lasciato che ciò accadesse. Sicuramente hanno influito tutte le promesse disattese, le telefonate con gli Archinà, gli scandali della sanità. L'Altra Puglia in questo senso vuole semplicemente farsi interprete e rimettere al centro i presupposti che erano alla base della primavera pugliese. La scomparsa di Sel all'interno della coalizione e la resa incondizionata nei confronti di Dario Stefàno sono la dimostrazione che dentro la coalizione di Emiliano non esiste più nessun residuo di quella esperienza. La Sinistra che vogliamo non è un gioco di società per ceti politici.

In quali settori le aspettative dell’elettorato che oggi fa riferimento a L’Altra Puglia sono state deluse?

Cominciamo col dire che per noi non esiste distinzione tra L’Altra Puglia e il suo elettorato. L’Altra Puglia è il suo elettorato, e viceversa. Come dicevo prima, probabilmente è stata proprio questa la più grande delusione che noi abbiamo provato. Se si fosse riusciti a portare avanti il progetto partecipativo della primavera pugliese, probabilmente oggi non sarebbero così delusi i tarantini lasciati soli nella battaglia sull'Ilva, i salentini ai quali era stato promesso che mai e poi mai avrebbero costruito la Tav della 275, i cittadini che si oppongono alle trivellazioni nell'Adriatico tra Molfetta e Brindisi, e poi gli agricoltori che lottano contro il piano Silletti, i No Tap e potrei continuare ancora. Oggi siamo qui per rispondere a queste persone ed a resistere all’attacco senza precedenti che le forze liberiste, Renzi, il Pd di Emiliano e le destre, stanno portando alla dignità ed ai diritti del lavoro, alla distruzione dell’ambiente e della nostra salute a scopo di lucro, ed alla democrazia.

Come si articola la proposta de L’Altra Puglia in tema di politiche del lavoro?
Noi andiamo in direzione diametralmente opposta a quella del Jobs Act e dello Sblocca Italia. Riteniamo impercorribile la strada delle cosiddette “grandi opere”, che arricchiscono pochi distruggendo natura e salute. Noi siamo per un piano del lavoro fatto di un arcipelago di piccole opere, necessarie e rispettose dell’ambiente e della dignità del lavoro. Dalla produzione distribuita e democratica di energia rinnovabile, ai trasporti efficienti ed eco-sostenibili, fino a quello che consideriamo il più grande asset di cui l’essere umano possa disporre: la conoscenza, pubblica ed accessibile a tutti. Sogniamo di trasformare la nostra terra in un polo di ricerca di livello mondiale. Ricerca umanistica, a monte, e scientifica, a valle. Da questo punto di vista siamo convinti non sia un caso se tutti i governi che si sono succeduti, di destra o di sedicente sinistra, abbiano fatto il possibile per distruggere la scuola e l’università pubblica, da ultimo con la cosiddetta “buona scuola” renziana. Siamo profondamente convinti che il sapere, diffuso, pubblico e democratico, sia l’unico grande antidoto alla concentrazione di potere che a tutt’oggi domina le nostre esistenze.

Ambiente e occupazione: come si conciliano?

Come ho già detto prima, l’ambiente è occupazione. Siamo ormai da svariati anni ostaggio di un modello di sviluppo distruttivo, per noi e per l’ambiente. Oggi, la riconversione di quel modello di sviluppo nella direzione della tutela della natura e della vita umana è un immenso e necessario volano per l’economia a nostra disposizione. Pensiamo al grande paradosso della nostra Puglia: è tra le prime produttrici di energia pulita, pur con tutti gli evidenti limiti della sua gestione, ma allo stesso tempo ospita due degli stabilimenti più inquinanti d’Europa, l’Ilva e la centrale Enel di Cerano. A questi oggi, grazie allo Sblocca Italia, si stanno aggiungendo il petrolio di Tempa Rossa e il gasdotto Tap. Ulteriori minacce alla nostra salute, alla nostra sicurezza ed alla nostra natura. Il tutto in nome, come dicevo, di un modello di sviluppo che produce ricchezza per pochi, povertà e malattia per molti. Per noi de L’Altra Puglia è inderogabile il no al petrolio, né qui né altrove, no al carbone, né qui né altrove, no alla TAP, né qui né altrove, No alla morte di inquinamento e di lavoro, né qui né altrove.

Riccardo Rossi_foto2-3Ma è mai possibile che non si riesca a cogliere la straordinaria opportunità per l’economia e, soprattutto, per l’occupazione che la riconversione di questo modello di sviluppo offre? Immaginate soltanto cosa possa voler dire bonificare in profondità tutti i veleni accumulatisi nel terreno e nelle falde acquifere, dopo più di mezzo secolo di monocultura dell’acciaio a Taranto o di carbone a Brindisi. Dopo anni e anni di discariche tossiche, realizzate con la copertura di un potere politico-mafioso. Riuscite ad immaginare cosa possa voler dire riconvertire la nostra agricoltura al biologico ed alla qualità, dopo le alluvioni di pesticidi degli ultimi anni? Pesticidi che lo sconsiderato Piano Silletti prova addirittura ad incentivare, per giunta facendo piazza pulita di ulivi che vegliano sulla nostra terra da millenni, sotto una minaccia che è ancora tutta scientificamente da provare. Possibile che non si riesca a comprendere quanta ricerca, quanta economia e quanta occupazione tutto ciò possa generare?

Reddito di cittadinanza e inclusione sociale delle fasce deboli: che strumenti può usare il governo regionale?

Non prendiamoci in giro, nonostante gli slogan elettorali nessuno sta proponendo un vero e proprio reddito di cittadinanza. Il reddito di cittadinanza è una forma di sostegno economico universale, garantito a tutti i cittadini dai 18 anni in su, senza distinzione di reddito. Quello che noi vogliamo proporre è un reale ed effettivo sostegno a chi oggi vive in una condizione di disagio e di esclusione sociale. Noi vogliamo garantire una soglia di reddito minimo ai giovani inoccupati che non riescono ad avviarsi alla vita lavorativa e non riescono a costruirsi una vita fuori dalla casa dei propri genitori, vogliamo sostenere le famiglie con genitori disoccupati che pagano i costi delle scelte industriali di delocalizzazione, sostenute dalle politiche liberiste degli ultimi 30 anni, vogliamo sostenere i pensionati che vivono con un reddito al di sotto della soglia di povertà. Vogliamo redistribuire i costi sociali ed economici del liberismo a sostegno di chi ne è rimasto vittima.

La Regione deve dirimere la questione delle competenze fino ad oggi in capo alle Province, questione che continua a produrre in questi giorni proteste su proteste dei lavoratori in bilico. Lei ha un’idea su come venirne fuori?

La riforma Delrio sta operando, camuffandolo da “abolizione delle Province”, il più grande licenziamento di massa della storia d’Italia. Stanno salvaguardando le poltrone politiche, oltretutto affrancandole dal “giudizio” elettorale, per sacrificare lavoratrici e lavoratori. Quello che occorre fare è ribaltare questa logica. Ridistribuire competenze e lavoratori, cancellando consigli provinciali e consigli di amministrazione di enti inutili. Cottarelli aveva individuato, se non ricordo male, 7mila enti da chiudere, tra i quali circa la metà avevano più consiglieri che dipendenti. Quegli enti e quelle poltrone sono rimaste tutte in piedi, mentre, per fare solo alcuni esempi, musei, biblioteche, teatri e tanti altri servizi pubblici indispensabili stanno chiudendo. E migliaia di famiglie di lavoratrici e lavoratori si ritrovano in mezzo ad una strada.

Puglia terra di frontiera: come si affronta il continuo flusso di migranti verso le nostre coste?

Il flusso di migranti sulle coste pugliesi, fenomeno conosciuto a partire dagli anni novanta, è caratterizzato da sbarchi continui ma, in realtà, contenuti nel numero di stranieri che di volta in volta raggiungono la nostra regione via mare. La presenza di migranti va affrontata in maniera quanto più inclusiva e orientata ai processi d'integrazione. Resta comunque un fenomeno cui è possibile far fronte, grazie anche ai tanti enti e associazioni che manifestano quotidianamente sul campo il loro impegno concreto per l'accoglienza e l'integrazione. Ciò che occorre fare è tenere ben separati l’impegno dal business e le associazioni serie dalle mafie. Emiliano e Salvini erigono muri tra “noi” e “gli altri”. L’Altra Puglia vuole ricordare a entrambi che i muri non tengono “gli altri” fuori, ma rinchiudono “noi” dentro. E l’essere umano, proprio come qualunque altro animale, non è fatto per vivere rinchiuso in gabbia, fisica o mentale che sia.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Intervista a Riccardo Rossi: "Rimettere al centro le speranze della primavera pugliese"

LeccePrima è in caricamento